martedì 12 novembre 2013
​Riconducibili a Luigi Tancredi 33 siti per il gioco illegale. Gli investigatori: «Indispensabile cerniera tra gli interessi della criminalità organizzata e il mondo della tecnologia informatica». Ben tre arresti in meno di un anno (di Antonio Maria MIra)
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S​equestrati beni per 15 milioni di euro, tra i quali una grande sala giochi a Roma, inaugurata meno di un anno fa, un gruppo societario che gestiva circa 800 new slot in tutt’Italia, più di 100 conti correnti e depositi bancari. Tutti riconducibili all’imprenditore dell’azzardo Luigi Tancredi, già finito in altre tre inchieste, tra il 2012 e il 2013, sugli affari della ’ndrangheta e del clan camorrista dei "casalesi" su slot e scommesse. Ecco in sintesi i risultati dell’operazione "Curaçao" condotta dallo Scico e dal Nucleo Speciale frodi tecnologiche del Comando reparti speciali della Guardia di Finanza, col coordinamento della Dda di Roma.

Un’inchiesta partita dall’individuazione, in collaborazione con l’Agenzia delle doganale e i Monopoli di Stato, di 33 siti di gioco online illegale (ora tutti bloccati) collocati su server in Florida, Romania e Isola dei Caraibi. E Tancredi, spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle, «è molto conosciuto in campo nazionale e internazionale per la capacità di realizzare "chiavi in mano", risorse web dedicate al gioco online», in particolare nei "paradisi fiscali" dei paesi caraibici. Inoltre, sono sempre le analisi degli specialisti della Finanza, «è risultato essere indispensabile cerniera tra gli interessi della criminalità organizzata e il mondo della tecnologia informatica». Tancredi risulta in contatto, e in affari, con Nicola Femia detto "Rocco", della cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica (Rc) e con Nicola Schiavone, il figlio maggiore di Francesco "Sandokan", indiscusso capo dei "casalesi". Entrambi con interessi nel gioco anche in Emilia Romagna. «Una figura – spiega il colonnello Alberto Reda, comandante del Nucleo frodi tecnologiche – che conferma la convivenza tra gioco legale e illegale».Lo schema del "gruppo Tancredi" ricostruito dagli investigatori è da vera holding: decine di siti online, società collegate come scatole cinesi, piattaforme, domini, ma anche società molto reali come la "Cinque punto cinque" che gestisce la grande sala giochi romana "ItalyQube" che (vedi box) cercava di attirare esplicitamente anche i disoccupati.Insomma, si legge nelle carte del provvedimento di ieri, «gravi indizi di colpevolezza attestano la sussistenza a carico del Tancredi di concreti elementi di fatto da cui desumere la sua pericolosità... emergendo trattarsi di soggetto abitualmente dedito a traffici delittuosi dai quali ottiene importanti profitti, nonché soggetto a carico del quale sussistono indizi di appartenenza a sodalizio mafioso». Ben tre gli arresti in meno di un anno: il 12 dicembre 2012 operazione "Black monkey" della procura di Bologna per gli affari con Femia; il 31 maggio di quest’anno operazione "Rischiatutto" della Dda di Napoli sul controllo dell’azzardo in società con ’ndargheta e "casalesi" nel Modenese; il 17 luglio operazione "Game over" della Dda di Potenza, sia sulle slot che sul poker online. Infine nell’inchiesta della procura di Roma sul tentato omicidio di Paolo Marcoccia, gestore della sala giochi "Il Cinque", nel corso di una perquisizione nei locali della società del Tancredi è stata trovata della documentazione «che induce a ipotizzare l’esistenza di una contabilità parallela legale e illegale». In una cartella le carte contrassegnate col logo "Gioco sicuro" dei Monopoli, in un faldone invece la contabilità del sistema illegale. Oltre a un’altra cartellina, intestata proprio al boss Femia, contenente le copie di 11 assegni per oltre 21mila euro e gli estremi di un conto bancario a Francoforte con la scritta a penna "X Gino da Rocco": cioè Luigi Tancredi e Nicola Femia. L’ennesima conferma della "convivenza" tra gioco legale e illegale.

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