sabato 26 aprile 2025
Le storie delle 40 persone scelte per accogliere il feretro di Francesco sul sagrato di Santa Maria Maggiore
Gli ultimi che hanno accolto Francesco sul sagrato di Santa Maria Maggiore

Gli ultimi che hanno accolto Francesco sul sagrato di Santa Maria Maggiore - .

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Il feretro di papa Francesco che rende omaggio all’icona di Maria Salus Populi Romani. È l’ultimo gesto simbolico del Pontefice sulla terra. Un vero e proprio inno alla Vergine Maria, mentre i bambini posano davanti all’altare della Madonna due cesti di rose bianche. Le stesse che fino a qualche minuto prima stringevano tra le mani le persone che hanno accolto Bergoglio sul sagrato di Santa Maria Maggiore. Sono gli “scartati” dalla società a cui Francesco ha dedicato la sua vita e il suo pontificato. Ieri tutto il mondo si è accorto di loro. Erano quaranta, tra detenuti, rifugiati, poveri, transessuali, omosessuali, senza fissa dimora, Rom e separati. I loro applausi all’arrivo del feretro in piazza si aggiungono a quelli delle decine di migliaia di persone giunte fin dalla mattina presto. Tanti i ragazzi e le ragazze arrivati a Roma per partecipare al Giubileo degli adolescenti, che era programmato da tempo proprio per questi giorni.

Dopo l’ingresso in processione nella Basilica, quattordici sediari portano il Papa davanti alla cappella dell’icona mariana da lui tanto amata. Poi la bara arriva nel luogo della tumulazione: una tomba tra la Cappella Paolina e la Cappella Sforza. È il cardinale Kevin Joseph Farrell, camerlengo di Santa Romana Chiesa, a presiedere il rito. Oltre a Farrell e al maestro delle celebrazioni liturgiche monsignor Diego Ravelli, partecipano tra gli altri, anche i cardinali Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, Baldo Reina, cardinale vicario, Stanislaw Rylko, arciprete di Santa Maria Maggiore e Rolandas Makrickas, arciprete coadiutore della Basilica, Pietro Parolin, segretario di Stato e Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità.

Alcuni degli ultimi che hanno accompagnato il feretro di Francesco in Santa Maria Maggiore

Alcuni degli ultimi che hanno accompagnato il feretro di Francesco in Santa Maria Maggiore - .

Gli amici del Papa rimangono a guardare da fuori, dopo averlo omaggiato con le rose. C’è Rachel, originaria del Congo, arrivata in Italia con i corridoi umanitari. Sta affrontando una trombosi, ma non ha voluto mancare. C’è Precious, nigeriana, vittima della tratta. È partita da giovane dal suo Paese, ha attraversato il deserto ed è rimasta prigioniera nei campi di detenzione della Libia, prima di essere salvata da una Ong. Con loro c’è Brigitte. Stava per completare gli studi, quando è rimasta incinta. È stata lasciata dal compagno e ha dovuto portare avanti la gravidanza da sola.

Quando il feretro del Pontefice entra in Basilica si abbracciano, sorridono ed esclamano: «Ce la faremo, perché siamo amate da Dio e papa Francesco ci ha insegnato che non dobbiamo mai smettere di camminare». La loro commozione è contagiosa. Ad accompagnarle c’è suor Rita Giaretta, che aiuta le ragazze come loro vittime di tratta. «Mi hanno detto che il profumo delle rose era lo stesso di quello del Papa – racconta la religiosa -. Vorrebbero spargerlo in tutto il mondo, come testimonianza della sua vita».
A pochi passi da loro c’è anche il signor Giovanni, di Palermo, ospite della Comunità di Sant’Egidio. I suoi capelli ricci bianchi vengono mossi dal vento mentre aspetta che arrivi il feretro. Incontrò per la prima volta il Papa quando Francesco andò a comprarsi gli occhiali dall’ottico Spezia. Giovanni in quel momento stava chiedendo l’elemosina, quando si accorse dell’arrivo del Pontefice. Riuscì a stringergli la mano. Sempre di Sant’Egidio, c’è Antonino, che ha incontrato papa Francesco dieci volte e anche papa Benedetto XVI, diversi anni prima.

Insieme a loro, Giuseppe, Ugo e Mircea. Ex senza dimora che ora hanno una casa. Alcuni abitano in condomini protetti e convivenze solidali, altri a Palazzo Migliori, l’edificio a due passi dal colonnato di San Pietro che Bergoglio ha affidato a Sant’Egidio per accogliere le persone in difficoltà che gravitano nella zona di San Pietro. Tutti loro hanno avuto occasione, negli anni passati, di incontrare papa Francesco e lo ricordano con grande affetto. A salutare il Pontefice c’è anche un gruppo di detenuti che stanno ancora scontando la pena e hanno avuto un permesso premio per uscire. Sono accompagnati da don Marco Fibbi, cappellano coordinatore dei cappellani di Rebibbia. C’è poi una famiglia Rom, con una bambina piccola, che viene supportata dalla onlus Dorean Dote. La bimba ha soli sette anni. Mentre il Papa arriva sul sagrato ha il ciuccio in bocca. Sua mamma piange per la commozione. “La matrona”, la chiamano. Ha altri sei figli oltre a lei, che gestisce da sola. Vivono in uno stanzone in muratura in un prato nel quadrante Est di Roma. Avrebbero bisogno di un alloggio più sicuro e confortevole. La mamma è particolarmente affezionata al Papa. Qualche anno fa gli ha scritto e lui l’ha aiutata economicamente.

Carlo invece non ha mai avuto l’occasione di conoscerlo, ma non si dimenticherà mai della giornata che ha vissuto. «Potergli rendere omaggio è stato un onore – racconta di ritorno nell’Ostello Caritas in via Marsala, dove ha trovato ospitalità in questi mesi -. Al Papa chiederei di continuare a fare da lassù che quello che ha fatto durante il suo pontificato. Io sono rimasto improvvisamente senza casa e senza lavoro. Persone come ce ne sono tante. Francesco si è sempre rivolto a noi».
Anche Tamara, ragazza transessuale accompagnata da suor Costanza Mattera, non nasconde la sua emozione. Viene dall’Argentina. Fu discriminata dalla sua famiglia. «Il Papa si riteneva uno di noi – racconta -. L’ho incontrato due volte. Non dimenticherò mai un pranzo che abbiamo fatto in Vaticano. Ci ha aiutato diverse volte anche economicamente. Grazie a lui abbiamo fatto il vaccino per il Covid e il vaccino antinfluenzale. Vorrei che il prossimo Papa continuasse su questa strada. Non solo per noi, ma anche per tutte le altre persone che hanno bisogno di essere ascoltate».

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