sabato 7 gennaio 2023
Prosegue la semplificazione della mappa della Chiesa italiana con l'unione di diocesi vicine "nella persona del vescovo". E' il sedicesimo caso in Italia, con 32 diocesi coinvolte (su 226)
Monsignor Salvucci

Monsignor Salvucci - .

COMMENTA E CONDIVIDI

L’arcidiocesi marchigiana di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado viene unita “in persona episcopi” a quella confinante di Pesaro, guidata dall’arcivescovo Sandro Salvucci. L’ha deciso papa Francesco accogliendo la rinuncia al governo pastorale presentata dall’arcivescovo urbinate Giovanni Tani, che aveva compiuto 75 anni - il limite canonico per la guida di una diocesi - nell’aprile dello scorso anno. L’unione dell’arcidiocesi di Urbino, suffraganea di quella metropolitana di Pesaro, avviene dunque con la formula “nella persona del vescovo” già usata per alcune diocesi italiane, con la progressiva semplificazione della mappa della Chiesa itaiana così coem chiesto dal Papa alla Conferenza episcopale italiana. Come ricorda la Sala stampa vaticana, che ha dato la notizia in contemporanea con le due arcidiocesi marchigiane, «Salvucci è nato il 3 aprile 1965 a Macerata. Fin dalla giovinezza appartiene al movimento dei Focolari. Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso il Seminario Arcivescovile di Fermo e successivamente la Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Università Gregoriana, come alunno dell’Almo Collegio Capranica» ed «è stato ordinato sacerdote il 25 settembre 1993 per l’Arcidiocesi di Fermo» per diventare poi vicario parrocchiale a Porto Sant’Elpidio, docente di Teologia Morale presso l’Istituto Teologico Marchigiano e l’Issr di Fermo, direttore del Centro diocesano vocazioni e del Comitato diocesano per il Diaconato permanente, animatore spirituale del Centro diocesano di spiritualità Villa Nazareth Fermo e rettore del Seminario Arcivescovile di Fermo. È stato anche parroco dell’Unità Pastorale di Montegranaro e responsabile del Movimento diocesano dell’Opera di Maria (Movimento dei Focolari). Nominato arcivescovo metropolita di Pesaro il 12 marzo 2022 e consacrato vescovo il 1° maggio dello stesso anno, è delegato per la Pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Marchigiana.

«La vera forza di una Chiesa locale sta nelle persone che la vivono e la animano»: sono le prime parole di monsignor Salvucci nel messaggio pubblicato dal sito della Chiesa di Pesaro. E spiega che «dopo appena otto mesi di servizio pastorale nell’Arcidiocesi di Pesaro il Santo Padre mi chiede la disponibilità ad “allargare” la famiglia. Ho accettato con tanto timore, senza nessuna presunzione, ma solo nell’ottica del servizio. Inevitabilmente un vescovo condiviso tra due diocesi lascia prevedere un impoverimento della presenza del pastore, nei tanti momenti di vita delle comunità, a scapito di tutti. Personalmente impegnerò tutte le mie energie per essere vicino alle comunità, a partire da quelle più sparse e periferiche». «Comprendo – aggiunge – molto bene i timori di chi, avendo a cuore le sorti future dei centri e delle comunità dell’entroterra, vede in questa scelta il rischio di un abbandono anche da parte delle autorità ecclesiastiche, accanto alla possibile perdita di altri presidi di carattere civile nel territorio. È inevitabile che tutto questo sia considerato come un ingiusto e ingiustificato depauperamento di una terra ricca di storia, di tradizioni, di realtà ecclesiali e sociali vive e dinamiche, nonostante il fenomeno dello spopolamento. Si tratta di un passaggio, senza precedenti per Urbino (e per Pesaro), doloroso e certamente non facile da accettare, ma cercheremo insieme – vescovo, presbiteri, diaconi, consacrate e consacrati, fedeli laici – di leggere i “segni dei tempi” per aprirci alle novità che lo Spirito sta preparando per il futuro delle nostre Chiese e coglierne le opportunità positive». Un pensiero anche alla prestigiosa istituzione ospitata da Urbino che, ricorda Salvucci, «vanta la presenza di una antica Università che ne fa un centro culturale e di formazione di prim’ordine. Desidero confermare tutta la mia premura e attenzione verso questo prestigioso Ateneo e verso tutto il suo corpo docente, con particolare riguardo alle migliaia di giovani studenti che lo frequentano».

Con le due arcidiocesi marchigiane, salgono a 32 le diocesi italiane unite "in persona episcopi", su un totale di 226. Le prime, nel 1999, erano state Cuneo e Fossano, poi una lunga pausa e poi, dal 2019, una rapida crescita seguendo le indicazioni di papa Francesco: Tivoli e Palestrina, nel 2020 Lanusei e Nuoro, Camerino-San Severino Marche e Fabriano-Matelica, Modena-Nonantola e Carpi, nel 2021 Teano-Calvi e Alife-Caiazzo, Pozzuoli e Ischia, Grosseto e Pitigliano-Sovana-Orbetello, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, Oristano e Ales-Terralba, nel 2022 Civitavecchia-Tarquinia e la diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina, Torino e Susa, Città di Castello e Gubbio, Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino e Montepulciano-Chiusi-Pienza, Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri, e ora, prima del 2023, Pesaro e Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado.

Papa Francesco ha indicato la strada della «riduzione e accorpamento delle diocesi», ad esempio nel discorso all’assemblea generale della Cei il 21 maggio 2018: «Non è facile, perché, soprattutto in questo tempo… L’anno scorso stavamo per accorparne una, ma sono venuti quelli di là e dicevano: “E’ piccolina la diocesi... Padre, perché fa questo? L’università è andata via; hanno chiuso una scuola; adesso non c’è il sindaco, c’è un delegato; e adesso anche voi…”. E uno sente questo dolore e dice: ”Che rimanga il vescovo, perché soffrono”. Ma credo che ci sono delle diocesi che si possono accorpare. Questa questione l’ho già sollevata il 23 maggio del 2013, ossia la riduzione delle diocesi italiane. Si tratta certamente di un’esigenza pastorale, studiata ed esaminata più volte – voi lo sapete – già prima del Concordato del ’29. Infatti Paolo VI nel ’64, parlando il 14 aprile all’Assemblea dei vescovi, parlò di “eccessivo numero delle diocesi”; e successivamente, il 23 giugno del ’66, tornò ancora sull’argomento incontrando l’Assemblea della CEI dicendo: «Sarà quindi necessario ritoccare i confini di alcune diocesi, ma più che altro si dovrà procedere alla fusione di non poche diocesi, in modo che la circoscrizione risultante abbia un’estensione territoriale, una consistenza demografica, una dotazione di clero e di opere idonee a sostenere un’organizzazione diocesana veramente funzionale e a sviluppare un’attività pastorale efficace ed unitaria”. Fin qui Paolo VI. Anche la Congregazione per i Vescovi nel 2016 - ma io ne ho parlato nel ’13 – ha chiesto alle Conferenze episcopali regionali di inviare il loro parere circa un progetto di riordino delle diocesi alla Segreteria generale della Cei. Quindi stiamo parlando di un argomento datato e attuale, trascinato per troppo tempo, e credo sia giunta l’ora di concluderlo al più presto. È facile farlo, è facile... Forse ci sono un caso o due che non si possono fare adesso per quello che ho detto prima – perché è una terra abbandonata –, ma si può fare qualcosa».



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: