giovedì 19 novembre 2009
La donna di Brindisi pochi giorni fa aveva rifiutato un intervento salvavita. Ieri il colpo di scena: Mirna, alla quale nel frattempo è stato dato il comunicatore a scansione oculare, fa dietrofront davanti al giudice tutelare e chiede di essere curata.
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Contrordine, anzi contro-decisione, sempre in ossequio al principio della massima libertà. Sembra che il contatto con medici e altre persone e la disponibilità di un comunicatore a scansione oculare con il quale spiegarsi a dovere abbia fatto cambiare idea alla signora Mirna, 60 anni, originaria del Tarantino, malata di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che solo due giorni fa aveva chiesto, e ribadito dinanzi al perito nominato dalla Procura della Repubblica di Brindisi, di voler rinunciare all’intervento di tracheotomia che le avrebbe consentito di prolungare la sua esistenza.La donna, infatti, attraverso il battito delle palpebre, qualche giorno addietro aveva manifestato la volontà di voler morire, rifiutandosi di sottoporsi alla tracheotomia. Ieri, invece, Sara Foderaro, il giudice tutelare incaricato dal Tribunale di Brindisi di nominare l’amministratore di sostegno che avrebbe dovuto apporre la firma in calce al foglio di rinuncia all’operazione, è andata a trovare la donna nella stanza di rianimazione dell’ospedale Perrino di Brindisi e ne sarebbe uscita nel primo pomeriggio con la notizia che la donna avrebbe cambiato idea. Mirna, cioè, avrebbe deciso di sottoporsi all’intervento di tracheotomia che secondo i medici «le eviterà di contrarre le infezioni derivanti dalla ventilazione artificiale cui è attualmente sottoposta».Il drammatico caso era esploso alla fine della settimana scorsa, quando la donna, sposata, madre di due figli e da quindici anni in lotta contro il morbo di Lou Gehirg, dal letto di una casa di cura privata viene ricoverata nel reparto di Rianimazione nell’ospedale Perrino di Brindisi, intubata e collegata a una macchina per respirare. Si tratta, dicono i medici, di una condizione transitoria che avrebbe potuto durare al massimo un paio di settimane, entro le quali avrebbe dovuto sottoporsi a una tracheotomia. Sembra che, con il battito di palpebre, la donna abbia provato a dire che non intendeva sottoporsi all’intervento, innescando un conflitto di doveri tra i medici che palesavano l’inevitabilità di una tracheotomia e la famiglia che intendeva difendere le volontà della donna. Il caso è finito in Procura, visto che – si diceva nelle scorse ore – «lei muove gli occhi, le palpebre e la testa. Interagisce e sembra lucida. Ma la sua volontà potrebbe essere viziata dalla situazione contingente». Sul tavolo del sostituto procuratore Giuseppe De Nozza arriva la notizia di quanto sta accadendo, con i medici che non si assumono la responsabilità di staccare le macchine e dimetterla sapendo a cosa sarebbe andata incontro. Il magistrato ha innanzitutto chiesto una consulenza psichiatrica.«La paziente è in grado di intendere e di volere», ha stabilito la perizia e in un incontro con i giornalisti, lunedì mattina, il procuratore di Brindisi, Marco Di Napoli, con non poca commozione ha fatto vedere un foglio con su scritto «Voglio morire» e ha pronunciato una frase soltanto: «È una scelta dolorosissima». Da quella data dunque si diceva che il giudice tutelare avrebbe dovuto procedere alla nomina di un amministratore di sostegno, che avrebbe dovuto farsi interprete della volontà della donna che in quei frangenti sembra avesse solo chiesto di restare attaccata attraverso la cannula al ventilatore automatico, e tornare al più presto a casa.Insomma, il compito dell’amministratore di sostegno avrebbe dovuto essere solo quello di farsi interprete dei desideri della signora Mirna. «Stando alle normative vigenti – si spiegava in conferenza stampa –, non possono essere in alcun modo imposti trattamenti sanitari contro la sua volontà, tracheotomia compresa». Ieri pomeriggio l’inversione di rotta. A sorpresa. Ma che spiega tante cose.
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