«Permesso di soggiorno ai lavoratori sfruttati che denunciano»

A Prato firmato un protocollo per prevenire i casi di schiavitù nelle fabbriche. Da febbraio sono 129 le persone che hanno denunciato illegalità e violenza. Il procuratore Tescaroli: una novità assoluta, legata alla specificità criminale di questo territorio
October 15, 2025
«Permesso di soggiorno ai lavoratori sfruttati che denunciano»
Lavoratrici cinesi nel settore del tessile manifatturiero
Denunciare lo sfruttamento sul lavoro è possibile e le istituzioni sono pronte a garantire protezione e assistenza a chi lo fa, rompendo il muro di omertà e silenzio sulle nuove schiavitù. Da Prato, terza città del Centro Nord per abitanti e punto di riferimento europeo per la comunità cinese, arriva un messaggio forte contro l’illegalità diffusa nel mondo produttivo: è stato infatti firmato questa mattina in Procura un protocollo di prevenzione e contrasto ai fenomeni di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo. Al tavolo c’erano diversi attori protagonisti, dalla Regione Toscana al Comune, dalle forze dell’ordine alla stessa Procura. Obiettivo: non far cadere nel vuoto i primi segnali di ribellione che arrivano da tante persone straniere, “schiacciate” tra le richieste di produrre a tutte le ore (e ad ogni costo) e il far west delle (non) regole. La strategia messa a punto prevede anche un riconoscimento concreto a chi denuncia la propria situazione di sfruttamento: il rilascio di un permesso di soggiorno per gli stranieri vittime di accertate situazioni di violenza o abuso, che si siano resi protagonisti dell’emersione di fatti penalmente rilevanti e dell’individuazione dei responsabili.
Dal febbraio scorso, sono state 129 le persone che «hanno intrapreso il percorso collaborativo» con la giustizia italiana: sono lavoratori di nazionalità cinese, pachistana, bangladese, senegalese e gambiana. Nel protocollo si parla espressamente di «lavoratori migranti impiegati, in particolare ma non solo, nel settore tessile manifatturiero», perché è in quel “distretto parallelo”, nato nel quartiere Macrolotto della città toscana, che la deregolamentazione si è spinta al massimo: paghe da fame, ritmi di produzione infernali, fabbriche dormitorio, standard ambientali e di sicurezza sempre al limite nonostante il recente aumento dei controlli. Per questo, il piano adesso è «favorire l’emersione del fenomeno», facilitando la raccolta delle segnalazioni di illegalità, «garantire assistenza alle vittime», agevolandone l’accesso alla giustizia, «sostenere i migranti» assicurando protezione e reinserimento sociale, «potenziare l’attività di indagine», valorizzando interventi integrati e multidisciplinari.
Non bisogna lasciare solo chi ha il coraggio di muoversi. «Particolare attenzione è rivolta al fenomeno dello sfruttamento economico sistemico riconducibile a imprenditori privati senza scrupoli» ha spiegato il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, cui si deve l’iniziativa. «Il permesso di soggiorno ai lavoratori sfruttati è una novità assoluta, legata alle specificità criminali di questo territorio» ha aggiunto. Sullo sfondo c’è quella mafia cinese, che sta attraversando adesso una faida tra clan rivali e che lo stesso magistrato sta mettendo nel mirino. Lo si capisce quando Tescaroli fa riferimento a «una rete criminale di matrice sinica, che alimenta gravi forme di concorrenza sleale nei comparti tessile-manifatturiero, della logistica, dei trasporti e della produzione di grucce per abiti». In chiaro, il protocollo punta essere «un segno concreto di civiltà giuridica» in grado di aiutare gli stranieri a conoscere i loro diritti attraverso comunicazioni social e opuscoli illustrativi in varie lingue, «riaffermando il valore supremo della dignità umana».

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