giovedì 26 maggio 2011
«L’Italia, celebrando i 150 anni della sua unità politica, può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa. Essa (...) è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo». L'ha ricordato ieri Benedetto XVI, dopo aver recitato il rosario e compiuto l'atto di affidamento dell'Italia alla Madonna.
- Una luce sul presente di Gennaro Matino
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Cardini: «È la Madonna il nostro simbolo di libertà» Il discorso di Benedetto XVI |  L'indirizzo di saluto del cardinale Bagnasco | Il servizio video di Tg2000
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Con lo sguardo Benedetto XVI abbraccia la navata centrale della Basilica di Santa Maria Maggiore. Davanti a lui ci sono i cardinali e i vescovi italiani, oltre a una nutrita rappresentanza di sacerdoti, religiosi, religiose e laici, quasi a voler rendere anche visibile l’unità della comunità ecclesiale della Penisola. E infatti con le sue parole il Papa abbraccia non solo i presenti, ma l’Italia intera, che «celebrando i 150 anni della sua unità politica – sottolinea–, può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa».A questa Italia il Pontefice indica la strada verso il futuro: unità soprattutto («rinsaldare il vincolo nazionale») e poi costruzione del bene comune, che passa necessariamente attraverso «la difesa e la promozione della famiglia e della vita» e l’impegno per la creazione di un lavoro non precario, che permetta ai giovani di perseguire il proprio disegno di vita familiare. In definitiva Papa Ratzinger rivolge a 360° l’invito a ritrovarsi e a ritrovare le ragioni dell’identità nazionale, al di là delle divisioni degli ultimi tempi. Affidando alla protezione della Madonna il nuovo tratto di strada e di storia che si apre dinanzi al popolo italiano.Risuonano particolarmente pregnanti, da questo punto di vista, le espressioni con cui Benedetto XVI conclude il suo discorso (che Avvenire pubblica integralmente): «Sotto la protezione della Mater unitatis poniamo tutto il popolo italiano, perché il Signore gli conceda i doni inestimabili della pace e della fraternità e, quindi, dello sviluppo solidale. Aiuti le forze politiche a vivere anche l’anniversario dell’Unità come occasione per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione: le diverse e legittime sensibilità, esperienze e prospettive possano ricomporsi in un quadro più ampio per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese. L’esempio di Maria apra la via a una società più giusta, matura e responsabile, capace di riscoprire i valori profondi del cuore umano». Sono parole che fanno confluire sul piano della cronaca il grande clima spirituale che si respira per circa due ore nel più grande tempio mariano del mondo. Quest’anno, infatti, accogliendo l’invito del cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, il tradizionale incontro tra il Papa e i vescovi riuniti in Assemblea non si svolge nell’Aula del Sinodo, ma in Santa Maria Maggiore, dove il Pontefice presiede il Santo Rosario (e in particolare i Misteri della Luce). Una preghiera, che fa il paio con la Messa dello scorso 17 marzo a Santa Maria degli Angeli, con cui si vuole ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese. Benedetto XVI, infatti, fa esplicito riferimento alla ricorrenza. E parla veramente a tutti, nella profonda convinzione che «la fede non è alienazione» e che anzi «sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale». Ricorda ai sostenitori della laicità dello Stato che la Chiesa è «rispettosa» di essa e che «non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche». Ma soprattutto si rivolge a quanti hanno responsabilità politiche. «Promuovere e tutelare la vita umana in tutte le sue fasi e sostenere fattivamente la famiglia», sottolinea. E poi c’è la difficoltà di accedere al lavoro. «Mi unisco – afferma il Papa – a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società». Ai vescovi infine papa Ratzinger consegna una sorta di decalogo in «prospettiva futura». «Non esitate a stimolare i fedeli a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Incoraggiate le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere. Rinnovate le occasioni di incontro, nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno. Aiutate il Nord a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico. Similmente, provocate il Sud a mettere in circolo, a beneficio di tutti, le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano». In definitiva, conclude il Papa, «continuate a coltivare uno spirito di sincera e leale collaborazione con lo Stato». Una collaborazione che è del resto nel dna dei cattolici italiani e che non mancherà di certo nel futuro.
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