venerdì 13 maggio 2011
«L'accesso alle cure per tutti è il modo principale per sconfiggere la malattia». Lo ha detto a Roma il card. Bagnasco, intervenendo alla VII conferenza internazionale della Comunità di Sant’Egidio su "Accesso universale al trattamento: il passo decisivo per vincere l’Aids".
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"L’accesso alle cure per tutti è il modo principale per sconfiggere la malattia”. Lo ha detto questa mattina a Roma il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, intervenendo alla VII conferenza internazionale della Comunità di Sant’Egidio su “Accesso universale al trattamento: il passo decisivo per vincere l’Aids”, nell’ambito di Dream (Drug Resource Enhancement against Aids and Malnutrition), programma per curare l’Aids in Africa avviato da Sant’Egidio nel 2002. Il dramma dell’Aids, ha ricordato, “affligge ben 23 milioni di persone in Africa” e costituisce “un problema enorme, medico e umano, che vede la Chiesa partecipe, attenta e attiva”. Alla Comunità di Sant’Egidio il card. Bagnasco ha riconosciuto il merito di essere stata “tra le prime in Africa a muoversi” nella cura dei sieropositivi: con il progetto Dream “in questi anni ha salvato la vita a più di centocinquantamila donne, uomini, bambini, mentre ha raggiunto circa un milione di persone con varie attività, operando in ben dieci Paesi africani con venti laboratori di biologia molecolare, trentatré centri clinici per la cura”. “Un segno particolare di speranza e di vittoria sul male – ha precisato – sono i 14 mila bambini nati sani da madri sieropositive. È una testimonianza concreta della forza della carità cristiana e della sua preziosa funzione nel processo rigenerativo della famiglia umana”.Sottolineando che la Cei “ha sostenuto fin dall’inizio il programma Dream”, per il card. Bagnasco “l’Europa non può pensare il suo futuro senza l’Africa. Non è solo una posizione ideale, ma l’esperienza concreta di vita di tanti - missionari, laici, organizzazioni come la Comunità di Sant’Egidio - che spendono la vita per l’Africa”. “Nonostante la cooperazione degli Stati conosca una drastica riduzione – ha proseguito –, la Chiesa italiana, grazie alla generosità e alla fiducia dei cattolici e dei nostri connazionali, continua a investire molto nella solidarietà con il Sud del mondo”. Uno dei modi per “costruire un ponte di solidarietà” è il Comitato per gli interventi caritativi della Cei, che “dal 1990 al 2011 – ha annotato – ha finanziato 11.500 progetti ( per un totale di circa 1.250 milioni di euro) dei quali 4.150 in Africa”. “Oggi, grazie alla diffusione della terapia antiretrovirale, è diminuito il numero delle nuove infezioni da Hiv”, ha evidenziato Bagnasco, e quindi “le nostre energie devono profondersi soprattutto nell’offerta di una terapia per tutti. Al tempo stesso è necessario un grande sforzo di educazione che operi una trasformazione della mentalità, della cultura, e riaffermi la dignità della persona umana. Occorre accrescere la prevenzione mediante l’educazione al rispetto del valore sacro della vita e la formazione alla pratica corretta della sessualità”.“Le persone colpite dal virus dell’Hiv – ha aggiunto il presidente della Cei – si trovano in una situazione di debolezza, vanno curate, assistite e accompagnate spiritualmente e pastoralmente. La portata e le tragiche conseguenze dell’Hiv vanno al di là di tutte le precedenti pandemie della storia. Individuato da appena trent’anni, l’Hiv è già diventato uno dei più formidabili agenti infettivi con cui la medicina moderna si deve confrontare. È una delle più devastanti epidemie dei nostri tempi: un dramma umano che, per gravità e vastità, è una delle sfide maggiori di sanità a livello mondiale”. In questo contesto, un ruolo di prima linea nel contrasto alla malattia lo ha avuto la Chiesa cattolica che, “fin dalla comparsa del terribile flagello, ha sempre dato il suo contributo sia nel prevenire la trasmissione del virus Hiv sia nell’assistere i malati e le loro famiglie”. “Dobbiamo riconoscere con umiltà – ha richiamato il card. Bagnasco – che la risposta a questa pandemia è stata intensa e costante. Non si vuole vantare nulla né pretendere riconoscimenti, ma solo ringraziare il Signore che illumina e sostiene, ed esprimere gratitudine a quanti – ieri e oggi – contribuiscono alla carità della Chiesa: attualmente il 26,7% dei centri per la cura dell’Hiv/Aids nel mondo sono della comunità cattolica” e “in Africa le attività di assistenza sanitaria sostenute dalla Chiesa spesso forniscono il fondamentale supporto alle persone che vivono fuori dalle aeree urbane e nelle zone rurali”.
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