sabato 12 settembre 2009
È l’argomento «fantasma» tra i temi di cui si parla in queste settimane. «Eppure non siamo in classe solo per trasmettere nozioni» spiega Foschi di Diesse. «La sfida è motivare i nostri ragazzi» aggiunge Sciolla dell’Uciim. «Dobbiamo crescere come professionisti» dice Prioreschi dell’Aimc
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Un fantasma si aggira per la scuola italiana: l’educazione. O meglio il rapporto educativo, cioè quel rapporto tra docente e studente, che è il cuore dell’educazione. Mentre fiumi d’inchiostro si consumano per analizzare l’ultima riforma in ordine di tempo, o la controversa norma burocratica che introduce una novità, o per impostare l’immancabile rivendicazione sindacale - temi degnissimi, per carità -, poco o nulla si scrive o si dice a proposito di quel «fantasma».  quando, a partire da lunedì mattina, gli insegnanti chiuderanno le porte delle loro classi per cominciare la prima lezione, dovranno fare i conti con il «pane quotidiano» della giornata scolastica: il rapporto educativo. Un rapporto «nel quale il docente è chiamato ad affermare il senso delle cose che dice e che fa» sottolinea Fabrizio Foschi, presidente nazionale dell’Associazione professionale dei docenti Diesse (vicina alla Cdo). Non si tratta, dunque, della «semplice trasmissione di nozioni», bensì di «azione di educazione e di apprendimento». Insomma un vero rapporto educativo non si esaurisce con il passaggio di nozioni o informazioni nelle singole materie, ma significa «offrire allo studente anche un metodo di approccio alla realtà attraverso le materie stesse», aggiunge Foschi. È quello che gli esperti definiscono «discipline», che non è affatto sinonimo di «materie scolastiche», ma di un metodo di approccio alla realtà.Un obiettivo piuttosto complesso, ammettono gli stessi insegnanti. «Quando un docente entra in classe – commenta Maria Teresa Lupidi Sciolla, presidente nazionale dell’Uciim, l’associazione professionale cattolica degli insegnanti – si impegna perchè si possa instaurare un’ottima relazione con gli studenti. Una relazione educativa che passa inevitabilmente anche e soprattutto dalla capacità del docente stesso di essere motivato e coinvolto in ciò che fa. Soltanto in questo modo potrà coinvolgere e motivare gli studenti, che sono i coprotagonisti dell’azione educativa». E l’avere docenti «motivati e coinvolgenti» è quanto mai necessario in un passaggio epocale nel quale «i ragazzi arrivano a scuola pensando che quest’ultima non abbia niente da dire loro, perché le cose che a loro servono le hanno già apprese attraverso altri strumenti - si pensi Internet - o dalla cultura giovanile nella quale vivono». Dalle aule scolastiche, aggiunge il presidente di Diesse, «è impossibile tenere fuori il mondo nel quale i ragazzi vivono e che sentono sulla propria pelle. Se la scuola fa perno sul docente, quest’ultimo deve accogliere le sfide del proprio tempo e non può ignorare quanto i ragazzi vivono». Ecco la sfida che attende ogni giorno i docenti desiderosi di dare vita a un rapporto educativo vero.Un impegno non facile, così come «non lo è tenere fuori dalla porta della propria classe tutte le situazioni di tensione o di disagio che si vivono nella scuola» confessa Mariangela Prioreschi, presidente nazionale dell’Associazione italiana maestri cattolici (Aimc). «Dentro alla classe, un professionista dell’educazione – prosegue – deve portare con sé il senso profondo della propria azione educativa, cioè una professionalità finalizzata ad aiutare i ragazzi, che gli sono affidati, a diventare autonomi, responsabili e capaci di muoversi nel mondo. Anche per questo il docente deve avere sempre stima del ragazzo che ha davanti, perché non siamo in una posizione di potere, ma di servizio. Infine non deve mai dimenticare di essere parte di una comunità più ampia», cioè la scuola intesa come comunità di docenti. Una comunità di docenti, precisa la presidente dell’Aimc, che «deve recuperare la propria autostima e non attendersi che altri - la società, le famiglie, la stessa amministrazione - gliela riconoscano».Un ruolo tutt’altro che marginale in questo contesto lo svolgono le associazioni professionali dei docenti, sicuramente più attente agli aspetti dell’azione educativa. «La formazione dei docenti è per noi un punto cardine» dicono all’unisono i rappresentanti delle associazioni. «A fine ottobre – spiega Foschi di Diesse – abbiamo organizzato un convegno nazionale dal titolo "Le botteghe dell’insegnare", nel quale docenti più esperti e con una lunga carriera alle spalle aiuteranno i colleghi più giovani nell’affrontare l’azione educativa delle discipline». E il tema "Per educare a vivere" è l’argomento scelto dall’Aimc, che nel gennaio 2010 terrà il proprio XIX congresso nazionale. «Un titolo – commenta la presidente Prioreschi – che vuole cogliere l’obiettivo prioritario del nostro agire professionale. L’educazione nella sua globalità e non frazionata nelle varie materie». La formazione dei docenti sarà anche al centro dei lavori del congresso nazionale dell’Uciim, che si svolgerà a dicembre, annuncia la presidente Lupidi Sciolla.Intanto da lunedì per quasi 700mila docenti ricomincia l’avventura dell’educare. È la sfida quotidiana con la quale sono chiamati a misurarsi, tra le mille difficoltà di una scuola dove i problemi strutturali e organizzativi non mancano. Ma nessun problema può diventare un alibi per evitare di cimentarsi con quella sfida.
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