mercoledì 31 luglio 2019
In una lettera a capi dicastero e assistenti spirituali, il cardinale Comastri vicario per la Città del Vaticano annuncia un nuovo sistema pubblico per la presentazione di rapporti su crimini
Panoramica dall’alto della Basilica Vaticana e di piazza San Pietro (Ansa)

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Il rimando immediato è al marzo scorso, al motu proprio di papa Francesco e alla nuova legge con cui lo Stato della Città del Vaticano si è dotato di specifiche misure anti abusi sessuali. Una normativa, riguardante anche la Curia Romana, nunzi apostolici compresi, entrata in vigore lo scorso 1° giugno e che prevede, tra l’altro, l’obbligo di denuncia penale per i pubblici ufficiali, l’allungamento dei tempi di prescrizione e l’equiparazione tra minori e adulti vulnerabili.

Misure che ora, per diventare ancora più efficaci, potranno avvalersi di appositi canali, di agevole utilizzo, con cui segnalare i casi. Va in questo senso la lettera inviata dal cardinale vicario Angelo Comastri ai capi dicasteri e agli assistenti spirituali vaticani, resa nota dall’Osservatore Romano. Nella missiva – scrive il quotidiano della Santa Sede – il porporato annuncia che entro l’anno il Vicariato della Città del Vaticano «stabilirà un sistema pubblico, permanente e facilmente accessibile, per la presentazione di rapporti relativi a crimini e negligenze in materia di abusi su minori e persone vulnerabili ». Un sistema destinato poi a essere integrato «con le misure adottate da altri organismi competenti, in particolare quelli individuati nelle Linee guida per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili per il Vicariato della Città del Vaticano del 26 marzo».

Il riferimento oltre alla già citata Legge e al motu proprio“ Sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili”, riguarda però anche l’altromotu proprio:Vos estis lux mundi”, datato 7 maggio e a sua volta entrato in vigore il 1° giugno. Un documento in cui si stabilisce che oltre a chi ne ha l’obbligo giuridico, tutti possono presentare segnalazione per condotte che potrebbero configurarsi come criminali.

E a rendere più concreta l’indicazione, il mese scorso monsignor Robert Oliver, segretario della Pontificia commissione per la tutela dei minori ha iniziato la sua attività di Referente per la Tutela nella persona, vale a l’ufficio, la persone cui sarà tenuto a rivolgersi chi avesse informazioni o sospetti che un minore o una persona vulnerabile sia a rischio o abbia subito violenze nell’ambito delle attività pastorali del Vicariato. Segnalazioni che dovranno riguardare, come già detto, anche eventuali negligenze o insabbiamenti. L’obiettivo infatti è garantire che nessun episodio, di abuso innanzitutto, ma anche di copertura, resti impunito.

Non a caso tra le novità introdotte dal Papa lo scorso marzo viene stabilito che d’ora in poi tutti i reati legati a violenze sui minori siano «perseguibili d’ufficio». Inoltre «fatto salvo il sigillo sacramentale », chiunque lavori in Curia, i nunzi e i diplomatici, i dirigenti di vario livello, «sono obbligati a presentare, senza ritardo, denuncia al promotore di giustizia presso il tribunale dello Stato della Città del Vaticano ogniqualvolta, nell’esercizio delle loro funzioni, abbiano notizia o fondati motivi per ritenere che un minore o una persona vulnerabile sia vittima di uno dei reati» previsti dalla nuova legge riguardante abusi sessuali su minori e pedopornografia. Non basta: Le normative e le linee guida collegate puntano anche sulla prevenzione, a cominciare dalla formazione e dalla selezione di chi lavora con bambini, ragazzi e adulti fragili.

Ecco allora che gli operatori pastorali devono «essere sempre visibili da altri quando sono in presenza di minori; segnalare al responsabile qualsiasi comportamento potenzialmente pericoloso; rispettare la sfera di riservatezza del minore; informare i genitori o i tutori delle attività che vengono proposte e delle relative modalità organizzative; usare la dovuta prudenza nel comunicare con i minori, anche per via telefonica e sui social network». Ed è inoltre loro severamente vietato «infliggere castighi corporali di qualunque tipo; instaurare un rapporto preferenziale con un singolo minore; lasciare un minore in una situazione potenzialmente pericolosa per la sua sicurezza psichica o fisica; rivolgersi ad un minore in modo offensivo o assumere comportamenti inappropriati o sessualmente allusivi». Perché non ci possono essere dubbi o titubanze. Al primo posto, sempre e comunque, c’è la protezione dei bambini e delle persone più fragili. C’è la loro sicurezza.

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