sabato 3 luglio 2021
Dal carcere preventivo alla separazione delle carriere tra pm e giudici: partita la caccia alle 500mila firme necessarie per presentare i sei quesiti
Il Tribunale di Milano

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Sei domande ai cittadini per arrivare a una «giustizia giusta». Sono i quesiti referendari promossi dal Partito radicale e dalla Lega, per i quali è partita ieri la raccolta delle firme. L’iniziativa, messa in campo dal partito pannelliano che dei referendum è stato da sempre alfiere, ha visto convergere il Carroccio. Che ora porta in dotazione la sua potenza di fuoco sul territorio per arrivare all’obiettivo delle 500mila sottoscrizioni. In questo week end saranno 1.200 le piazze coinvolte in tutta Italia (oggi anche a Monaco di Baviera), 500 delle quali nella sola Lombardia. I referendum «provano a fare tramite iniziativa popolare, ciò che non è riuscito a fare il parlamento in 30 anni», ha detto ieri Matteo Salvini.

Sullo sfondo ci sono le vicende che hanno agitato il mondo della toghe, primo fra tutti il "caso Palamara". E soprattutto è in corso il tentativo, promosso dal ministro della Giustizia Marta Cartabia, di arrivare a una riforma complessiva del settore, sia del penale che del civile, passando per la riforma dell’organo di governo autonomo della magistratura. In discontinuità con la riforma promossa dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, del M5s. Con il capitolo più divisivo, quello della prescrizione, su cui i referendum però non entrano.

Il rischio di fibrillazioni nella maggioranza è perciò concreto. In particolare a dividerla profondamente sono alcuni dei temi oggetto del referendum: la riforma del Csm, la responsabilità civile diretta delle toghe e la separazione della carriere, la legge Severino. E dal punto di vista politico la questione è intricata. Salvini, scettico sul poter arrivare a una riforma insieme a Grillo e soci, ha dunque imboccato il sentiero referendario. Nel quale ha portato con sé Forza Italia e i centristi del centrodestra. Non ha invece convinto del tutto Fratelli d’Italia, che appoggerà sì i referendum, ma non ne condivide due: quello sui limiti alla custodia cautelare e quello sull’abolizione di parte della legge Severino. «I referendum saranno un aiuto al ministro Cartabia e al Governo per chiedere di accelerare», ha assicurato ieri Salvini. C’è poi il capitolo dell’informazione in vista di una decisione consapevole, altro tema caro ai radicali. Per questo ieri una delegazione guidata dal segretario Maurizio Turco si è recata dal Garante per le Comunicazioni Giacomo Lasorella, per esprimergli le proprie ragioni sull’applicazione dei princìpi in materia.

Le firme andranno depositate entro il 30 settembre presso l’ufficio competente della Cassazione, che le vaglierà. Dato l’ok, la Corte Costituzionale esaminerà la legittimità dei quesiti. Ottenuto il quale partirà l’iter per convocare le urne, di solito in una domenica tra 15 aprile e 15 giugno.

QUESITO 1 Candidature al Csm, via il vincolo delle firme

Attualmente un magistrato che voglia candidarsi al Consiglio superiore della magistratura deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme. «Ciò significa - lamentano i promotori - che per poter presentare la propria candidatura deve ottenere l’appoggio di una delle correnti interne». Il quesito referendario mira, dunque, ad abrogare il vincolo delle firme, contenuto nella legge 195 del 1958, (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), e permettere così a tutti i magistrati di candidarsi, senza dover sottostare al condizionamento delle correnti. Sul meccanismo elettorale vigente (collegio unico nazionale e voti di preferenza), che non viene toccato dal referendum, sono all’esame del Parlamento diverse proposte di modifica. La Commissione Luciani nominata dal governo ha proposto, ad esempio, il voto singolo trasferibile.

