venerdì 27 dicembre 2019
La scarsità dei fondi stanziati per istruzione e ricerca dietro l'addio di Fioramonti: ecco le reazioni degli operatori
La foto della scrivania vuota postata su Facebook dall'ex ministro Fioramonti

La foto della scrivania vuota postata su Facebook dall'ex ministro Fioramonti - Ansa da Facebook

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E adesso? Dopo le dimissioni del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, è questa la domanda che ricorre nel mondo della scuola. Dai sindacati, ai presidi agli stessi studenti, tutti si interrogano sulle conseguenze concrete che il gesto del ministro potrà avere sul già sufficientemente precario universo dell’istruzione.

«Questo gesto rende evidente la scarsa considerazione della politica per la scuola», tuona il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. «L’istruzione – prosegue il capo dei dirigenti scolastici – deve essere riconosciuta dalla politica quale settore fondamentale del nostro Paese e, pertanto, ha bisogno di una visione chiara e di ingenti investimenti». Stanziamenti che, invece, non sono arrivati nemmeno con quest’ultima legge di bilancio, portando Fioramonti a firmare la dimissioni. Aprendo quella che la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, definisce «una fase estremamente rischiosa». Soprattutto per i «troppi punti ancora scoperti» sia a livello centrale che periferico. Una situazione che, a detta del sindacato, «accentua squilibri e spinte centrifughe », alimentando anche «le suggestioni di un esasperato regionalismo».

Preoccupazione è espressa anche dagli studenti di Link, che giudicano le dimissioni un «segnale forte» alla politica, mentre il segretario generale della Filc-Cgil, Francesco Sinopoli, ricorda che «spetta ora al Presidente del Consiglio chiarire la posizione del governo in materia di risorse per l’istruzione e la ricerca. Altrimenti – aggiunge Sinopoli – il rischio è che qualunque ministro seguirà, non potrà fare a meno di seguire le orme di Fioramonti».

Che, con la scelta di lasciare il Miur, ha gettato la «scuola nel caos», si legge in un comunicato della rivista specializzata Tuttoscuola. Che elenca i tanti fronti ancora aperti, che le dimissioni rischiano di aggravare ulteriormente: dai regolamenti dei concorsi per i dirigenti scolastici, al concorso per insegnanti di religione, il primo da quindici anni in qua. E ancora, sono a rischio le 48mila assunzioni previste dai concorsi ordinario e straordinario e il decreto, tanto atteso dai dirigenti, per la nuova regolamentazione della sicurezza nelle scuole. «Le dimissioni di Fioramonti – scrive Tuttoscuola – certificano, ancora una volta, che all’istruzione e alla formazione è stato assegnato un ruolo di Cenerentola. Inoltre, questa è la conferma della totale assenza di una visione strategica sul modello educativo che vogliamo, se non oggi, tra 10 o 20 anni. Di questo passo – conclude la nota – non ci si può lamentare se il 30 per cento degli italiani è analfabeta funzionale (addirittura il doppio della media europea) o se il 35% degli alunni di terza media non è in grado di comprendere un testo in italiano. Andrà sempre peggio».

Perché si è dimesso il ministro Fioramonti?

Fioramonti si è dimesso perché non ha ottenuto i 3 miliardi per la scuola, chiesti dal primo giorno da ministro. Ma quanti fondi ci sono in più nella manovra 2020? Sul piano generale, sono previsti 100 milioni (per ciascun anno dal 2020 al 2021) per messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici, mentre 40 milioni sono stati destinati a un piano di efficientamento energetico. Sono stati poi previsti fondi per aumentare il personale di sostegno: 12 milioni nel 2020, 54 nel 2021 e 49 dal 2022. Per formare i docenti all’inclusione sono previsti 11 milioni, ma solo per il 2020. Fino al 2022 un milione l’anno sarà contro il bullismo. Trenta milioni annui andranno al Fondo unico nazionale, mentre è ridotto (da 25 a 11 milioni) il limite di spesa per i tutor nei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. Due i milioni per l’innovazione digitale nella didattica.

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