martedì 8 ottobre 2019
L'ultimo voto (553 sì, 14 contrari) sulla legge costituzionale che cambia volto al Parlamento. Gli effetti dell'intervento, con il passaggio da 945 a 600, e il raffronto con il resto della Ue
Ok definitivo dell'Aula della Camera al taglio dei parlamentari (Ansa)

Ok definitivo dell'Aula della Camera al taglio dei parlamentari (Ansa)

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Via libera definitivo della Camera alla riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. I voti a favore sono 553, i contrari 14, e 2 gli astenuti. Hanno votato a favore, oltre alle forze di maggioranza M5s, Pd, Iv, Leu, anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega. Tra i voti contrari +Europa, e alcuni singoli deputati in dissenso dal loro gruppo.

Col passaggio dagli attuali 945 ai futuri 600, il numero dei parlamentari subisce un taglio del 36,5%.

Tra le prime reazioni, come ovvio, quella del Movimento 5 stelle per i quali si tratta di una riforma bandiera "È fatta!", scritto a caratteri cubitali sulla foto del tabellone in Aula con i numeri del voto alla Camera. È questa l'esultanza che M5s affida al Blog delle Stelle dopo il via libera alla riforma sintetizzata così "meno 345 parlamentari. Promessa mantenuta!". Esultanza che si è manifestata anche nell'esibizione di uno striscione con le foto delle poltrone esposto dai parlamentari M5S e accanto ad esso delle gigantesche forbici di cartone. "Meno parlamentari uguale più asili nido", si legge su un cartello.

"Una riforma storica, una grandissima vittoria per i cittadini italiani". Così Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e leader del Movimento, davanti alla Camera sul taglio dei parlamentari. "Questa é la vostra vittoria", ha detto poi dopo la dichiarazione alla stampa rivolgendosi ad alcuni sostenitori venuti a celebrare la riforma.

Per il premier, Giuseppe Conte, si tratta di "una riforma che incide sui costi della politica e rende più efficiente il funzionamento delle Camere. Un passo concreto per riformare le nostre Istituzioni. Per l'Italia è una giornata storica. Questo voto renderà più efficiente il Parlamento".

Anche il Pd, ora alleato di governo con i 5 stelle, ha votato per il provvedimento. "La riduzione dei parlamentari è una riforma che il centrosinistra e il Pd portano avanti, in forme diverse, da 20 anni. Oggi - scrive su Facebook il segretario del Pd, Nicola Zingaretti - abbiamo deciso di votarlo tenendo fede al primo impegno del programma di Governo e anche perché abbiamo ottenuto, così comeda noi richiesto, che si inserisca dentro un quadro di garanzie istituzionali e costituzionali che prima non c'erano. Ecco il motivo del nostro sì, rispetto al no che avevamo dato qualche mese fa. Ora andiamo avanti per migliorare la vita degli italiani".

Soddisfatta anche Giorgia Meloni: "Il Parlamento italiano oggi ha approvato una riforma chiesta e voluta dagli italiani e sono fiera che questo sia stato possibile soprattutto grazie a Fratelli d'Italia".

Mentre Salvini afferma: "A differenza del Pd e dei 5 stelle la Lega non tradisce e mantiene la parola".

Dura la posizione di Più Europa: "Questa riforma è macelleria costituzionale. Consideravamo questa una mutilazione della Costituzione prima e continuiamo a considerarla tale", afferma il segretario Benedetto Della Vedova. "La Costituzione ha degli equilibri. E con un principio di rappresentatività che ha determinato il numero dei parlamentari. Bisognava quantomeno ricostruire degli equilibri, se proprio si riteneva centrale l'elemento del taglio del numero dei parlamentari"


ECCO COSA SUCCEDE ADESSO

Con la legge costituzionale a firma di Riccardo Fraccaro, approvata dal Parlamento in quarta lettura, si riduce il numero di senatori da 315 a 200 (esclusi i senatori a vita) e quello dei deputati da 630 a 400. Una rivoluzione del sistema di rappresentanza, ecco cosa cambia:

REFERENDUM ED ENTRATA IN VIGORE In base all'articolo 138 della Costituzione dopo l'approvazione a maggioranza assoluta del taglia poltrone, se richiesto, la riforma dovrà essere approvata da un referendum confermativo. Per questo si dovrà attendere tre mesi, per dare modo a un quinto dei membri di una Camera, o 500 mila elettori, o cinque consigli regionali, di chiedere la consultazione popolare. Se questo dovesse succedere, si voterebbe a maggio-giugno 2020: poi, in caso di conferma del testo, scatterebbero i 60 giorni concessi al governo per ridisegnare i collegi arrivando così a settembre 2020. In caso di conferma la proposta di legge entrerà in vigore e saranno modificati gli articoli della Costituzione 56 e 57 che determinano il numero dei parlamentari.

LA QUESTIONE DELLA RAPPRESENTANZA Con il taglia poltrone a Camera e Senato si riducono anche i seggi dei parlamentari eletti all'estero. I deputati passano da 12 a 8 e i senatori, da 6 a 4. Per quanto riguarda l'Italia a Montecitorio ora ci sarà un deputato per ogni 151.210 abitanti (oggi 96.006) e a Palazzo Madama un senatore per ogni 302.420 abitanti (ora 188.424).

