giovedì 22 giugno 2017
Il brano è abbastanza accessibile linguisticamente. Anche per il contenuto il brano propone un pensiero molto chiaro. E l'autore dovrebbe essere familiare ai maturandi
Un busto che rappresenta lo scrittore Lucio Anneo Seneca (I secolo d.C.)

Un busto che rappresenta lo scrittore Lucio Anneo Seneca (I secolo d.C.)

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Il brano sottoposto ai maturandi del Liceo Classico è tratto dalle Epistulae morales ad Lucilium (16, 3-5) di Seneca. Il brano è abbastanza accessibile linguisticamente, senza difficoltà insuperabili né sotto il profilo lessicale né nella sintassi. Anche per il contenuto il brano propone un pensiero molto chiaro. Oltretutto Seneca dovrebbe essere autore familiare ai maturandi, che sicuramente hanno incontrato e tradotto passaggi di questo autore più volte nel corso degli studi liceali.

L'originale di Seneca

Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum; non in verbis sed in rebus est. Nec in hoc adhibetur, ut cum aliqua oblectatione consumatur dies, ut dematur otio nausia: animum format et fabricat, vitam disponit, actiones regit, agenda et omittenda demonstrat, sedet ad gubernaculum et per ancipitia fluctuantium derigit cursum. Sine hac nemo intrepide potest vivere, nemo secure; numerabilia accidunt singulis horis quae consilium exigant, quod ab hac petendum est.

Dicet aliquis, 'quid mihi prodest philosophia, si fatum est? quid prodest, si deus rector est? quid prodest, si casus imperat? Nam et mutari certa non possunt et nihil praeparari potest adversus incerta, sed aut consilium meum occupavit deus decrevitque quid facerem, aut consilio meo nihil fortuna permittit.'

Quidquid est ex his, Lucili, vel si omnia haec sunt, philosophandum est; sive nos inexorabili lege fata constringunt, sive arbiter deus universi cuncta disposuit, sive casus res humanas sine ordine inpellit et iactat, philosophia nos tueri debet. Haec adhortabitur ut deo libenter pareamus, ut fortunae contumaciter; haec docebit ut deum sequaris, feras casum.

E la nostra traduzione: «Il valore della filosofia»

La filosofia non è un’invenzione popolare né destinata all’ostentazione: non consiste di parole, ma di fatti. E non viene usata per trascorrere la giornata con un qualche godimento, per eliminare la nausea dell’ozio: plasma l’anima e la realizza, dispone la vita, guida l’agire, indica ciò che si deve fare e tralasciare, siede alla guida e dirige la navigazione in mezzo alla mutabilità degli ondeggiamenti. Senza di questa nessuno potrebbe vivere coraggiosamente, nessuno senza pensieri; a ogni ora succedono innumerevoli avvenimenti che esigono una decisione che dobbiamo chiedere ad essa.

Qualcuno dirà: “A che cosa mi serve la filosofia, se esiste il fato? a che cosa mi serve, se c’è un Dio che governa? A che cosa mi serve, se è il caso a dominare? Infatti non si possono cambiare gli avvenimenti certi e nulla si può predisporre contro quelli incerti, ma o un Dio ha anticipato la mia decisione e ha stabilito che cosa dovevo fare oppure la sorte non lascia spazio alla mia decisione”.

Qualunque sia l’ipotesi valida fra queste, o Lucilio, o anche se fossero valide tutte insieme, si deve osservare la filosofia; sia che i fati ci tengano stretti con una legge inflessibile, sia che un Dio signore dell’universo abbia disposto ogni cosa, sia che il caso spinga e agiti le vicende umane senza ordine, la filosofia deve tutelarci. Essa ci esorterà a ubbidire a Dio volentieri, alla sorte con fierezza; essa ti insegnerà a seguire Dio, a tollerare il caso.

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