domenica 27 maggio 2018
Ecco come funziona l'esperienza del "sostegno aperto”, sperimentata all'Isis. Laboratori di cucina e teatro per tutti gli studenti
Un momento del corso per imparare a fare la pizza cui hanno preso parte studenti disabili e non

Un momento del corso per imparare a fare la pizza cui hanno preso parte studenti disabili e non

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I disabili? Possono diventare l’occasione, per tutti gli altri, d’essere normali. Si chiama “Napule è mille colori” – dal famosissimo verso iniziale del capolavoro di Pino Daniele dedicato alla città di Napoli – il progetto che parte dal capoluogo partenopeo e potrebbe insegnare al resto d’Italia come concepire l’assistenza ai disabili nella scuola. Quando a inizio anno la dirigente scolastica dell’Isis Vittorio Veneto, Olimpia Pasolini, ha dovuto rispondere al bando del Comune di Napoli per il reclutamento di assistenti all’autonomia dei suoi 161 alunni disabili, ha pensato a qualcosa di innovativo: non un educatore per ogni singolo studente, ma figure specifiche che lavorassero con tutta la classe.

Così i compagni di scuola dei 19 ragazzi che hanno aderito al bando hanno potuto usufruire di corsi che altrimenti non avrebbero mai potuto seguire nel normale percorso di studi. «Abbiamo cercato delle professionalità specifiche, grazie alle quali abbiamo potuto dar vita a corsi fatti su misura dei nostri alunni disabili, ma di cui hanno beneficiato anche i loro compagni – spiega la dirigente scolastica dell’istituto –. Dato che l’indirizzo più frequentato di questa scuola è quello alberghiero, abbiamo pensato a laboratori di cake design, pizza, intaglio di frutta e verdura, anche in modo da favorire la manualità dei ragazzi. Abbiamo poi dato spazio a teatro, danza, musica. C’è stato anche un corso di orientamento spazio-temporale per uno studente che ha particolari difficoltà in tal senso. Tutto è stato volto a favorire una reale integrazione, che lavorando uno a uno difficilmente ci sarebbe stata».

Insomma, tutti per uno e uno per tutti, nel vero senso della parola. Uno scenario non così comune, quando si affronta il tema dell’integrazione degli studenti disabili. Anche lo scorso anno scolastico, ricorda l’Istat, il 9% delle famiglie di alunni con disabilità della scuola elementare e il 5% delle medie, hanno presentato ricorso al Tar per ottenere l’aumento delle ore di sostegno cui i loro figli avevano diritto.

A Napoli, invece, durante tutto l’anno scolastico i 19 ragazzi destinatari del servizio di autonomia e i loro compagni di classe hanno potuto imparare come decorare una torta, come fare una pizza, oppure come recitare o danzare, grazie ai dieci assistenti reclutati dalla scuola con i fondi pubblici. «Con questa iniziativa viene ribaltato il tradizionale concetto di disabilità: da “limite” diventa una risorsa – commenta l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Roberta Gaeta –. In questa scuola i ragazzi hanno saputo arricchirsi a vicenda, dando prova di maturità e umanità. La situazione si è capovolta: proprio grazie ai loro compagni disabili destinatari di progetti individuali, 19 gruppi-classe hanno potuto svolgere laboratori di integrazione curriculare, altrimenti impossibili da praticare. I ragazzi hanno di fatto superato i limiti mentali e culturali legati alla disabilità: questo è un esempio virtuoso di come possano essere utilizzati i fondi pubblici destinati agli studenti disabili».

Il progetto ha avuto il suo culmine in una grande manifestazione rivolta a tutti gli studenti dell’istituto e a tutti i loro genitori. Sono stati allestiti degli appositi spazi in cui i ragazzi che hanno partecipato ai laboratori hanno mostrato ciò che hanno imparato in quest’anno: una festa che ha moltiplicato la condivisione vissuta lungo tutto il corso dell’anno. Dal quartiere di Secondigliano, teatro della sanguinosa faida di camorra che negli anni scorsi ha sconvolto la città di Napoli e nel quale sorge il “Vittorio Veneto”, giunge un esempio di integrazione.

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