martedì 28 febbraio 2012
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​Adesso attendiamo che mettano il tutto nero su bianco». Padre Francesco Ciccimarra, presidente dell’Agidae, l’associazione che riunisce i gestori delle scuole cattoliche paritarie, è soddisfatto delle parole pronunciate dal presidente del Consiglio Mario Monti in commissione al Senato, ma prima di poter dire che questo pericolo è scampato vuole leggere il testo dell’interpretazione. Non si tratta di sfiducia, ma della consapevolezza che sulla scuola paritaria spesso nella stesura dei documenti insorgono intoppi dell’ultimo minuto. Ma se, come detto dal premier a Palazzo Madama, le scuole paritarie no profit saranno esenti dal pagamento dell’Imu, padre Ciccimarra è tranquillo. «Ho letto questa mattina (ieri per chi legge, ndr) i criteri anticipati da alcuni quotidiani – commenta il presidente nazionale dell’Agidae – e vi ho ritrovato tutte le condizioni che i nostri istituti rispettano per ottenere il riconoscimento della qualifica di paritaria». Anche sul fronte dei contratti collettivi di lavoro per i dipendenti (docenti e non docenti) di questi istituti. «Abbiamo contratti nazionali, siglati da tutte le organizzazioni sindacali di categoria e le nostre scuole seguono questi contratti» ricorda padre Ciccimarra, che nelle contrattazione è uno dei principali protagonisti come rappresentante dei gestori.Un sospiro di sollievo lo tirano anche i rappresentanti delle due federazioni che riuniscono la quasi totalità delle scuole cattoliche paritarie: Fism e Fidae. Anche per loro nulla di nuovo sotto il sole. «Quei criteri sono da dodici anni la nostra guida per appartenere al sistema scolastico pubblico integrato nato con la legge 62 del 2000, nota con il nome di "legge della parità scolastica"» commenta don Francesco Macrì, presidente nazionale della Federazione istituti di attività educative (Fidae), che riunisce le primarie, medie e secondarie cattoliche, anche se avverte: «Le nostre scuole hanno un profilo di non profit e un altro che le definisce attività commerciali, perché gli iscritti pagano una certa quota e così si rientra nella tipologia di attività commerciale. Occorre che siano chiariti alcuni aspetti tecnico-giuridici con estrema esattezza».Comunque la qualifica di scuole no profit, aggiunge Luigi Morgano, segretario nazionale della Federazione italiana scuole materne (Fism), «è da tempo riconosciuta ai nostri istituti. Ed è così vero che il ministero dell’Istruzione con il decreto ministeriale numero 25 del 25 marzo 2011 sui criteri per l’assegnazione dei fondi statali, fissa i parametri per riconoscere le scuole paritarie senza fini di lucro, indicando non solo quelle legate al mondo cattolico, i cui gestori sono enti ecclesiastici o società possedute da essi, ma anche di altri soggetti come fondazioni, enti pubblici, cooperative sociali». Insomma un mondo più vasto e che non si ferma ai soli confini dell’universo cattolico. Capitolo spinoso rimane quello sull’accoglienza degli alunni con disabilità. Non per la possibilità di essere accolti (sono diverse migliaia i disabili iscritti), bensì per quella di ottenere, come i loro compagni delle scuole statali, un docente di sostegno. «Il ministero stanzia attorno ai 10 milioni di euro, cifra esigua rispetto alle reali necessità» sottolinea Morgano della Fism, e poi questi fondi in alcune direzioni scolastiche regionali «si congelano e non arrivano alle scuole. Anzi, la prima risposta che ci si sente dare è che il costo del docente di sostegno deve essere a carico della scuola» dice sconsolato don Macrì della Fidae. Eppure uno dei requisiti per ottenere la parità è accogliere le eventuali iscrizioni di alunni disabili. «Le porte sono aperte – dicono all’unisono Fism e Fidae –, ma non possiamo nascondere il fatto che il capitolo sui docenti di sostegno rimane un enorme problema», su cui fare finalmente chiarezza.
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