venerdì 29 giugno 2018
Disoccupata a 61 anni, il sussidio ricevuto nel 2016 l’ha fatta escludere dalla lista dei beneficiari
una mensa dei poveri (Foto archivio Ansa)

una mensa dei poveri (Foto archivio Ansa)

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È come scorgere finalmente, a qualche metro di distanza appena, un salvagente mentre si annaspa in acqua. E poi vederselo portar via, allontanarsi mentre si fatica a restare a galla senza più nulla a cui aggrapparsi. La sensazione che ha provato E.R.B. è questa: era in difficoltà, disoccupata, senza più redditi, senza una casa, e aveva scorto nel Reddito d’inclusione lo strumento per riuscire a riemergere con un nuovo lavoro e – intanto che si concretizza – quantomeno andare avanti per un anno con una piccola entrata. Piccolissima, per la verità: 187,5 euro al mese, ma pur sempre qualcosa. Il sussidio, però, è durato solo un mese, poi le è stato tolto.

Facciamo un passo indietro: E.R.B. oggi ha 61 anni e a fine giugno 2016 ha perso il suo ultimo lavoro nel settore del commercio per la scadenza di un contratto a termine. Ha avuto diritto al sussidio di disoccupazione o meglio la NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) che viene calcolata sugli ultimi quattro anni lavorativi e perciò alla fine assommava a poco più di 1.600 suddivisi in quattro mensilità. «Non riuscendo a trovare un’altra occupazione stabile, nel gennaio 2017 mi sono rivolta ai Servizi Sociali del Comune di Roma per essere presa in carico – racconta E. che è sola e senza altri redditi su cui contare – ma non ho avuto risposte». Per evitare sfratti e contenziosi, non potendo più pagare l’affitto E. ha lasciato l’appartamento che occupava, ha messo tutta la sua roba in un deposito e da agosto dello scorso anno vive in una Casa per ferie ospite delle suore.

Appena si è aperta la possibilità di presentare domanda per il Reddito di inclusione, E. ha compilato tutti i moduli ed essendo un’ultra 55enne disoccupata rientrava nei parametri della legge varata dal governo Gentiloni. E in effetti a gennaio di quest’anno la sua domanda era stata accettata e lei aveva ricevuto il primo accredito di 187,50 euro sulla carta prepagata dedicata.

È il salvagente che dicevamo. Ma già a febbraio i pagamenti si sono interrotti. E dopo mille domande agli uffici pubblici, è saltato fuori il problema. E. non aveva indicato la corresponsione nel 2016 della NASpI, motivo per cui il suo reddito ISEE sforava di 111 euro il limite di 6.000 euro stabilito dalla norma per potere ottenere il Reddito di inclusione. Aver ricevuto un (ridotto) sussidio di disoccupazione quasi due anni fa, insomma, l’ha fatta risultare troppo "ricca" per aver diritto al sussidio di povertà. Per poco più di 100 euro rispetto alla soglia limite...

Oltre al danno anche la beffa: E. adesso non rientra più neppure nel progetto personalizzato che avrebbe dovuto accompagnarla nell’uscita dalla povertà grazie alla ricerca di una nuova occupazione. In pratica deve restare così – senza redditi e disoccupata – per sperare di poter ripresentare la domanda per il Rei nel gennaio 2019. Nel frattempo, è il messaggio sotteso, si dovrà arrangiare. Una spirale, un gorgo che anziché riportarla a galla, la fa ricadere nella miseria.

«Io non ho più la forza di combattere per cause che non hanno una ragionevole sentenza. Sono psicologicamente molto stanca – conclude sconsolata E.R.B. –. La sofferenza e il disagio maggiore sono che ci si sente abbandonati e privati della propria dignità». E questo è forse il danno peggiore.

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