sabato 22 luglio 2023
Dopo Kiev, Mosca e Washington, ok da Pechino alla missione del cardinale Zuppi. A Managua chiusa la rappresentanza pontificia, preoccupazione per il vescovo Álvarez condannato a 26 anni
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. - ANSA

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È un luglio molto caldo, e non solo in termini metereologici, per la diplomazia vaticana. Molti i fronti di lavoro aperti, a partire naturalmente dalla missione di pace per l’Ucraina, affidata dal Papa al cardinale Matteo Zuppi, che dovrebbe avere una quarta tappa a Pechino. Ma premono anche altri dossier: dai rapporti con la Cina, alle sofferenze della Chiesa in Nicaragua, alla delicata situazione venutasi a creare in Iraq a seguito della scelta del cardinale Sako di lasciare Baghdad. Senza contare la recente missione del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nel Caucaso, per riannodare i fili - impresa improba - del dialogo tra Armenia e Azerbaigian e le preoccupazione per la libertà religiosa, spesso conculcata in diverse zone, proprio a danno dei cristiani. Nei prossimi giorni, poi è atteso a Roma il presidente del Vietnam che potrebbe annunciare finalmente l’accordo per la presenza di un nunzio stabilmente residente ad Hanoi. Vediamo di esaminare più da vicino le diverse questioni.

Zuppi a Pechino

La Santa Sede è cosciente del no secco del presidente Zelensky ad una mediazione vaticana che pure era stata offerta, dal cardinale Parolin e dal Papa, all’inizio del conflitto. Quindi al momento la missione del cardinale Zuppi si limita agli aspetti umanitari come lo scambio di prigionieri e la questione del rientro dei bambini ucraini che sono stati deportati. A questo riguardo Zuppi nel suo viaggio a Mosca ha concordato una specie di meccanismo che attraverso uno scambio di liste dovrebbe portare al rientro dei bambini. