sabato 29 luglio 2023
Viggio lungo il litorale italiano, fra stabilimenti, bar e campeggi: trovare un lido senza obbligo di sdraio e ombrellone è raro. Liguria, Emilia-Romagna, e Campania leader della sabbia a pagamento
Spiaggia libera a Marina di Pisa, in Toscana

Spiaggia libera a Marina di Pisa, in Toscana - Archivio Ansa

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Interi litorali senza un metro di spiaggia libera. Da Nord a Sud, con decine di Comuni che rasentano il 100% di riviera in concessione. Trovare un lido incontaminato è diventata un’impresa per gli italiani in vacanza. Specialmente in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge sono in mano agli stabilimenti balneari. E dove, per piantare gratuitamente il proprio ombrellone, servono passeggiate lunghe chilometri. Senza contare che, spesso, gli unici tratti inoccupati sono vicini a scarichi di fiumi, fosse o fognature inquinanti. In altre parole, non sono balneabili.

Sono ben 12.166 le concessioni per stabilimenti balneari in Italia e 1.838 quelle per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici. L’occupazione delle coste basse ha raggiunto nel 2021 il 42,8%, con picchi elevatissimi (il record appartiene al Comune di Gatteo in Romagna, che ha raggiunto il 100%).

Per non parlare poi del tema sicurezza, perchè le più pericolose restano ancora le spiagge libere, dove scarseggiano i controlli. Solo nella stagione in corso, le vittime del mare sono più di 20, di cui 7 bambini. «La carenza di bagnini è un problema nazionale – spiega Guido Ballarin, presidente dell’Associazione nazionale assistenti bagnanti -. Formiamo giovani per lavori che durano dai 2 ai 5 mesi, con rischi altissimi e salari che, in caso di incidente, non sono sufficienti neppure per coprire le spese processuali». Perciò, per sostituire i cartelli di prevenzione, si adottano spesso soluzioni al limite. Come sul litorale laziale, dove a “salvare” l’estate sono stati gli studenti dei licei sportivi, assoldati dai consorzi per vigilare sui lidi in provincia di Latina. Ma l’iniziativa rischia di saltare già dal prossimo anno, quando una legge potrebbe imporre la maggiore età per gli assistenti bagnanti.

A travolgere le coste italiane – ce lo ricordano in queste ore i numerosi incendi nel sud Italia – sono anche gli eventi climatici estremi. Legambiente, nel suo recente rapporto “Spiagge 2023”, parla dei litorali come di aree a maggior rischio idrogeologico. Con oltre il 40% delle catastrofi meteo-idro registrate su tutto il Paese dal 2010, che hanno colpito proprio i Comuni costieri. Nel dettaglio: i più frequenti sono gli allagamenti da piogge intense, cui seguono i danni da trombe d’aria e le mareggiate. Che hanno contribuito al tragico bilancio di 186 vittime lungo le coste negli ultimi 14 anni. Ma non solo. A preoccupare è anche il degrado a cui sono abbandonate le spiagge libere. «Durante l’inverno le foci portano rifiuti di plastica in mare – spiega Sebastiano Venneri, responsabile Turismo e innovazione territoriale di Legambiente -. Il fenomeno è legato anche alla presenza di abusi edilizi, scheletri abbandonati a sé stessi». Con gravi conseguenze sull’erosione dei litorali: «Nel corso di 50 anni abbiamo perso 40 milioni di metri quadrati di spiaggia – continua -. Un’estensione sulla quale potevano sorgere 13mila stabilimenti». Numeri da capogiro, che colpiscono in particolare il sud Italia: In Calabria e in Abruzzo la percentuale di costa in erosione supera il 60%, contro il 16,7% della Liguria. E, come spesso accade, l’intervento antropico non è certo risolutivo. «Con frangiflutti, dighe soffolte, barriere e pennelli – sostiene Venneri – diamo all’erosione una risposta fatta solo di massi e cemento». Sull’identità dei responsabili, Legambiente non ha dubbi: «L’incremento delle attività edilizie e la conversione dei terreni in zone turistiche – si legge nel rapporto – compromettono l’equilibrio idrogeologico dell’ecosistema costiero».

Intanto però arriva il decreto mappatura. E gli ambientalisti tirano un sospiro di sollievo: si aspettano risposte rapide: «Finalmente arriva il decreto sulla mappatura delle concessioni in Italia. Una richiesta avanzata da anni e su cui ora bisogna accelerare il passo».

In effetti, la mappatura prosegue. È dello scorso 25 luglio l’ultimo tavolo, convocato a Palazzo Chigi, fra Governo e associazioni di categoria. «È stato fatto un ulteriore passo in avanti – spiega fiducioso il coordinatore di Cna balneari, Cristiano Tomei -. Il lavoro si sta svolgendo come dettato dalla legge: È lecito aspettarsi una mappatura nella prossima riunione di settembre». Per i balneari, in Italia non mancano le spiagge libere: «Possiamo dire che c’è disponibilità di risorsa e spazio per nuove iniziative imprenditoriali», continua Tomei. Che apre anche a una gestione responsabile dei lidi: «Le nostre imprese sono già propense a garantire l’inclusività, l’accessibilità per tutti e la caratterizzazione sotto il profilo ambientale – conclude -. Preservare il nostro ambiente marino è un obiettivo che riguarda tutti».

La questione non è di poco conto. In ballo c’è l’applicazione stessa della direttiva europea “Bolkestein”, subordinata alla possibilità di dimostrare la scarsità della risorsa naturale. In altre parole, se venisse rilevata un’alta percentuale di spiagge libere in Italia, i balneari potrebbero mantenere le concessioni (attualmente in scadenza a dicembre 2024) senza che i Comuni bandiscano gare aperte. E senza, di conseguenza, subire concorrenza dall’estero. L’ultima parola spetta a Palazzo Chigi, in arrivo (forse) a stagione terminata.

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