mercoledì 23 marzo 2022
Ai banchi dell’improvvisata agenzia viaggi, i bimbi giocano e piangono. Ci sono anche 17 mamme sfuggite alle bombe nei rifugi sotterranei di Kiev
Un operatore Caritas al banco delle partenze all'aeroporto di Varsavia per l'imbarco dei profughi ucraini verso l'Italia

Un operatore Caritas al banco delle partenze all'aeroporto di Varsavia per l'imbarco dei profughi ucraini verso l'Italia - Lambruschi

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Quattrocento profughi ucraini vulnerabili portati in Italia da Caritas e Open Arms, con due voli umanitari, in una grande operazione superiore per numero anche ai corridoi umanitari.

L’attesa inizia la mattina presto all’Expo di Varsavia, dove nel capannone vengono accolte 7mila persone a notte, in attesa di partenza verso Estonia, Svezia, Spagna, Regno Unito e Italia. Ai banchi dell’improvvisata agenzia viaggi, tra i bambini che giocano e piangono, si sta in fila verso la destinazione finale indicata alle autorità polacche, di un viaggio iniziato per molti due settimane fa in un Paese devastato dalla guerra. I due voli umanitari organizzato da Caritas italiana in questa prima tornata insieme ad Open Arms e attraverso la compagnia aerea privata Solidair hanno portato i profughi da questo hub della speranza di Varsavia all’aeroporto di Fiumicino. Da lì sono stati redistribuiti in 20 diocesi italiane, dove resteranno fino alla fine della guerra.

I passeggeri sono persone vulnerabili, soprattutto donne sole con minori, la tipologia che costituisce la maggioranza dei tre milioni di profughi che in quattro settimane di guerra sono fuggiti per l’invasione russa. Sul volo, accompagnato dalla madre, viaggia disteso un ragazzo di 24 anni affetto da Sla. Lo aveva incontrato 10 giorni fa nel centro di accoglienza Caritas a Medyka, sulla frontiera tra Polonia e Ucraina, il direttore della Caritas italiana, don Marco Pagniello, che aveva promesso alla donna disperata cure adeguate in tempi rapidi. A Roma è andato direttamente al Gemelli. Sul volo viaggiano anche 17 mamme con bambini. Erano a Kiev, hanno patito la guerra nei rifugi sotterranei, perlopiù scantinati. Sono fuggite quattro giorni fa dalla recrudescenza dei bombardamenti sulla capitale, lunedì erano a Danzica e ieri sono sbarcate a Roma. Sono tutte dirette in Sardegna, dove hanno amici e parenti.

«Un viaggio simile, con bambini così piccoli, poteva essere molto difficile – spiega Valentina Brinis di Open Arms, Ong conosciuta per i salvataggi in mare nel Mediterraneo e che è partner di Caritas italiana in questa operazione dei voli umanitari –. Noi abbiamo messo a disposizione i voli con la compagnia Solidair per persone scelte insieme, che avrebbero avuto difficoltà importanti non solo economiche a sopportare un lungo viaggio in pullman».

Diverse donne sole raggiungono così i parenti. In viaggio, mentre è già stato lanciato l’allarme tratta da diverse organizzazione internazionali. Come Caterina, 40 anni, partita con la figlia 14 enne da Vinnitsya, nel centro del paese, dove è rimasto il marito. «Raggiungo mia madre, che vive a Sorrento ed è sposata con un italiano – spiega – e dove spero di imparare la vostra lingua e lavorare mentre mia figlia andrà a scuola». La ragazza è triste, continua a messaggiare sullo smartphone. «Non è paura non siamo spaventate perché dalle nostre parti non si combatte. Ma nessuno è in grado di sapere quando e come finirà e chi può è partito. La sua generazione è in viaggio e si stanno perdendo».

L'attesa dei profughi ucraini all'aeroporto di Varsavia

L'attesa dei profughi ucraini all'aeroporto di Varsavia - Lambruschi

Hilary ha 24 anni ed è nigeriano. «Studiavo medicina a Kharkiv, una facoltà molto conosciuta. Poi sono arrivate le bombe e le sirene e ho dovuto cambiare in fretta i miei progetti. Eravamo in molti stranieri, da tutta Europa e dall’Africa. Due settimane fa sono riuscito a uscire dall’Ucraina attraverso la Slovacchia perché c’era meno gente rispetto alla Polonia. Infine sono arrivato in treno alla stazione di Varsavia e ho chiesto aiuto alla Caritas. Sono cattolico».

La stazione della capitale è diventata uno dei centri di accoglienza e smistamento e qui lo studente è stato messo in contatto con la Caritas italiana che stava organizzando i voli. «Sarò accolto ad Assisi, la città di Francesco. Voglio provare a studiare all’Università per stranieri».

Ma sul volo ci sono anche cinque italiani di Ucraina imbarcati dall’ambasciata. Tra loro, la famiglia di Gino Barale, 79 anni, una vita da commerciante e artigiano. Nato alla fine di una guerra e fuggito da un’altra. Vendeva coni ai laghi di Avigliana insieme a Galina, con cui sta da 19 anni e che poi è diventata sua moglie. «Vivevo stabilmente da sette anni a Nova Mosca, a 80 chilometri dalla centrale di Zaporizhzhia. La guerra si stava avvicinando troppo, anche se gli ucraini stanno resistendo. Siamo partiti in autobus prima che fosse troppo tardi». Gino andrà ad Asti e quindi tornerà a Novaretto di Caprie, dove verrò accolto e potrà rivedere i due nipoti. Con lui e la moglie viaggia anche Katia, la nipote 18enne della signora che è per loro come una figlia. Il padre sta combattendo e spera di finire gli studi superiori nel nostro Paese.

«Tutti i bambini e i minori potranno frequentare la scuola – conferma Oliviero Forti, responsabile immigrazione dell’organismo pastorale della Cei – e abbiamo già iniziato gli inserimenti di quelli arrivati da soli in Italia». La Caritas italiana rilancia ora il sistema di accoglienza diffusa nelle famiglie a fianco di quello pubblico. E in futuro. «Questa operazione in Polonia conferma la nostra volontà di presenza. Ringraziamo l’ambasciatore italiano Aldo Amati che ha sbloccato diversi problemi e intoppi e ci ha consentito di portarla a termine. Non è l’ultima, ci saranno altri interventi per questa emergenza e ne definiremo le modalità».

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