«Permesso di soggiorno ai lavoratori sfruttati che denunciano»
di Diego Motta
A Prato firmato un protocollo per prevenire i casi di schiavitù nelle fabbriche. Da febbraio sono 129 le persone che hanno denunciato illegalità e violenza. Il procuratore Tescaroli: una novità assoluta, legata alla specificità criminale di questo territorio

Denunciare lo sfruttamento sul lavoro è possibile e le istituzioni sono pronte a garantire protezione e assistenza a chi lo fa, rompendo il muro di omertà e silenzio sulle nuove schiavitù. Da Prato, terza città del Centro Nord per abitanti e punto di riferimento europeo per la comunità cinese, arriva un messaggio forte contro l’illegalità diffusa nel mondo produttivo: è stato infatti firmato questa mattina in Procura un protocollo di prevenzione e contrasto ai fenomeni di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo. Al tavolo c’erano diversi attori protagonisti, dalla Regione Toscana al Comune, dalle forze dell’ordine alla stessa Procura. Obiettivo: non far cadere nel vuoto i primi segnali di ribellione che arrivano da tante persone straniere, “schiacciate” tra le richieste di produrre a tutte le ore (e ad ogni costo) e il far west delle (non) regole. La strategia messa a punto prevede anche un riconoscimento concreto a chi denuncia la propria situazione di sfruttamento: il rilascio di un permesso di soggiorno per gli stranieri vittime di accertate situazioni di violenza o abuso, che si siano resi protagonisti dell’emersione di fatti penalmente rilevanti e dell’individuazione dei responsabili.
Dal febbraio scorso, sono state 129 le persone che «hanno intrapreso il percorso collaborativo» con la giustizia italiana: sono lavoratori di nazionalità cinese, pachistana, bangladese, senegalese e gambiana. Nel protocollo si parla espressamente di «lavoratori migranti impiegati, in particolare ma non solo, nel settore tessile manifatturiero», perché è in quel “distretto parallelo”, nato nel quartiere Macrolotto della città toscana, che la deregolamentazione si è spinta al massimo: paghe da fame, ritmi di produzione infernali, fabbriche dormitorio, standard ambientali e di sicurezza sempre al limite nonostante il recente aumento dei controlli. Per questo, il piano adesso è «favorire l’emersione del fenomeno», facilitando la raccolta delle segnalazioni di illegalità, «garantire assistenza alle vittime», agevolandone l’accesso alla giustizia, «sostenere i migranti» assicurando protezione e reinserimento sociale, «potenziare l’attività di indagine», valorizzando interventi integrati e multidisciplinari.
Non bisogna lasciare solo chi ha il coraggio di muoversi. «Particolare attenzione è rivolta al fenomeno dello sfruttamento economico sistemico riconducibile a imprenditori privati senza scrupoli» ha spiegato il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, cui si deve l’iniziativa. «Il permesso di soggiorno ai lavoratori sfruttati è una novità assoluta, legata alle specificità criminali di questo territorio» ha aggiunto. Sullo sfondo c’è quella mafia cinese, che sta attraversando adesso una faida tra clan rivali e che lo stesso magistrato sta mettendo nel mirino. Lo si capisce quando Tescaroli fa riferimento a «una rete criminale di matrice sinica, che alimenta gravi forme di concorrenza sleale nei comparti tessile-manifatturiero, della logistica, dei trasporti e della produzione di grucce per abiti». In chiaro, il protocollo punta essere «un segno concreto di civiltà giuridica» in grado di aiutare gli stranieri a conoscere i loro diritti attraverso comunicazioni social e opuscoli illustrativi in varie lingue, «riaffermando il valore supremo della dignità umana».
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