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Due soldate israeliane al funerale della commilitona Noa Marciano rapira da hamas e trovata morta a Gaza - Reuters
Soldata o soldatessa? La lingua italiana ha ormai recepito nell'uso comune molti "femminili professionali" che terminano in -a (da architetta a assessora), ma con quelli in -essa, a parte i consolidati dottoressa e professoressa, ancora qualche incertezza rimane. Come in questo caso.
La questione è tornata in evidenza a causa delle guerra in medio Oriente: i siti web e i giornali hanno raccontato di soldate(sse) israeliane catturate, fatte ostaggio o uccise da Hamas e i titolisti hanno scelto l'una o l'altra formula, a seconda della policy aziendale (nel migliore dei casi) o dei gusti personali, con qualche caso di schizofrenia (nel sito in un modo, sul giornale cartaceo in un altro). Concordiamo sul fatto che la questione potrebbe sembrare di lana caprina, in una situazione drammatica com'è quella che il Medio Oriente, e di riflesso tutto il mondo, sta vivendo. Ma vale la pena perderci qualche minuto, se non altro perché la presenza di soldate(sse) è ormai consolidata in quasi tutti gli eserciti, da quello ucraino a quello italiano, per non parlare di quello americano dove però difficilmente alle donne viene affidato un ruolo di prima linea combattente.
In realtà i dizionari non sempre danno una risposta definitiva alla questione: sapere.it (De Agostini) alla voce soldato dice: «Il femminile regolare di soldato è soldata, e così si può chiamare una donna che eserciti il mestiere di soldato. È in uso anche soldatessa, che però può avere un tono scherzoso o valore spregiativo, come tradizionalmente hanno avuto in italiano molti nomi femminili in -essa. Alcuni preferiscono poi chiamare anche una donna soldato, al maschile. Si tratta di una scelta che non ha basi linguistiche, ma sociologiche, e che comunque può creare, nel discorso, qualche problema per le concordanze».
Secondo lo Zingarelli "soldatessa" è la forma più diffusa e "soldata" per ora è indicato come più raro, mentre per la Treccani online, il femminile di soldato è soldata, sebbene non comune oppure soldatessa, «anche scherzoso o spregiativo»).
La socio-linguista Vera Gheno ad Avvenire dice: «Dal punto di vista linguistico e di attenzione all'equità di genere "soldata" sarebbe la forma preferibile, perché la regola è che il suffisso -essa non serve, deforma inutilmente la parola: così come sindaco/a, anche soldato/a. Il suffisso -essa entra nell'uso in un momento in cui c'era il bisogno di sottolineare molto l'alterità femminile e poi spesso veniva usato in maniera sarcastica. All'inizio del Novecento c'era anche "atletessa" e "deputatessa", per esempio, ma per fortuna queste espressioni non si sono consolidate. Di solito i linguisti consigliano di non toccare i termini femminili che sono già entrati nell'uso e sono già strutturati. Ma soldatessa non è così comune e quindi lo si può ancora eradicare».
Ognuno fa per sé, quindi? «Fino a un certo punto - risponde Vera Gheno -. Il suffisso -essa è più diffuso perché più diffuso il maschilismo e in una visione androcentrica della società e della lingua si è sentito il bisogno di marcare come "strano" il femminile. I suffissi zero (o/a) invece mettono sullo stesso piano il maschile e il femminile. Il mio suggerimento è preferire i suffissi zero, quelli che non deformano la parola. Quindi io sarei per scegliere soldata».