venerdì 16 dicembre 2011
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​«Pagate l’Ici o tornate ad Avignone»: la scritta a caratteri cubitali è comparsa sull’esterno dell’edificio della Curia di Padova e sulla parete di una chiesa cittadina. L’ennesima insinuazione calunniosa su un mancato pagamento dell’Ici da parte del mondo ecclesiale. Per fugare dubbi, ma soprattutto per fare chiarezza e mettere a tacere chi volutamente o per ignoranza in questi giorni si è prodigato ad alimentare falsità e ad attribuire alla chiesa poca sensibilità alla situazione del paese, il settimanale diocesano di Padova, "La Difesa del popolo", esce domenica prossima con tre pagine di dati e commenti e un titolo che non ammette fraintendimenti: «Ecco l’Ici che paghiamo». Chiamiamola pure «operazione trasparenza», o meglio ricorso a un linguaggio chiaro e inequivocabile, come suggerisce il direttore Guglielmo Frezza: «Di fronte a tanta acrimonia ed approssimazione – scrive riferendosi a numerose esternazioni poco documentate – viene naturale pensare che sì, la Chiesa ha un problema di linguaggio se tanta parte dell’opinione pubblica e del mondo politico non riconosce più il contributo che le nostre comunità offrono (…) e dimentica che l’esenzione si applica anche alle altre confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato, alle fondazioni, alle onlus, alle pro loco, alle società sportive dilettantistiche, ai sindacati, ai partiti, alle aziende sanitarie e via elencando. Tutti evasori? Ripartiamo dal linguaggio, allora. Anzi, meglio ancora, ripartiamo dai numeri che pubblichiamo». Ecco dunque l’Ici che la Chiesa padovana paga: sulle case per ferie, sulle librerie, sugli appartamenti, sui terreni e sui fabbricati commerciali, così come previsto dalla legge del 1992 e dalle disposizioni dei regolamenti dei singoli comuni, in alcuni casi ancor più restrittivi sull’esenzione. E la Chiesa di Padova non ha paura di dichiarare, attraverso la voce dell’economo don Rino Pittarello, che «l’Ici è una voce di spesa importante, a maggior ragione se si tiene conto della finalità a cui questi beni sono destinati, che non è certo quella di offrire utili. Ma è una tassa consolidata, che abbiamo sempre pagato proprio perché lo consideriamo un dovere nei confronti dello Stato. E se qualcosa, nelle migliaia di cambi di proprietà che si sono succeduti negli anni, fosse sfuggito al nostro controllo, i comuni sanno che siamo sempre pronti a intervenire. Anzi, direi di più: ben venga ogni segnalazione. Purché seria e documentata».Ma veniamo ai numeri: a far due conti, considerando le imposte pagate dai quattro enti diocesani più significativi in termini di proprietà immobiliari (Diocesi, Seminario, Movimento apostolico diocesano e Istituto diocesano sostentamento del clero) e da circa tre quarti delle parrocchie (360 su 459 si servono del medesimo studio commercialista), la diocesi di Padova per il 2011 ha pagato 660.246 euro di Ici.
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