domenica 17 febbraio 2019
Nell’Isola di San Giulio da 45 anni la «profezia» dell’abbazia “Mater Ecclesiae”. Col vescovo Brambilla la Messa di benedizione della nuova badessa Girolimetto
Il monastero benedettino sull'Isola di San Giorgio

Il monastero benedettino sull'Isola di San Giorgio

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Il sole splende dentro e fuori dall’abbazia “Mater Ecclesiae” di Orta San Giulio, una trentina di chilometri dal capoluogo novarese, dove si vive una domenica speciale al monastero benedettino: qui il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, ha presieduto la Messa solenne di benedizione abbaziale di madre Maria Grazia Girolimetto, nuova badessa. La religiosa, 55 anni, originaria di Figino Serenza (in provincia di Como), in monastero da circa trent’anni, è stata eletta nel capitolo dello scorso novembre e succede a madre Anna Maria Cànopi che aveva fondato 45 anni fa la comunità. Nelle sue parole, rivolte alla comunità claustrale e ai tanti fedeli presenti – consacrati e laici – legati al monastero, il vescovo ha tratteggiato un disegno della storia dell’isola, dell’attività del monastero, e della forza eloquente di testimonianza evangelica che esso è diventato.

Trasformando quella piccola isoletta nel lago d’Orta. «Se raccogliamo e raccontiamo quanto è avvenuto in questo luogo – ha detto – possiamo ben dire che, in 45 anni, esso è diventato l’isola del tesoro ». Non solo: «L’Isola di San Giulio – ha sottolineato Brambilla – può essere immaginata come una piccola Nazareth, dove si alterna armonicamente l’ora et labora, che sostiene il respiro dei due polmoni della spiritualità benedettina: l’opus Dei e il labor hominis. Il messaggio sconvolgente sul Regno di Dio, nei tre o quattro anni del ministero di Gesù, sarebbe impensabile senza i trent’anni di immersione silente della Parola nel tessuto e nella terra di Nazareth. Credo che in un monastero debba accadere, anzi avvenga, questa cosa. Ciò infatti è realmente accaduto nella storia del monachesimo occidentale. Ecco questa è la piccola Nazareth che si è realizzata sul lago in 45 anni. Noi la osserviamo ora, stringendo l’obiettivo della nostra telecamera sull’Isola di San Giulio e ammiriamo che è accaduto proprio così. Questa generatività si è moltiplicata persino nel numero delle sorelle, con i loro volti giovanili e sorridenti. È quasi un esempio emblematico del monachesimo benedettino nella storia occidentale e non solo».

Brambilla ha poi voluto evidenziare un terzo aspetto, attraverso l’immagine della brocca abbandonata. «Il cristianesimo introduce il fatto che Dio, nel volto di Gesù, si accosta al pozzo, dove noi scopriamo la nostra sete di Lui, e si mette a discorrere con una donna, tra lo stupore dei discepoli di ritorno dalla città. E, nel versetto seguente, si aggiunge che la Samaritana “abbandona la brocca”, l’anfora con cui era venuta al pozzo. La brocca è l’immagine della funzione e del ruolo femminile. La Samaritana, quando incontra Cristo, abbandona la brocca, perché d’ora innanzi diventa testimone del Vangelo. Tale testimonianza risuonerà, alla fine del capitolo, nell’attestazione cristologica più alta, quando Gesù viene proclamato da tutti salvatore del mondo. Questo accade qui all’Isola nell’incontro delle persone che frequentano il monastero. La benedizione abbaziale è celebrata nel nome della Santissima Trinità. Nel suo nome qui sull’Isola di San Giulio sono state certamente coltivate in 45 anni trascorsi le tre dimensioni con cui Dio “dice-bene” dell’uomo e della donna che si aprono alla sua venuta nel mondo. Queste tre dimensioni dovranno essere custodite dalla nuova Madre nel tessuto della vita della comunità, perché questa Chiesa monastica diventi icona della Trinità e il monastero Mater Ecclesiae sia sempre la perla del lago».

A ratificare, con la tradizionale e suggestiva cerimonia della benedizione abbaziale, il nuovo ruolo di abbadessa c’erano insieme al vescovo di Novara i vescovi di Piacenza- Bobbio, Gianni Ambrosio, e l’abate del monastero di Casamari, in provincia di Frosinone, don Roberto Dotta.

Il monastero Mater Ecclesia: dai volumi antichi ai tessuti: così il Vangelo si fa cultura

Il monastero “Mater Ecclesiae” si è insidiato nel 1973 sull’Isola di San Giulio: una comunità di monache benedettine provenienti dall’abbazia di Viboldone, nel Milanese, grazie al desiderio di madre Anna Maria Cànopi, fondatrice dell’abbazia “Mater Ecclesiae”, della quale è poi diventata badessa. Nella consapevolezza della loro missione le monache applicano, nella loro vita claustrale, la Regola di san Benedetto ispirata alla preghiera, al lavoro, all’obbedienza, alla povertà, all’umiltà.

La giornata è scandita dalla preghiera liturgica del monastero, che si articola secondo un orario che va dal mattutino alle 4.50 fino a Compieta alle 20.45, nonché dalle attività pratiche (studio, lavoro manuale, arte) secondo il celebre motto ora et labora. La collocazione del monastero sull’isola e il conseguente accesso attraverso l’acqua costituiscono già di per sé un fatto singolare che accresce la sensazione di lasciare in lontananza le cose terrene per addentrarsi in un mondo fatto di pace e operosità.

Dal primo giorno praticamente sull’isola del lago d’Orta hanno vissuto 150 monache e dalle sei dell’inizio oggi si è passati a 73, di cui 61 monache di voti solenni, quattro professe di voti semplici, due novizie e cinque postulanti.La presenza monastica, in sintonia con la Regola benedettina, non è solo preghiera e contemplazione, ma riserva ampio spazio alla cultura e al lavoro (di carattere prevalentemente artigianale) con lo scopo di fornire alla comunità i normali mezzi di sostentamento. Nel monastero infatti vengono svolte ricerche e studi su testi antichi, traduzioni, elaborati scritti e pubblicazioni a sussidio della Lectio divina e inoltre vi si svolge un’importante attività che trae origine da un attrezzato laboratorio di restauro di tessuti antichi (arredi, vesti sacre, arazzi, ecc.) che si contraddistingue, non solo per la professionalità del restauro, ma anche per gli studi e le ricerche in tale campo.

Inoltre vengono confezionati paramenti sacri, vengono prodotti tessuti con antichi telai a mano, viene praticata la pittura per la produzione di icone originali e la confezione di ostie-pane.Va segnalato che nel monastero viene dato spazio all’ospitalità in applicazione della Regola di san Benedetto. Potersi ritirare, anche per breve tempo, in questo luogo appartato e vivere un’esperienza di preghiera lontani dalla frenesia e dai problemi della quotidianità può già essere motivo di ristoro dello spirito e un’esperienza unica. Per questo vi è una piccola foresteria, situata in un’apposita casa dell’isola, dove possono essere accolti religiosi, laici, coppie, giovani, piccoli gruppi: in totale non più di venti persone, nella premessa che siano disposti a seguire la vita liturgica interna con momenti di meditazione e di incontro.

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