sabato 14 giugno 2025
Tajani: non si recida il filo del dialogo. Pieno sostegno ai negoziati tra Washington e Teheran. Schlein (Pd): l'attacco militare non è la via giusta, vorremmo chiarezza
Stefania Craxi, Antonio Tajani e Giulio Tremonti sabato davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato

Stefania Craxi, Antonio Tajani e Giulio Tremonti sabato davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato - Ansa

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Roma «sostiene lo Stato ebraico», ma lavora a «una de-escalation». Ha detto «basta» a Israele, ma anche all’Iran e pur vantando un ruolo da «protagonista» non si aspettava un attacco «immediato». Nonostante sapesse che era «imminente».

Una prova di equilibrio ad alto rischio politico, in parte contraddittoria ma in ogni caso inevitabile e ovviamente esposta agli attacchi serrati delle opposizioni. Tocca ad Antonio Tajani l’incombenza di illustrare al Parlamento la posizione dell’Italia sul conflitto in corso in Medio Oriente e il compito si rivela da subito proibitivo. Davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato il capo della Farnesina bandisce subito «ogni ambiguità» e mette in chiaro che l'Iran «non può dotarsi della bomba atomica». Una convinzione che il governo ha rappresentata «anche a Herzog», il presidente israeliano, al quale il vicepremier ha ribadito «il diritto di Israele a garantire la propria sopravvivenza».

Dunque, l’attacco dell’Idf è legittimo, anche in virtù di alcune informazioni di intelligence su Teheran, «tali da configurare una minaccia esistenziale per la regione e per la comunità internazionale». Nello specifico, stando all’informativa del leader azzurro, «in meno di sei mesi l'Iran avrebbe potuto disporre di 10 bombe atomiche» e di «oltre 2000 missili» pronti a colpire Israele e chiunque lo sostenga. Un quadro «assolutamente allarmante», oltre che confermato «in maniera inequivocabile» dal recente rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica.

Ciononostante, ragiona il ministro degli Esteri, «è fondamentale non recidere il filo del dialogo» e il governo sostiene «pienamente» i negoziati tra Stati Uniti e Iran sul nucleare, come testimoniano «le due tornate negoziali che abbiamo ospitato a Roma». Quel che è certo è che «la tensione in tutta la regione è altissima» e soprattutto è destinata a durare «diversi giorni, se non settimane». Fortunatamente «non sono state segnalate situazioni critiche» rispetto ai connazionali nella regione, circa 50mila, di quali 20mila in Israele e circa 500 residenti in Iran.

Tajani spiega che, come l’Italia, neppure Francia, Germania e Regno Unito erano stati informati preventivamente e che «nulla lasciava presagire un attacco di Israele». Tuttavia venerdì il collega della Difesa, Guido Crosetto, ha chiaramente detto che lo scenario, invece, era atteso, tanto da «non averlo sorpreso», e che il governo «se lo aspettava». Incalzato dalle opposizioni, il vicepremier replica anche su questo, spiegando che «non c’è discrepanza» tra le due versioni e provando a rifugiarsi nella semantica: «Sapevamo bene che l'attacco era imminente», ma «non avevamo notizie di un attacco immediato».

Non è però questa la contraddizione sulla quale battono le opposizioni, più attente a rilevare l’ambiguità sostanziale della posizione espressa da Tajani: «O si pensa che l'attacco israeliano sia del tutto legittimo e allora bisogna avere il coraggio di dire che Netanyahu ha fatto bene, oppure si pensa che bisogna frenare la escalation - osserva la leader dem Elly Schlein -. L'attacco militare non è la via per perseguire gli obiettivi che tutti condividiamo, ovvero lo stop al nucleare iraniano e su questo vorremmo chiarezza». Angelo Bonelli parla di una posizione «disorientante e preoccupante», che si limita a una «presa d'atto notarile» e segna la «subordinazione alle azioni di Netanyahu». Ancor più duro l’affondo di Giuseppe Conte, che chiama in causa la responsabilità diretta di Palazzo Chigi nel conflitto: «Tajani diceva che Israele non avrebbe attaccato l'Iran. Poche ore dopo Israele attacca l'Iran. Meloni e Tajani coprono e giustificano l'attacco di Netanyahu che butta benzina sul fuoco in Medioriente e poi ci raccontano che sono a lavoro per una de-escalation, per fermare la guerra in cui ci sta precipitando un Governo criminale che sta compiendo un genocidio a Gaza». Matteo Richetti di Azione parla di «un intervento da analista», che avrebbe bisogno di «maggiore chiarezza» sulla posizione dell'Italia, mentre Matteo Renzi si chiama fuori dalle polemiche bacchettando un po’ tutti per la superficialità espressa nelle valutazioni sul conflitto: «È molto difficile offrire un punto di vista serio e approfondito quando siamo al secondo giorno di guerra. Leggo tante banalità, frasi fatte, slogan. E la politica estera è per definizione una cosa complessa, non un argomento da populisti».

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