sabato 8 ottobre 2011
Parla il vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora: «L’arrivo di Benedetto XVI ci aiuterà a combattere ogni forma di rassegnazione».
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C’è un passaggio della Bibbia che, secondo il vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora, descrive la Calabria alla vigilia dell’arrivo di Benedetto XVI: «Come terra, deserta, arida, senz’acqua, così ti ho cercato» recita il Salmo 63.«E la nostra terra, pur tra mille contraddizioni, è assetata di spiritualità, di trascendenza» spiega il pastore della diocesi che domenica ospiterà il ritorno di un Papa in Calabria 23 anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II in riva allo Stretto per il Congresso eucaristico e 27 anni dopo la visita del Pontefice polacco alla regione. Ma se nel 1984 la città del Catanzarese era stata solo una tappa di passaggio, stavolta sarà al centro di un programma completato solo dalla visita alla Certosa di Serra San Bruno prevista nel pomeriggio con la recita del Vespro insieme ai monaci.A Lamezia Terme, Benedetto XVI arriverà in aereo alle 9,15 e poi, alle 10, celebrerà la Messa e reciterà l’Angelus nella zona ex Sir, un territorio emblema dei sogni industriali ormai sbiaditi in questo lembo di Calabria. Proprio come segno di speranza, alla fine della celebrazione eucaristica il Papa benedirà un’opera in oro, curata dal direttore dell’ufficio liturgico diocesano don Aldo Figliuzzi, che raffigura tre ramoscelli di quercia intrecciati e che resterà ai fedeli di Lamezia come simbolo di questa visita. E l’intera area ex Sir, da lunedì, per volontà del consorzio industriale lametino, porterà il nome di Benedetto XVI: un’iniziativa che il vescovo Cantafora ha salutato come auspicio per «un nuovo percorso di crescita, una nuova fase di sviluppo».Eccellenza, Lamezia è un territorio particolare: al centro della Calabria sembra riassumerne aspirazioni e frustrazioni. Che significato ha ricevere il Papa in questa terra?Come varie località della regione siamo spesso considerati solo come luoghi di passaggio. La Calabria ha invece bisogno di non essere dimenticata e sminuita nel valore. E il Papa viene da noi, viene a visitare questo piccolo lembo di terra, spesso vilipeso, e la sua visita è per noi come la pioggia che disseta e ristora.Alla lettera pastorale scritta per preparare la visita del Papa lei ha dato un titolo emblematico: «Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina». È un’esortazione rivolta alla Calabria?Certamente alla diocesi che mi è stata affidata. È un invito a non abbandonarsi a qualsiasi forma di rassegnazione, aiutati dalla presenza e dalla parola di Pietro. Non a caso nel racconto degli Atti, Pietro prese lo storpio per la mano destra e lo sollevò, dandogli così sicurezza e dignità. Poi gli dice: «Cammina», incoraggiandolo a vivere con autonomia e ad assumersi le proprie responsabilità. Ciò di cui ha bisogno anche la diocesi di Lamezia Terme.Lei scrive che lo storpio del brano degli Atti degli Apostoli «non riesce, non può, non sa alzarsi da solo» e che «Pietro e Giovanni desiderano, invece, offrirgli la salvezza». Intende dire che la Chiesa deve rendersi protagonista della rinascita della Calabria? Più che di protagonismo per la rinascita della Calabria, direi che la Chiesa ha la missione «ordinaria» di amare ogni persona, le famiglie e le società, testimoniando ciò con tanta concretezza. A fianco alle istituzioni civili, la Chiesa è chiamata poi a promuovere e sostenere il bene comune nel Paese, senza sostituirsi a nessuno ma anche senza delegare a nessuno il compito di amare veramente ogni uomo.Qual è l’eredità immediata che le piacerebbe lasciasse la visita di Benedetto XVI?Spero e credo che questa visita sarà storica, non solo per gli annali, ma anche nel cuore di tutti: lascerà un segno forte di speranza e di rinascita. E sicuramente ci infonderà un sentimento di gioia e gratitudine: al Signore che ci ha concesso questo dono, al Papa per la sua visita, a tutti coloro che hanno collaborato in varie forme e modi con tanto entusiasmo.
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