QUESITO 2 Responsabilità civile, rivalsa diretta sulle toghe

Il quesito punta ad abrogare parti della legge 117 del 13 aprile 1988 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati) e successive modifiche. Normativa che venne introdotta subito dopo la vittoria, con l’80% dei voti, del referendum radicale del 1987. L’obiettivo, spiegano i promotori, è di «ridurre la specialità della disciplina della responsabilità dei magistrati, permettendo al cittadino leso nei propri diritti dalla condotta del magistrato di poterlo chiamare in giudizio direttamente». Mentre oggi ci si può rivalere contro lo Stato che successivamente può fare lo stesso verso la toga. Fatto che non avviene quasi mai. La tesi di partenza è che al «grande potere di cui gode la magistratura in Italia non corrisponde un adeguato obbligo per i propri membri di rendere conto delle eventuali decisioni sbagliate assunte».

QUESITO 3 nella valutazione professionale dei magistrati dare più spazio alla componente non togata

Questo quesito interviene sul decreto legislativo numero 25 del 2006, che istituisce - secondo la legge 150 del 2005 - il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e rinnova la disciplina dei Consigli giudiziari. Sono gli organi dove si valuta anche la professionalità dei magistrati. L’obiettivo è di superare l’attuale situazione che, secondo i proponenti, quando si tratta di discutere o valutare lo status dei magistrati, vede «esclusa dalle discussioni e dalle votazioni su questi temi la componente minoritaria "non togata" (avvocati e professori universitari). L’abrogazione consentirebbe, dunque, anche a tale componente di esprimersi sulla qualità del lavoro dei magistrati, «superando il principio della giustizia solo interna alla magistratura». Il quesito si sovrappone a varie iniziative di riforma, compresa quella del governo.

QUESITO 4 Separazione delle carriere tra pm e giudici per promuovere "sano antagonismo tra poteri"

Il quesito sulla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente è il più lungo e articolato. La richiesta di abrogazione di parti di testi legislativi sulla materia rileva come presupposto che nel corso della loro carriera i magistrati «passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa». Questa «contiguità tra il pubblico ministero e il giudice rischia di creare uno spirito corporativo» e di «compromettere un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico». Il quesito punta a «stabilire che il magistrato, una volta scelta la funzione giudicante o requirente all’inizio della carriera, non possa più passare all’altra». L’Associazione magistrati ha sempre difeso, invece, l’unità delle carriere come garanzia di indipendenza della giurisdizione.

QUESITO 5 Carcere preventivo, limiti alla possibilità di usarlo

La custodia cautelare, vale a dire la detenzione in carcere prima della sentenza di condanna, secondo Lega e radicali, si è trasformato negli anni «da misura con funzione prettamente cautelare a vera e propria forma anticipatoria della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza». Il quesito, dunque, tende a «limitare la possibilità di ricorrere alla carcerazione preventiva prima dell’emanazione di una sentenza definitiva di condanna». E lo fa chiedendo l’abrogazione di un articolo del testo del decreto del presidente della Repubblica numero 447 del 1988, (Approvazione del Codice di procedura penale), come risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate. Delle tre circostanze per cui si ricorre alla custodia cautelare (inquinamento delle prove, pericolo di fuga e reiterazione del reato) il quesito interviene solo sulla terza.

QUESITO 6 Condannati incandidabili, si vuole abrogare la norma

Il decreto legislativo 235 del 2012 (la cosiddetta legge Severino) prevede che in caso di condanna per alcune specifiche ipotesi di reato sia applicata automaticamente la sanzione accessoria dell’incandidabilità alla carica di parlamentare, consigliere e governatore regionale, sindaco e amministratore locale. Il quesito referendario che ne chiede l’abrogazione intende «abolire l’automatismo per quanto riguarda i termini di incandidabilità, ineleggibilità e decadenza, lasciando al giudice la decisione, caso per caso, se comminare, oltre alla sanzione penale, anche la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e per quanto tempo». Secondo alcuni cosituzionalisti potrebbero esserci dei problemi di legittimità in quanto la norma recepisce disposizioni anticorruzione di livello sovranazionale.


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