sabato 18 febbraio 2017
Spunta un documento che parla di 100mila soldati. «È falso»
La Casa Bianca nega di voler schierare la Guardia nazionale contro gli «illegali»
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Come si vivrebbe in un’America senza immigrati, quella così desiderata dal nuovo presidente Usa Donald Trump? Se n’è avuto un assaggio giovedì, in quello che è stato ribattezzato come il “giorno senza immi-grati”, nato come spontanea protesta proprio alle politiche del nuovo inquilino della Casa Bianca. Mentre alla Casa Bianca il tycoon annunciava che presenterà, entro la prossima settimana, un nuovo decreto per «proteggere i confini del Paese», a rimanere chiuse sono state centinaia di attività, dai ristoranti ai negozi alle piccole imprese, che fondano il proprio lavoro sull’apporto fondamentale degli stranieri, spesso anche di quelli senza documenti. L’iniziativa ha voluto così rendere palese il loro peso nella società americana. Da New York a Los Angeles molti immigrati hanno anche tenuto i figli a casa da scuola, non hanno fatto benzina e hanno compiuto altre azioni per rendere evidente il contributo degli stranieri alla vita economica e sociale del Paese.

Gruppi di immigrati hanno manifestato in diverse località contro gli ordini esecutivi firmati da Trump, destinati a mettere fine all’esistenza delle cosiddette “città santuario”, accelerare le espulsioni delle persone senza documenti e impedire l’ingresso di rifugiati e cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana (quest’ultimo ordine è stato sospeso dai tribunali). A Chicago, in Illinois, più di un migliaio di dimostranti ha preso parte alla marcia iniziata a Union Park e proseguita fino alla sede locale dell’Agenzia immigrazione e dogane. Nelle città dell’Arizona molti piccoli negozi non hanno alzato le serrande, e hanno esposto cartelli che annunciavano l’adesione alla manifestazione nazionale.

«Tutti i giorni contribuiamo con il nostro lavoro a questo Paese, paghiamo le tasse, creiamo impiego, credo che il presidente Trump non lo stia considerando», ha affermato Manuela Ramos, proprietaria di un ristorante a Tucson, rimasto chiuso a sostegno dei suoi dipendenti immigrati. A New York gli organizzatori delle proteste hanno segnalato che almeno un centinaio di chiese della città sono disposte ad accogliere le persone senza documenti che hanno bisogno di un rifugio perché rischiano di essere espulse. Molti negozi della città hanno esposto cartelli all’ingresso, con messaggi come «Solidarietà al giorno senza immigrati» o «Amiamo l’America ma il governo non ama noi». Tuttavia, non sono mancati gli immigrati senza documenti che hanno scelto di non assentarsi dal lavoro.

A Washington ha partecipato all’iniziativa il celebre chef José Andrés, lo stesso che nel 2015 aveva fatto parlare di sé dopo aver mandato a monte la trattativa per aprire un ristorante all’interno del nuovo Trump International Hotel nella capitale, a causa delle controverse dichiarazioni dell’allora candidato repubblicano contro i messicani. «È un modo per dire che amiamo questo Paese», ha spiegato Andrés, che ieri ha deciso di chiudere cinque ristoranti (dove i lavoratori immigrati, in gran parte ispanici, costituiscono il 65 per cento del suo personale) con una perdita stimata di circa 100mila dollari di entrate. Singolare l’iniziativa del Davis Museum del Wellesley College, in Massachusetts, dove è stata messa in scena l’iniziativa di protesta “Art-less”: tutte le opere «create da un immigrato», come recita un’etichetta, sono state rimosse o coperte con un telo nero per evidenziare l’impatto degli immigrati anche nel mondo dell’arte. Protesta che durerà fino al President’s Day di lunedì prossimo. Ieri, intanto, ha fatto discutere la notizia riferita dalla Ap, e definita «falsa al 100 per cento» dalla Casa Bianca, secondo cui l’Amministrazione Trump sta considerando di mobilitare fino a 100mila unità della guardia nazionale nella stretta contro gli immigrati irregolari. «È irresponsabile dire questo», ha sottolineato il portavoce di Trump, Sean Spicer, il quale peraltro non ha smentito il fatto che questa possibilità sia stata mai discussa all’interno dell’Amministrazione.

La proposta è citata nella bozza di un documento preso in visione dalla Ap e che sarebbe stato scritto da John Kelly, segretario alla Sicurezza interna. Nel testo si cita il coinvolgimento di undici Stati, con l’opzione per i governatori di scegliere se usare anche il loro esercito per l’operazione di ricerca degli immigrati irregolari.

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