giovedì 14 aprile 2022
La domanda a bruciapelo, di ritorno dalla stazione. «Ospito persone, non guardo alla nazionalità». Con Vita, che è mamma come lei, nasce un’amicizia
Kseniya, a sinistra, con Vita e altri profughi ucraini

Kseniya, a sinistra, con Vita e altri profughi ucraini - .

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L’accoglienza non ha bandiere, se non quella della pace. Non ci sono amici e nemici, davanti al dramma della guerra, ma solo uomini con il loro carico di fatiche. È in quest’ottica che Kseniya Forte, russa d’origine, ha aperto la sua casa di Torre de’ Picenardi, in provincia di Cremona, a due donne e due bambini ucraini in fuga dalla guerra. Un gesto da leggere nell’ottica della speranza. «Non abbiamo accolto ucraini o russi – commenta Kseniya –. Abbiamo accolto persone, che in questo momento hanno bisogno».

Quasi si stupisce della lettura che si fa della sua vicenda: una donna russa, con due figli, che accoglie una famiglia ucraina. «Quando è scoppiata la guerra ho pensato cosa era possibile fare oltre alle parole, quale gesto concreto – continua Kseniya – avrei potuto mettere in atto insieme a Leonardo e a Nicole, che hanno 9 e 13 anni. Ne abbiamo parlato e così ho deciso che potevamo ospitare, in uno spazio indipendente di casa nostra, persone che scappavano dai bombardamenti».

E così ha fatto, mettendo online la sua generosità. Il 10 marzo, il suo cellulare è squillato: dall’altra parte chiedevano aiuto. Verso sera Kseniya era già alla stazione ferroviaria di Piadena per caricare in auto Vita, una giovane mamma in arrivo dall’Ucraina, con Kirill, 2 anni, Roman, 9, e la suocera Olha, 60 anni. Non una domanda di più, solo la disponibilità ribadita. «Vi aspetto », ha detto in russo. «Vita e la sua famiglia non sapevano che io fossi russa. In auto, di ritorno dalla stazione, vedendo che parlavo russo, me lo hanno chiesto. Io sono di San Pietroburgo, è un problema?».

La risposta è stata: «Nessun problema ». È stata l’inizio di un’amicizia che si è allargata al paese intero. A Torre de’ Picenardi, infatti, con la collaborazione del parroco, don Claudio Rossi, e in piena sinergia con il sindaco Mario Bazzani, sono state accolte anche altre famiglie ucraine. «La solidarietà è davvero tanta e insieme possiamo superare difficoltà di ogni genere, comprese quelle burocratiche».

La parrocchia, in accordo con la Caritas diocesana, si è mobilitata, fornendo aiuti di ogni genere e creando una rete di supporto. Per i rifugiati è stato anche aperto un conto nei negozi, così che sia per loro più facile rifornirsi di quanto hanno bisogno, senza dover chiedere. «Non è stato semplice per loro ritrovarsi da un giorno all’altro nel bisogno. Si stanno accorgendo solo ora – chiarisce la signora russa – che non potranno rientrare a casa a breve». La speranza per ora si coltiva in una quotidianità dove Kirill gioca e suona il violino, esattamente come faceva in patria. Dopo Pasqua sarà in classe con il suo coetaneo, Leonardo, figlio di Kseniya.

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