martedì 8 ottobre 2019
Il documento contiene le riforma costituzionali che accompagneranno il taglio dei parlamentari, il cui iter si concluderà domani con il voto finale alla Camera, in cui anche Forza Italia voterà sì
Governo, la riforma della legge elettorale
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L’accordo c’è. Alle 19 in punto i capigruppo della maggioranza annunciano l’intesa sulle riforme chieste come "controbilanciamento" al taglio dei parlamentari. E il voto finale (oggi nell’aula di Montecitorio) a questo punto pare scontato. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, esulta: «Sono molto soddisfatto. Si dà seguito agli impegni presi, il taglio dei parlamentari ma anche una serie di riforme come garanzia». Poi scommette: «Ci sarà una larga maggioranza. Mi aspetto che anche le opposizioni votino la riforma. Troverei un grande errore non presentarsi in aula o addirittura votare contro. Due gruppi su tre hanno votato la riforme nelle tre precedenti letture».

Probabilmente andrà così. Fi, Lega e Fratelli d’Italia non si chiamano fuori. Salvini: «Noi la legge l’abbiamo votata tre volte, ci abbiamo sempre creduto. È il Pd, che ha sempre votato contro, a cambiare idea». Rampelli (Fdi): «Abbiamo sempre votato a favore, sempre sostenuto questa riforma. Mi auguro che riforma sia il punto di non ritorno per la costruzione di un rapporto diverso e più efficace tra istituzioni e cittadini». Ravetto (Forza Italia): «Forza Italia è da sempre a favore dei tagli ai costi della politica e ne è da sempre promotrice. Crediamo però che questi tagli non debbano uccidere la democrazia o compromettere la rappresentanza territoriale».

La svolta era annunciata. E annunciato era il patto dei capigruppo. E i contenuti dell’accordo. I capi della maggioranza di Camera e Senato hanno siglato un impegno comune che darà seguito alla riforma della riduzione dei parlamentari con quattro punti specifici sulle riforme istituzionali da offrire anche al dialogo con le opposizioni», si legge nella nota comune diffusa dalla maggioranza al termine dell’incontro.

La prima modifica della Carta Costituzionale riguarda l’omogeneizzazione degli elettorati attivi e passivi di Camera e Senato, ovvero all’età di diciotto anni sarà possibile votare per entrambi i rami del Parlamento. A Montecitorio lo scorso luglio è stato dato il via libera al voto ai diciottenni, e quest’ultimo è un testo che oggi risiede in commissione Affari costituzionale al Senato e potrebbe essere approvato in via definitiva entro il mese. Alla luce del taglio dei parlamentari il secondo disegno di legge prevede di riequilibrare (l’idea è la diminuzione di un terzo) il numero dei delegati regionali per eleggere il capo dello Stato. Il tutto per evitare un peso eccessivo dei governatori nell’emiciclo che elegge l’inquilino del Quirinale.

Il contenuto del terzo testo consiste nella modifica della base territoriale di elezione del Senato, che oggi è su base regionale e potrebbe diventare su base circoscrizionale, estendendo la base territoriale da regionale a pluriregionale, garantendo in questo la minoranze. A questo punto, se a dicembre nessuno chiederà il referendum sul taglio dei parlamentari, si discuterà di legge elettorale e si presenterà un testo. Ovvero, il nodo dei nodi, quello che divide maggiormente le forze politiche che compongono la maggioranza, e al suo interno ogni singolo partito. Due le idee: una legge proporzionale con sbarramento al 5 per cento e una legge che prevederebbe il doppio turno con apparentamento.

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