mercoledì 26 novembre 2008
A chi lo accusa replica: «Sono del Partito di Veltroni, presidente di garanzia e rappresento l’opposizione».
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Macchine avanti. «Io continuo sulla mia linea: ho il massimo rispetto per le considerazioni e le valutazioni del mio partito. Il mio principale impegno è lavorare perché questa situazione possa essere superata e la commissione possa operare. Per me è un obiettivo importante». Riccardo Villari ha fatto partire il motore della Commissione di vigilanza, deciso a resistere alle pressioni del partito in cui è stato eletto. «È stato un buon inizio». E che non abbia alcuna intenzione di dimettersi lo si comprende da una dichiarazione rilasciata prima della riunione dell'Ufficio di presidenza: «Io sono un presidente di garanzia, un rappresentante di opposizione e un componente del Pd». Tre affermazioni che rispondono seccamente alle ragioni per le quali Pd, Udc e Idv chiedono le sue dimissioni: il fatto che non rappresenti solo se stesso, che alla presidenza della Vigilanza non ci sia un rappresentante dell'opposizione e che, pertanto, non sia un presidente di garanzia. Il tutto ribadendo la volontà di restare nel Pd, nonostante la decisione del gruppo di Palazzo Madama di estrometterlo. Parole alle quali sono seguiti fatti concreti. Anche al di fuori della Vigilanza. Finita la riunione, Villari, incredibilmente inseguito da giornalisti e telecamere come fosse un capo di Stato, non ha risposto alle tante domande e si è recato a passo di corsa in aula al Senato, dove ha partecipato ai lavori regolarmente seduto al suo posto fra i banchi del Pd. Pragmatico anche l'Ufficio di presidenza. Sebbene non abbiano partecipato i rappresentanti del Pd e dell'Idv e il rappresentante dell'Udc sia andato solo allo scopo di chiedere le dimissioni del presidente, sono state prese decisioni concrete. È stato varato il regolamento per garantire la par condicio della Rai per le elezioni in Abruzzo. È stata indicata una scaletta di impegni così densa che, se non è stata messa lì a bella posta (magari per condurre il Pd, o altri, a stringere patti sulle nomine in Rai), testimonia di un Villari pienamente calato nel personaggio. L'ufficio di presidenza, ha detto, «ha condiviso l'idea che si vada avanti. La prossima settimana convocheremo la plenaria della Commissione». Pensa di fare sul serio anche per il rinnovo del Cda della Rai? La risposta sconfina volutamente nell'indeterminato: «Su questo non penso nulla. Deve essere un percorso condiviso, da parte di tutti. Conto di poterci arrivare». Più obiettivo, anche se in confidenza, uno dei componenti dell'Ufficio di presidenza: «Il Cda Rai in queste condizioni è impossibile farlo». Resta la scaletta delle priorità: definizione degli spazi che la Rai deve dedicare ai programmi dell'accesso; audizioni di dirigenti, direttori di reti, gr e tg riguardo alle polemiche su come la Rai tratta i temi della sicurezza; dare corso alle interpellanze rimaste inevase. Dulcis in fundo l'elezione del Consigli di amministrazione Rai, che è scaduto da maggio e opera a ranghi ridotti per la morte di Sandro Curzi e l'elezione in Parlamento di Gennaro Malgeri. Elezione che però deve essere condivisa, perché per decidere sul presidente serve la maggioranza dei due terzi. Intanto l'assemblea degli azionisti Rai, convocata ieri per la ratifica del nuovo Cda, si è aggiornata al 4 dicembre. Il Pd rimane convinto che debba essere il Pdl a sciogliere il nodo. Villari «è un abusivo occupatore di un ruolo che nessuno gli ha dato», ha detto il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro. Per Roberto Rao dell'Udc «questa telenovela è durata anche troppo. Riuniremo gli organi di partito per decidere quale iniziativa intraprendere». Il capogruppo del Pd in Vigilanza Fabrizio Morri prende atto: «Il centrodestra ha cancellato la prassi che voleva un presidente della Vigilanza indicato dall'opposizione». A chi nell'Idv parla di complotto di Berlusconi, il sottosegretario Paolo Bonaiuti risponde che la vicenda va «lasciata nell'alveo del parlamento». In questo senso il capogruppo del Pdl in Vigilanza, Alessio Butti, ha ricordato a Villari l'appello alle dimissioni venuto dai presidenti delle Camere. Il candidato "condiviso", Sergio Zavoli, resta in attesa: «Non parlo finché non sarà tutto concluso».
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