martedì 25 novembre 2008
Una legge sul fine vita che «sia fondata su adeguati punti di equilibrio tra i fondamentali beni costituzionali coinvolti». Lo afferma il capo dello Stato in una lettera indirizzata al presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini, in risposta al suo appello per Eluana.
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Nel giorno in cui Eluana Englaro ha compiuto 38 anni, del suo caso si è occupato anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato infatti ha risposto all’appello che gli aveva rivolto Carlo Casini a nome del Movimento per la vita, sollecitandolo «far valere la sua autorità al fine di salvare la vita» alla donna. Napolitano ha però sottolineato la necessità di «una specifica normativa sulla materia» del fine vita che «sia fondata su adeguati punti di equilibrio tra i fondamentali beni costituzionali coinvolti». E la necessità di una legge sembra ormai idea condivisa da politici di ogni orientamento, mentre sembra allontanarsi l’ipotesi di un decreto. «Ho letto con intensa partecipazione emotiva l’appello – scrive il presidente Napolitano a Casini – che ha voluto rivolgermi perché faccia valere la mia “autorità per salvare la vita di Eluana Englaro”». Dopo aver ricordato che la Costituzione non gli attribuisce poteri di intervento sui provvedimenti giudiziari, il capo dello Stato aggiunge che «tra le mie responsabilità vi è però quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimono sentimenti e pongono problemi che riguardano situazioni e temi di particolare complessità etica e giuridica sui quali diverse sono le opinioni e le sensibilità degli esponenti politici, degli studiosi e dei cittadini tutti». Come in occasione della risposta a Piergiorgio Welby, Napolitano ribadisce la «necessità di adottare una specifica normativa sulla materia che sia fondata su adeguati punti di equilibrio tra i fondamentali beni costituzionali coinvolti». Una necessità cui si aggiunge, conclude il Presidente, quella al massimo sforzo di convergenza in Parlamento, su un «intervento legislativo fattosi ormai indispensabile e non più procrastinabile». «Condivido in pieno le considerazioni del capo dello Stato – commenta il presidente del Senato Renato Schifani –. Proprio per dare impulso alla soluzione ho sollecitato la competente commissione Sanità del Senato a occuparsi dell’argomento». Di «parole condivisibili» parla anche Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd: «Non possono e non devono essere più i tribunali, come spesso è avvenuto, a prendere decisioni così importanti per la vita dei cittadini». E Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, sottolinea che Napolitano «ha detto sull’esigenza di una legge sul testamento biologico delle cose totalmente condivisibili. Ciò vuol dire che è indispensabile tracciare un percorso per una legge che eviti sia versioni di fatto nullificanti, sia versioni estreme». Auspicano un «dibattito parlamentare di alto profilo etico, giuridico e scientifico» Paola Binetti e Marco Malgaro (Pd): «Non vogliamo contrapporre il diritto alla vita al diritto all’autodeterminazione, vogliamo una legge che riconosca la libertà di vivere, anche quando le proprie condizioni sono fragilissime». Anche Maurizio Lupi, Raffaele Calabrò, Gabriella Carlucci (Pdl), plaudono alle parole di Napolitano, che considerano un richiamo a una legge che rispetti la persona. Dal punto di vista opposto il radicale Silvio Viale è d’accordo con il capo dello Stato sulla necessità di una legge «per il testamento biologico e non contro il testamento biologico». Mentre Isabella Bertolini (Pdl) si è augurata che quello di ieri non sia stato l’ultimo compleanno di Eluana. «Non possiamo accettare che in Italia una giovane donna sia avviata verso la pena di morte addirittura con una sentenza della magistratura». Un invito al Parlamento ad accelerare sulla legge viene da Luca Volontè (Udc), che torna a chiedere che il governo adotti urgentemente un decreto per evitare la morte di Eluana. Un’ipotesi cui non sembra estraneo il ministro del Welfare Maurizio Sacconi che ieri ad Arezzo ha dichiarato: «Credo che non potremmo assistere passivamente al venir meno dei diritti fondamentali della persona come quello all’idratazione e all’alimentazione».
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