giovedì 21 marzo 2024
Netta presa di posizione di insegnanti e genitori dell'Istituto comprensivo “Iqbal Masih”, finito del mirino del Ministero per aver deciso un giorno di chiusura per la fine del Ramadan
Mamme e bambini fuori dalla scuola di Pioltello

Mamme e bambini fuori dalla scuola di Pioltello - Ansa

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«Lasciateci fare scuola». Gli insegnanti dell’istituto “Iqbal Masih” di Pioltello, hinterland milanese, lanciano un appello che assomiglia tanto a un grido di dolore. Con la scuola finita al centro della polemica per la scelta di sospendere le lezioni il 10 aprile, in occasione della fine del Ramadan, si rivolgono direttamente al presidente Mattarella, invitandolo a visitare l’istituto scolastico. Mentre lo stesso ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che solidarizza con il preside Alessandro Fanfoni e i docenti minacciati via social, spiega le «irregolarità» riscontrate dagli ispettori nella delibera del Consiglio d'istituto che dispone la chiusura della scuola. «Il provvedimento non è stato motivato e introduce una deroga ulteriore al calendario rispetto a quanto previsto dalla Regione Lombardia che prevede un numero massimo di 3 giorni di sospensione della attività didattica a disposizione delle scuole – spiega Valditara in una nota –. Qualsiasi deroga deve inoltre rispondere ad esigenze del Piano della offerta formativa e non può essere finalizzata in qualche modo a riconoscere nuove festività, compito che non spetta alla autonomia di una scuola».

«La nostra non è una scelta politica»

La decisione di non tenere le lezioni in concomitanza con la festa di fine Ramadan, «non è una scelta politica» ma «didattica che va rispettata», puntualizzano subito i docenti in un comunicato. «Riteniamo che fare lezione con metà degli alunni in classe non sia fare lezione, che le attività proposte andrebbero comunque riprese e che sia necessario sospendere le attività didattiche nel giorno in cui quasi metà della scuola è assente», si legge nella nota degli insegnanti. A questo proposito, vale la pena ricordare che oltre il 40% dell'utenza dell'istituto di Pioltello è costituito da famiglie di religione musulmana, soprattutto arabe e pachistane, che non avrebbero, comunque, mandato i figli a scuola quel giorno. Tanto valeva, dunque, lasciare tutti a casa per permettere alle famiglie musulmane di festeggiare serenamente, magari invitando a casa qualche compagno italiano. Una «scelta di buon senso», secondo la segretaria generale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci, che difende l'operato della scuola. Non la pensano così in viale Trastevere, che, attraverso l'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, hanno appunto inviato gli ispettori.

«Ci sentiamo offesi e maltrattati»

«Come lavoratori della scuola ci sentiamo offesi e maltrattati», prosegue il comunicato degli insegnanti, che si sentono «aggrediti e non tutelati dall'ondata di odio generata anche da parte di esponenti politici». E chiedono «rispetto» per il proprio lavoro orientato a una «convivenza serena» all'interno della scuola. Un lavoro, quello di «non fare scappare gli italiani», che diventa una «sfida continua» e «comporta grandi sacrifici». Un impegno che è possibile svolgere soltanto se si «abbassano i toni» e si torna a un clima sereno nella comunità scolastica.

La vicinanza dei genitori

Sulla vicenda sono intervenuti, con un comunicato, anche i genitori componenti del Consiglio d'istituto di Pioltello, esprimendo «vicinanza e sostegno» al preside Fanfoni e al corpo docente e confermando la finalità «esclusivamente di carattere didattico», che ha sostenuto la decisione di sospendere le lezioni per Ramadan. E lunedì un Consiglio di istituto straordinario dovrà decidere se confermare la decisione di chiudere il 10 aprile o annullare la delibera, secondo “l'invito” arrivato dal Ministero. «Si è trattato di una scelta nel rispetto della continuità didattica, non di aderire ad una festa religiosa - sottolineato Mirko Dichio, membro del CdI e anche assessore ai Servizi Sociali di Pioltello. La decisione, ricorda. è stata motivata «dalla necessità di ottemperare alla continuità didattica, perché se la metà degli alunni di una classe è assente, un docente avveduto non prosegue le lezioni con gli studenti presenti. Inoltre - aggiunge Dichio - per rispettare i 200 giorni di lezione, abbiamo iniziato l'anno scolastico un giorno prima». «L'autonomia scolastica prevede tre, quattro giorni - prosegue Dichio - tenendo conto della specificità del territorio e della continuità didattica. Su queste basi il Collegio docenti ha presentato la proposta e il Consiglio di istituto l'ha approvata all'unanimità». Si tratta, dunque, «di una scelta di buonsenso e civiltà, tenendo conto della specificità della scuola». «La celerità con cui gli ispettori sono arrivati nel nostro istituto, a fronte di anni di sofferenze della scuola per la mancanza di docenti, mi spaventa», conclude il genitore.

La vicepreside di appella a Mattarella

Direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è appellata, infine, la vicepreside Maria Rendani, nominata due anni fa proprio dal Capo dello Stato Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica. «Chiedo a Mattarella di intervenire, di venire a Pioltello a sostenerci - è l'appello della docente, premiata per il suo lavoro in classe nel periodo del Covid - perché ci sentiamo soli. Lui è l'unico che può scrivere la parola fine in questa triste storia. Come posso ritrovare la forza e il coraggio di insegnare ai miei alunni che lo Stato italiano difende i cittadini?». Anche la professoressa Rendani ribadisce che la decisione di chiudere il 10 aprile «è una scelta didattica. Non ha nulla di ideologico, nulla di religioso. Non abbiamo voluto inserire alcuna festività, non vogliamo togliere l'identità a nessuno e non vogliamo sopprimere nessuna cultura». A Pioltello vogliono “soltanto” fare scuola.

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