sabato 9 novembre 2019
Parla il vicepostulatore Hilgeman: nella vita privata come appariva in pubblico. A Frascati si chiude la fase diocesana della causa di beatificazione della fondatrice del Movimento dei Focolari
Waldery Hilgeman 38 anni, olandese, vicepostulatore della causa di beatificazione della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich

Waldery Hilgeman 38 anni, olandese, vicepostulatore della causa di beatificazione della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich

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È un primo passo. Però importante. Decisivo. Di quelli che in montagna segnano il ritmo, così che, dopo, salire sembra più facile. Oggi, 10 novembre, alle 16.30 nella Cattedrale di San Pietro, a Frascati, il vescovo monsignor Raffaello Martinelli concluderà la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione di Chiara Lubich.

Significa che dopo quasi cinque anni di raccolta di documenti e testimonianze, l’iter “processuale” proseguirà in Vaticano. Sarà la Congregazione delle cause dei santi a indagare sull’eroismo delle virtù della fondatrice del Movimento dei Focolari. E, nel caso venga accertato un miracolo per sua intercessione, a chiedere al Papa di proclamarla beata. Com’è evidente si tratta di tappe da coniugare al condizionale. A partire però da alcune certezze: circa la fedeltà al Vangelo in Chiara Lubich non c’era differenza tra l’immagine pubblica e la vita privata. E poi, tutta la sua esistenza è stata proiettata verso l’esterno, nel segno del dialogo, dell’incontro. Ha vissuto la stessa chiamata alla santità come un dono di Dio da condividere con gli altri, da far maturare anche in loro.
«Ho conosciuto Chiara Lubich da ragazzo – spiega Waldery Hilgeman 38 anni, olandese, vicepostulatore della causa di beatificazione della fondatrice del Movimento dei Focolari –, avrò avuto dieci anni, quindi con la maturità di quell’età, nel pieno dell’entusiasmo della vita. Fui attratto da un gruppo di ragazzi che avevano aderito e cercavano di vivere il carisma dell’unità. Il primo contatto da vicino risale invece a molti anni dopo. Nel dicembre 1998 ero a Loppiano per partecipare a una scuola internazionale di giovani e lei venne a conoscerci, a salutarci, a parlarci della sua esperienza. Fu un incontro affascinante, con una persona che veramente ti catturava e ti proiettava in Dio».

Approfondendo la sua vita attraverso i documenti e le testimonianze quale Chiara ha conosciuto?
Io ho avuto il privilegio di crescere nel carisma dell’unità e quindi a mano a mano che passavano gli anni vedevo Chiara in modo diverso, non perché lei fosse differente bensì perché cambiava la mia maturità. In questo senso posso dire che avendo avuto il dono di collaborare al suo processo di beatificazione, leggendo le carte raccolte dagli organismi competenti, ho capito meglio che quello che si vedeva all’esterno lei lo viveva fino in fondo anche nel privato. Nelle scelte importanti come nei gesti semplici dell’esistenza quotidiana, dalla passeggiata ai momenti di incontro, era sempre alla presenza di Cristo.

UNA SANTA MODERNA

Il Vangelo vissuto nell’esistenza di tutti i giorni insomma.
Proprio così, la sua era una santità nel quotidiano. All’Angelus del 1° novembre il Papa ci ha ricordato che i santi sono persone che Dio ha chiamato a vivere accanto a Gesù ma “con i piedi per terra”, che sperimentano la fatica quotidiana, i successi ma anche i dolori e i fallimenti. In questo senso Chiara si inserisce perfettamente in quella che potremmo definire la santità “moderna”, proposta dalla Chiesa, santità che è sì una vocazione ma anche un dono di Dio. Una chiamata che esige una risposta e Chiara l’ha fatto in modo radicale. E innovativo. Si è infatti impegnata per una santità che non riguardasse soltanto se stessa ma che coinvolgesse il maggior numero possibile di persone. La cosiddetta santità collettiva, che lei fino all’ultimo ha cercato di realizzare attraverso il carisma dell’ut omnes (Gv 17,21), il carisma dell’unità. Significa che io insieme a un’altra persona possiamo rendere “visibile” la presenza mistica di Gesù in mezzo a noi, che la santità si realizza camminando mano nella mano verso Dio.

