sabato 6 giugno 2020
L’immunologo americano: «La seconda ondata? Ci sarà. Ci servono cure e prevenzione»
L’immunologo americano Jay Levy, tra i principali studiosi al mondo del virus dell’Aids: «L’Hiv può insegnarci molto del Covid»

L’immunologo americano Jay Levy, tra i principali studiosi al mondo del virus dell’Aids: «L’Hiv può insegnarci molto del Covid» - .

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Ormai anche all’Università della California non si studia altro. «I ricercatori nel campo delle malattie infettive – ci racconta Jay Levy – stanno facendo convergere tutti gli sforzi sulla ricerca di una diagnosi, di un trattamento o di un vaccino contro il Covid-19». Forse neanche durante l’emergenza Aids vi fu una simile mobilitazione. Ossia, più di quarant’anni fa, quando il celebre immunologo scopriva il retrovirus associato all’Aids, la sua presenza nel cervello e nell’intestino e una risposta antivirale che preserva le cellule, arrivando a individuare un trattamento termico che ha impedito l’infezione da Hiv in molti emofiliaci. A 82 anni, Levy lavora ancora sui virus ed è convinto che la battaglia contro il Covid-19 sia aperta.

Come valuta le misure dell’amministrazione Trump?
Ovviamente l’amministrazione Trump, e sottolineo purtroppo, ha riconosciuto con notevole ritardo la gravità di questa minaccia. Siamo tutti preoccupati per l’aumento di infezioni e decessi che è stato causato da questo ritardo.

Ritiene che il virus sia mutato?
Guardi, la riduzione dei contagi è il riflesso delle misure di sanità pubblica. Informare il pubblico sui comportamenti da tenere non solo ha ridotto l’aumento dei contagi, ma ha dato agli ospedali il tempo per prepararsi. Così, il tasso di mortalità, anche se ancora inaccettabile, è stato ridotto.

Crede che si troverà un vaccino efficace?
Alla fine verrà sviluppato. Il primo sarà un vaccino con virus inattivato, come l’antipolio; in seguito verranno adottati approcci più sofisticati per diffonderlo nel mondo, superando i problemi di trasporto e conservazione.

Cosa insegna l’esperienza dell’Aids?
Che è necessario un maggiore approccio da parte del governo. La collaborazione pubblico/ privato funzionerebbe meglio nella ricerca di cure e nella prevenzione. Ma soprattutto, la gente ha bisogno di messaggi chiari e regolari. Purtroppo l’Aids ha dimostrato che la risposta iniziale del governo è scarsa ma anche che una campagna d’opinione, con avvocati appropriati, può portare l’attenzione necessaria.

L’Aids è stato fermato dagli antivirali. Succederà anche con il Covid-19?
Oggi sappiamo cose sui coronavirus che permettono di avvicinarsi a un antivirale e che non avevamo al tempo dell’Hiv. Ho fiducia che si trovi un antivirale appropriato prima di un vaccino universale.

Ci sarà una seconda ondata del virus?
Purtroppo sì. Sarà meno grave, si spera, perché sono già in atto misure di prevenzione e gli ospedali sono preparati per i casi gravi. Ma il messaggio deve continuare ad arrivare al pubblico affinché accetti la prevenzione come stile di vita per i prossimi 6 mesi, o più.

Cosa pensa della decisione di Trump di rompere con l’Oms?
Tutti noi ci rammarichiamo che il nostro presidente abbia deciso di non continuare a finanziare l’Organizzazione mondiale della sanità. Nonostante alcune azioni trascurate, rimane un’importante organizzazione che può aiutare molto a prevenire la diffusione del virus e di altre future infezioni microbiche.

La Cina ha nascosto i dati, come asserisce la Casa Bianca?
Purtroppo, credo che alcuni in Cina, in particolare i funzionari della sanità pubblica locale a Wuhan, non abbiano riconosciuto questo nuovo virus respiratorio e/o siano stati istruiti dal governo a non dare l’annuncio per non creare il panico. Ma il ritardo ha avuto effetti negativi in Cina e più tardi nel mondo. Sono preoccupato che la stessa cosa possa ora accadere in alcuni Stati degli Usa.

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