martedì 23 luglio 2019
Secondo i governatori di Lombardia e Veneto l’autonomia finanziaria è fondamentale: i risparmi di spesa devono restare a chi li ha conseguiti
Poteri e risorse alle regioni, ecco i punti dello scontro
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Superato lo scoglio della regionalizzazione della scuola, che dopo lo stop del premier Giuseppe Conte e del M5s resta fuori dal perimetro dell’autonomia differenziata, è sulla ripartizione delle risorse assicurate alle Regioni che si incentra lo scontro sulla riforma che dovrebbe decentralizzare le competenze su molte materie. I detrattori del progetto – una delle principali mine sulla strada del governo – temono che inevitabilmente saranno Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna ad av- vantaggiarsi del nuovo assetto a discapito delle Regioni meridionali e di quelle, come il Lazio, con spese comparativamente più alte.

I governatori interessati, in particolare il veneto Luca Zaia e il lombardo Attilio Fontana, entrambi leghisti, negano ricadute negative del loro progetto mentre rivendicano il principio dell’autonomia finanziaria: in sostanza, dicono, gli eventuali risparmi di spesa dovranno andare a vantaggio di chi li ha conseguiti. Il rischio di una penalizzazione delle regioni meno prospere viene tuttavia considerato anche dai tecnici della Presidenza del Consiglio.

Le risorse
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno oggi la spesa pro-capite più bassa. Nelle bozze d’intesa fra Stato e Regioni è previsto che le risorse per finanziare le "nuove" funzioni regionali non arrivino da un trasferimento di fondi dallo Stato, ma dalla cessione di una quota (due decimi?) di una tassa, probabilmente l’Iva. Se il gettito aumenterà, a chi andranno le risorse aggiuntive?

Il dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi in un documento del mese scorso avverte che l’applicazione del criterio della «media nazionale» nella determinazione dei trasferimenti potrebbe provocare «un ingiustificato spostamento di risorse» verso le tre Regioni in assenza di una legge che stabilisca nuovi criteri. La proposta dei governatori prevede infatti che venga abbandonando il criterio della spesa storica. Entro tre anni un apposito comitato governo- regioni dovrà individuare i famosi costi standard per le diverse spese pubbliche. Se ciò non accadrà il criterio di ripartizione diventerà appunto quello della media nazionale pro-capite.

La spesa totale
Se si guarda però alla spesa complessiva del sistema conti pubblici territoriali (comprensivi di tutti i livelli della Pa e di tutti gli enti e le aziende pubbliche) il Sud riceve meno, sempre in termini pro-capite, del centro-nord. Al primo posto c’è la Valle d’Aosta, il Lazio è la prima delle regioni a statuto ordinario, la Campania l’ultima.

E dal momento che oggi le tre Regioni interessate hanno costi inferiori agli altri, potranno intascare un 'dividendo' calcolato in quasi 3 miliardi di euro. Risorse da sottrarre alle altre Regioni se la riforma dovrà essere (come chiede il Tesoro) neutra per lo Stato sul piano finanziario, oppure ripianate dal bilancio centrale. Un altro scoglio è rappresentato dall’extra gettito fiscale.


La media nazionale
Il progetto di autonomia differenziata prevede che entro tre anni il criterio di fissazione delle risorse per i diversi capitoli diventi (se non saranno individuati i costi standard) quello della spesa media nazionale. Lombardia, Venete ed Emilia stanno sotto la media e avrebbero così un vantaggio di circa 3 miliardi. Un documento di Palazzo ChÀigi paventa un «ingiustificato spostamento di risorse».

La devoluzione dei poteri prevede infatti la parallela cessione alla Regioni di una quota di un tassa, come l’Iva o l’Irpef, per finanziare i diversi servizi ed erogazioni. Ma se il gettito di quella tassa aumenterà in futuro a chi andrà la differenza? Resterà alle tre regioni, come chiedono i governatori, o sarà redistribuito tra tutti attraverso un fondo di perequazione? Questioni che riflettono diverse filosofie di fondo. Lombardia, Veneto ed Emilia vogliono godere dei frutti della loro maggiore efficienza amministrativa.

Il punto di partenza di questa impostazione è che la spesa pubblica oggi sia squilibrata: a livello pro capite avvantaggia il Centro Sud e sfavorisce le tre Regioni trainanti per l’economia del Paese. Ma è davvero così? Dipende dai dati utilizzati, spiegavano nelle scorse settimane due economisti (Luca Bianchi e Carmelo Petraglia) su lavoce. info. In base alle cifre della Ragioneria generale sulla spesa regionalizzata, Lombardia, Veneto ed Emilia si collocano in effetti ai tre gradini più bassi. Ma se si tiene conto dei flussi di spesa dei diversi livelli di governo della Pa e di tutti gli enti e le aziende pubbliche nazionali e locali, la classifica cambia e vede il Meridione ricevere meno del centro-nord.

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