mercoledì 11 febbraio 2009
Eluana non sarà dimenticata, il Parlamento la legge la farà. Decaduta l’ur­genza di approvare un testo che vietasse di bloccare la nutrizione e l’idratazio­ne, le Camere si prendono più tempo per varare un provvedimento per il testamen­to biologico, ma non sarà ancora un tem­po infinito: ieri l’aula di Palazzo Madama ha ripreso i lavori approvando una mozione della maggioranza che impegna i parlamentari ad approvare al più presto un di­spositivo di norme per evitare nuovi casi ­Englaro.
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Eluana non sarà dimenticata, il Parla­mento la legge la farà. Decaduta l’ur­genza di approvare un testo che vie­tasse di bloccare la nutrizione e l’idratazio­ne, le Camere si prendono più tempo per varare un provvedimento per il testamen­to biologico, ma non sarà ancora un tem­po infinito: ieri l’aula di Palazzo Madama ha ripreso i lavori approvando una mozione della maggioranza che impegna i parla­mentari ad approvare al più presto un di­spositivo di norme per evitare nuovi casi ­Englaro. A dire sì, con la maggioranza, l’Udc e 5 senatori del Pd. Francesco Rutelli chiede il voto per parti se­parate, e insieme a Lucio D’Ubaldo, Ema­nuela Baio, Luigi Lusi e Claudio Gustavino dice sì al dispositivo della mozione di mag­gioranza che approva l’obbligo della nutri­zione e dell’idratazione da inserire nella legge. Gli stes­si senatori Pd si astengono, invece, sulle premesse del testo targato Pdl e votano a favore del documento del proprio gruppo. Per la pre­messa (in cui si afferma la necessità di legiferare in tempi brevi sui trattamenti di fine vita «nella piena con­vinzione che nessuno nel nostro Paese deb­ba più morire di fame e di sete»), dunque, 159 voti a favore, 104 contrari e 3 astenuti. Il dispositivo della mozione che stabilisce l’obbligo all’alimentazione e all’idratazio­ne in attesa della legge sul fine vita, ottiene 164 voti a favore, 100 contrari e 1 astenuto. Torna la calma insomma sull’assemblea del Senato, teatro solo qualche ora prima di u­no scontro senza precedenti, ma le diver­genze restano forti. La nottata, però, ha raf­freddato gli spiriti infuocati della sera pre­cedente. Dal Quirinale, Giorgio Napolitano parla di «un momento di dolore e turba­mento nazionale che può diventare occa­sione di una sensibile e consapevole rifles­sione comune». A Palazzo Madama, Mau­rizio Gasparri, che poco dopo la notizia del­la morte di Eluana aveva lanciato pesanti accuse al Colle, chiede scusa. «Non ritengo di aver offeso nessuno – premette il capo­gruppo del Pdl –. Se le istituzioni si riten­gono offese, mi scuso, ma io non ho offeso nessuno». Da Montecitorio, però, le scuse appaiono dovute. Il presidente Fini insiste sulla necessità di «rispettare il ruolo che o­gnuno ha: la maggioranza rispetti l’oppo­sizione, l’opposizione rispetti il governo, tutti rispettino le istituzioni della Repub­blica ». Il clima è più disteso, anche se qualcosa sembra essersi spezzato. Berlusconi ha chiesto ai suoi di abbassare i toni, ma lo stesso premier – secondo i suoi colonnelli – esce molto provato dalla vicenda che lo ha visto piangere la sera precedente. Quando il ministro dell’Interno Maroni gli dà la no­tizia, il premier non resiste, pensando alla madre, racconta chi era con lui, ad Arcore, in un vertice per le amministrative. Il presidente della Camera vede emergere in tutti «la consapevolezza della necessità di colmare il vuoto legislativo». Fini conti­nua a credere che sulla vicenda di Eluana il papà abbia agito per amore. E Gasparri in­siste che «sulle firme poste o non poste al decreto Englaro ci saranno tesi di laurea». Nessuna polemica tra il capogruppo e il suo leader Fini, ma per Gasparri «non è reato di­re che la scelta di Napolitano di non firma­re è stata pesante». Anche il suo vice Gae­tano Quagliariello non cambia idea: «Le pa­role che ho usato ieri descrivono quello che è accaduto a Udine. Quelle di Eluana era­no volontà presunte costruite su uno stile di vita, non erano le sue volontà. Quella sen­tenza era fuori dal nostro ordinamento». Ed è quello che pensa il ministro della Giusti­zia Angelino Alfano secondo il quale Elua­na «è morta di sentenza». Per il Guardasi­gilli «non possiamo dire che sia morta nel­l’incidente stradale di cui è stata vittima nel ’92 perché a quell’incidente ha sopravvis­suto per 17 anni; e non possiamo dire che sia morta di protocollo perché di protocol­li non si muore, né alcun medico avrebbe potuto applicare a lei quel protocollo se non vi fosse stata specifica possibilità giuridi­ca». Eluana, dunque, «è morta di senten­za». Nel complesso, comunque, il clima appare più disteso, sia pure in un’atmosfera stor­dita. Il relatore del testo sul fine vita, Raffaele Calabrò pur confermando il suo giudizio sulla vicenda («Eluana era una disabile gra­ve che aveva bisogno di essere accudita») assicura che «superati gli stati d’animo vi­branti e accesi del primo momento, stiamo lavorando con estrema serietà a questa leg­ge. È questo che il Paese deve cogliere. Sia­mo in dirittura d’arrivo». Il Pd sembra ritrovare compattezza, a par­te i cinque senatori che restano fedeli alla linea annunciata la sera prima, che aveva trovato invece diversi consensi tra gli ex dl. A parte i radicali eletti nelle liste Pd che non accettano di votare contro l’eutanasia. E a parte l’ennesima rottura con l’Idv che vota una propria mozione. Ma la capogruppo Anna Finocchiaro è ottimista. Ora, dice, «la discussione continuerà senza ostruzionismi e in un paio di settimane l’Aula di Palazzo Madama deciderà sul fine vita. Io credo che sia il modo migliore, quello più democratico, più sensato, per affrontare una questio­ne così delicata e mi augu­ro che cessi ogni polemica». Ma, aggiunge senza sconti, «se poi qualcuno vuole ancora utilizzare strumentalmente questa vicenda, sappia che è un terreno sul quale noi non stare­mo». E che ci sia stata strumentalizzazione è cer­to anche Pier Ferdinando Casini. « Sulle spalle di Eluana si è giocato con cinismo politico vergognoso», secondo il leader del­l’Udc. «Gli attacchi a Napolitano, del quale non ho condiviso le scelte – continua – li giudico espressione di quel cinismo». Ora l’importante è che «il sacrificio di Eluana non sia stato vano». Ma per Francesco Cossiga non si tratta di strumentalizzazioni. L’ex capo dello Stato scrive al vicesegretario del Pd Dario Fran­ceschini per comunicare che «io non vo­terò mai più per il Partito democratico per le posizioni da esso assunte in relazione al caso Eluana, e che considero in contrasto con le mie convinzioni più profonde di uo­mo in materia di vita, di uomo europeo, fi­glio quindi della civiltà ellenistica, romana, giudea e cristiana».
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