martedì 8 febbraio 2022
Nino Guidi e il suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai
Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai

Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai - .

COMMENTA E CONDIVIDI

Sei ore e venti chilometri di cammino al giorno lungo il Sentiero Italia tracciato dal Club alpino italiano: è la sfida con se stesso che Nino Guidi sta affrontando dal 21 novembre. Marito di Maria Rinaldi, insegnante, padre di Luca (cuoco in Inghilterra) e di Francesca (studentessa-lavoratrice in Germania), Nino Guidi divide la sua vita tra la professione di artigiano del legno e la passione di Sguida escursionistica. Non è nuovo a questo tipo di imprese. Nel 2012, dopo accurate ricerche, ricostruì e ripercorse – in cinque mesi e 3.700 chilometri – parte del cammino fatto dal monaco islandese Nikulas Bergsson, partendo dall’Islanda ed arrivando a Roma.

Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai

Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai - .

Nell’estate del 2020 ha voluto replicare il viaggio dell’alpinista Carlo Mauri, partendo da Dolceacqua sopra Ventimiglia per arrivare a Ginevra e ricalcare le vecchie vie del sale percorse da ginevrini e liguri per i loro scambi commerciali. Ora la nuova avventura, compiuta in buona parte in solitaria. Partito dalla chiesa di San Miniato a Marcianella, dove vive e lavora, Nino Guidi ha incontrato decine di piccole comunità resilienti dalla Toscana alle Marche, dal Lazio al Molise. Da borghi noti come Amatrice, Accumoli, Norcia ad altri paesi come Cantagallo, Vernio, Casette di Tiara, Bagno di Romagna, Isola di Fossara, Capestrano, Bussi sul Tirino, Popoli, Carovilli, tante sono state le località toccate.

«È stato proprio l’incontro con le comunità che ha dato valore al viaggio. All’arrivo di ogni tappa ho cercato di intrattenermi nei locali pubblici con gli avventori, specie con gli anziani, per poterci confrontare sul nostro vissuto, prima di ritirarmi nella tenda. E questo mi ha permesso di ascoltare storie ed esperienze inimmaginabili, di un’Italia vera che pure non fa notizia. Ho percepito nei racconti di persone comuni l’attaccamento alla propria terra. Ho anche raccolto le preoccupazioni degli abitanti di paesi terremotati che, a tanti anni dal sisma, attendono ancora che la loro casa sia riparata o ricostruita».

Sulla sua strada la guida ambientale ha trovato ospitalità anche in parrocchie e conventi: l’eremo di Cerbaiolo, sopra il monastero di Chiusi-La Verna, i monaci camaldolesi dell’eremo di Camaldoli, la parrocchia di Isola di Fossara o il monastero di San Giovanni di Nocera Umbra. «Ho incontrato sacerdoti italiani e stranieri. Trovando nelle loro parole cibo spirituale e motivazioni per proseguire il mio cammino». Il racconto delle ultime settimane è diretto. «Mi sono unito al 'Sentiero Italia' in corrispondenza dell’Appennino pi- stoiese e precisamente dalla località Pracchia, che all’inizio del ’900 era una nota città termale dove transitava anche la leggendaria ferrovia Porrettana.

Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai

Nino Guidi durante alcune tappe del suo percorso per i borghi 'resilienti', attraverso il Sentiero Italia del Cai - .

Era una ferrovia che univa l’Italia, collegando le città di Bologna e di Pistoia». Inutile nascondere come camminare d’inverno presenti variabili che rendono il pellegrinaggio ancora più difficile. «Le giornate corte – con il buio che scendeva già alle 4 del pomeriggio – le temperature rigide, la neve». E forse una parte così consistente del 'Sentiero Italia' (che va da Santa Teresa di Gallura a Trieste, per complessivi 7mila chilometri) in inverno nessuno l’aveva mai fatta. «Diciamo che ne ho testato la fattibilità in condizioni estreme». Sulle sue spalle uno zaino di 22 chilogrammi, contenente il kit minimo di sopravvivenza. «Perché il cammino è, prima di tutto, ricerca continua dell’essenziale».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: