domenica 1 maggio 2011
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Per molti anni è stata una devozione pressochè ignorata dalle autorità ecclesiastiche o vista addirittura con sospetto. Fu Giovanni Paolo II a riconoscerla ufficialmente, rilanciando la spiritualità di un’umile religiosa polacca, suor Faustina Kowalska, l’apostola della Divina Misericordia. Morta nel 1938, a soli 33 anni d’età, ebbe visioni e rivelazioni che annotò in un diario ormai divenuto un best-seller mondiale. «Figlia mia, dì al genere umano sofferente che si stringa alla Misericordia del mio cuore ed Io lo colmerò di pace», era il suo messaggio, con l’indicazione di una pratica devozionale subito molto diffusa: la recita della Coroncina della Divina Misericordia e della Novena che inizia il Venerdì Santo e si chiude la domenica dopo Pasqua.A Cracovia, durante l’occupazione nazista, un giovane operaio dello stabilimento Solvay, tornando dal lavoro, era solito sostare in preghiera sul luogo dov’erano custodite le spoglie di suor Faustina, vicino al convento di Lagiewniki. «Chi avrebbe immaginato che quel ragazzo con gli zoccoli un giorno avrebbe consacrato la Basilica della Divina Misericordia?». In questa frase autobiografica, pronunciata da Giovanni Paolo II il 17 agosto 2002 nel corso del suo ultimo viaggio in Polonia, è racchiusa la straordinaria vicenda di un messaggio che è stato al centro del pontificato wojtyliano. Lo mise in evidenza fin dall’inizio, con la sua seconda enciclica «Dives in Misericordia» del 1980.Già quand’era vescovo a Cracovia diede avvio al processo informativo sulla vita di suor Faustina Kowalska. Divenuto Papa fu l’artefice della sua beatificazione nel 1993 e quindi della sua canonizzazione nel 2000. Da allora il santuario di Lagiewniki, alla periferia di Cracovia, si trasforma in una seconda Lourdes con oltre un milione di fedeli che ogni anno si recano a pregare, chiedendo e ottenendo guarigioni fisiche e spirituali, per l’interecessione dell’apostola della Divina Misericordia.Attorno al vecchio convento in mattoni rossi c’è una processione ininterrotta di pellegrini che arriva fin dentro la piccola chiesa con l’immagine di Cristo risorto dal cui costato sgorgano due flussi di raggi, bianco e rosso. È il Gesù misericordioso, dipinto secondo una visione avuta da suor Faustina.Sotto il quadro, in un piccolo scrigno, sono conservate le sue spoglie. «Jesu, ufiam tobie» («Gesù, confido in Te») recita la scritta. Abbandono, fiducia, misericordia. Parole ripetuta dall’ormai anziano e sofferente Pontefice quando nel 2002 consacrò la nuova Basilica di Lagiewniki, un’imponente costruzione circolare con una torre che domina l’intera città.«Sono tornato qui per riscoprire il volto del Padre. Con gli occhi dell’anima desideriamo fissare gli occhi di Gesù misericordioso per trovare la luce della grazia che Dio ci riserva per tutti i giorni e per l’ultimo giorno», disse con accenti profetici. Tutta la vita terrena di Karol Wojtyla si è svolta nell’affidamento alla Divina Misericordia e si è conclusa alla vigilia della festa di questo mistero che lui stesso aveva istituito nel 2000, facendola coincidere con la Domenica in Albis dopo Pasqua.Ed è con delicato e commovente simbolismo che Benedetto XVI ha deciso di proclamare beato il suo predecessore nel giorno in cui si celebra la festività della Divina Misericordia. È «il giorno in cui si aprono tutte le porte della grazia celeste», come dice il messaggio affidato ad una povera sguattera scelta dal Signore per richiamare l’umanità al mistero salvifico del suo amore.
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