Un altro aspetto innovativo della sua testimonianza è la promozione della donna.
Certo, la sua testimonianza si inserisce nella prospettiva, poi lanciata dal Vaticano II, che affida alla donna un ruolo centrale nella società e nella Chiesa. La Chiesa ha riconosciuto il movimento come: “Opera di Maria”. Inoltre i Focolari hanno come specificità che la presidente sia una donna. Dopo Chiara Lubich è venuta Maria Voce. In linea con il carisma, accanto alla presidente vi è un co-presidente, focolarino sacerdote.

Immagino che la raccolta della documentazione, vista la popolarità di Chiara, abbia comportato un impegno immenso.
Una sfida notevole, certamente. Sono state raccolte più di 35mila pagine di documenti. Un lavoro impegnativo, serio, che ha richiesto un grande discernimento, ma in questo la Chiesa è maestra.

C’è tra le tante voci ascoltate, tra i documenti letti e visti un filo rosso che ci permette di capire meglio Chiara Lubich?
A emergere di più è la costanza di vita di una donna che dal momento in cui ha sentito e capito il dono che Dio le faceva, ha cercato di condividerlo, di donarlo. Ripeto, il carisma dell’unità ti porta a metterti in rapporto, in dialogo con gli altri. E Chiara ha sempre trattato con ogni persona, a prescindere da provenienza, cultura, credo religioso.

COSA SUCCEDE ORA

Adesso il processo si trasferisce alla Congregazione delle cause dei santi.
Inizia una seconda fase, quella romana, si chiama proprio così, in cui si entrerà di più nel merito della sua vita. Un tempo di studio e di valutazione di quanto raccolto finora.

La chiusura di questa prima fase è stata accolta con grande soddisfazione dal Movimento dei Focolari.
Sì, una gioia immensa, però vissuta anche nella dimensione della sobrietà. Perché il Movimento dei Focolari ha sostenuto questi quattro, quasi cinque anni di lavoro, nel raccoglimento e nella preghiera, che oggi diventeranno festa nel vedere che per la nostra fondatrice si chiude la primissima fase di un iter.

Come postulatore lei segue anche la causa del cardinale Van Thuan, l’arcivescovo vietnamita eroico nel testimoniare il Vangelo in carcere. La sua è una biografia in apparenza molto diversa da quella di Chiara Lubich. Ma c’è qualche elemento comune tra i due?
Innanzitutto la loro amicizia. Van Thuan ha avuto con Chiara un rapporto di grande intimità spirituale. Ed è normale che fosse così, perché i santi tra di loro parlano lo stesso linguaggio, che è il linguaggio dell’amore, il linguaggio di Gesù. In questo Van Thuan era veramente molto vicino a lei.

Siamo partiti dal primo contatto con Chiara Lubich. Oggi, dopo cinque anni di lavoro sulla sua figura, qual è l’elemento che la affascina di più?
Direi che in me si è rafforzato un sentimento di affetto profondo verso la sua figura. Soprattutto sento dentro, nell'anima, il forte invito a essere fedele al carisma che Dio ha donato a Chiara e che lei ha dato all'umanità, attraverso l’Opera di Maria, il Movimento dei Focolari. Una chiamata alla fedeltà, a vivere alla presenza di Dio e per la fraternità universale.

IL CARISMA DELL'UNITÀ

Ma in che cosa Chiara Lubich è stata “più straordinaria”?
Direi nella radicalità di vita, nella fedeltà quotidiana, nell’essersi fatta carico dei dolori dell’umanità attraverso la spiritualità del Gesù abbandonato sulla croce, nel concorrere a realizzare la preghiera di Gesù “Che tutti siano uno” per portarGli, come era suo desiderio, “il mondo tra le braccia”.

CHI È CHIARA LUBICH

Chiara Lubich nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli. Giovanissima, il tragico impazzare della guerra le fa capire che solo Dio resta. Decide così di consacrargli la vita, iniziando tra i poveri della sua città quella che definisce «una divina avventura». Il 7 dicembre 1943 segna convenzionalmente gli inizi del Movimento dei focolari il cui scopo è cooperare alla costruzione di un mondo più unito a partire dalla preghiera di Gesù: «perché tutti siano una sola cosa». Approvato nel 1962 con il nome di Opera di Maria, oggi è presente in 182 Paesi. Chiara Lubich muore a Rocca di Papa il 14 marzo 2008. Il 27 gennaio 2015 il via alla causa di beatificazione di cui oggi, 10 novembre, si chiude la fase diocesana. Alle 16.30 nella cattedrale di San Pietro a Frascati la cerimonia presieduta dal vescovo monsignor Raffaello Martinelli.

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