A livello territoriale per entrambi i rami del parlamento si avrà una riduzione delle circoscrizioni, ad esempio alla Camera la circoscrizione Sicilia 1 passerà da 25 a 15 deputati, Lazio 2 da 20 a 12, mentre Umbria e Basilicata passeranno da 7 a soli 3 eletti. Una taglio che toccherà anche le regioni del Nord e del Sud con il Friuli che avrà un taglio del 42,9% dei rappresentanti in Senato, mentre alla Camera la sforbiciata arriverà al 38,5%.

CORRETTIVI DELLA MAGGIORANZA L'accordo di maggioranza sul pacchetto di 'correttivi' da affiancare al taglio dei parlamentari prevede prima di tutto una nuova legge elettorale. Il testo, secondo l'accordo, dovrà essere presentato entro dicembre 2019, ma al momento non è stato ancora deciso su quale sistema convergere. Il Partito democratico, viene spiegato, sponsorizza una base proporzionale con un doppio turno con premio nazionale. Sempre entro dicembre dovranno essere presentate le modifiche per fare in modo che i presidenti di Regione siano presenti in Senato quando si discutono le leggi sull'autonomia differenziata e la sfiducia costruttiva a camere riunite. Entro ottobre invece dovranno essere avviate tre riforme costituzionali: modifica della base territoriale di elezione del Senato (da regionale a circoscrizionale come alla Camera); rendere uniforme l'elettorato attivo e passivo dei due rami del Parlamento (18 e 25 anni sia per Camera che per Senato); infine la diminuzione, a fronte del taglio dei parlamentari del numero di delegati regionali per l'elezione del capo dello Stato.

RISPARMIO La riduzione di 230 deputati porterà un risparmio di 52,9 milioni di euro ogni anno, mentre in Senato, con un taglio di 115 membri circa 28,7 milioni di euro ogni anno. Tra Camera e Senato, quindi, i risparmi sarebbero 81,6 milioni di euro ogni anno.

IL RAFFRONTO CON L'EUROPA

A oggi la Camera, con 630 eletti, è tra le "Camere basse" in Europa con il numero maggiore di deputati. Solo il Bundestag tedesco ha un numero maggiore di eletti (709), così come la Camera dei Comuni del Regno Unito, con 650 componenti.

Il Parlamento italiano si allineerebbe così alle altre analoghe istituzioni elettive europee, restando tuttavia sempre tra quelle con un numero più alto di eletti. È quanto risulta da un raffronto elaborato dal servizio studi di Montecitorio. Il confronto è più complicato a livello di "Camere alte". Non solo perché la maggioranza degli stati membri dell’Ue (15 su 28) non ha una struttura bicamerale, ma anche perché nei 12 Paesi, oltre l’Italia, che ce l’hanno (Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna), solo in 4 i componenti sono eletti direttamente dai cittadini (si tratta di Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Spagna). In quest’ultima, peraltro, una parte dei membri (58 su 266) è designata dalle Comunità autonome. Inoltre, spesso le funzioni assegnate alle due Camere sono diversamente modulate. Non è dunque possibile fare un raffronto preciso.

In Germania, a esempio, il numero limitato di componenti del Bundesrat (oggi appena 69) è funzionale alla natura di quell’organo, che la Costituzione tedesca prevede sia composto da membri dei governi dei Lander regionali. All’estremo opposto è la britannica House of Lords - attualmente composta da 792 membri - la quale risponde a tutt’altre logiche di rappresentatività. Vi sono infatti Lords (carica peraltro a vita) nominati dal primo ministro, di diritto, esponenti della Chiesa anglicana, anche per diritto ereditario. In Francia, invece, il Senato è elettivo, ma di "secondo grado": i 348 senatori (che una riforma vuol ridurre a 244) sono eletti da un collegio di più di 160mila "grandi elettori", delegati dei Consigli municipali.

Quanto all’altro ramo del Parlamento, la riforma costituzionale italiana riduce i deputati a 400 (inclusi gli eletti all’estero, che passano da 12 a massimo 8). Anche dopo quest’intervento, tuttavia, in Europa sono pochi gli organi analoghi con un così elevato numero di eletti. Va però considerato il numero della popolazione e di abitanti per deputato eletto, dato che alcuni Paesi Ue sono meno popolosi dell’Italia.

In un quadro decrescente, dopo Germania (che peraltro ha un numero variabile di eletti, con un numero minimo tassativo di 598) e Regno Unito, l’Italia sarà ancora preceduta dalla Francia (oggi ha 577 membri, anche se una riforma vuol ridurne il numero a 404) e dai 460 della Polonia. Di meno ne avranno ancora Spagna e Svezia, con rispettivamente 350 e 349 eletti. Poco sotto figura la Romania, con 329. Infine, vanno elencate le Camere basse di Grecia (300 componenti), Bulgaria (240), Portogallo (230), Repubblica Ceca e Finlandia (200), Ungheria (199), Danimarca (179), Irlanda (158) e Paesi Bassi (150), Irlanda (158), giù fino ai 60 del Lussemburgo.

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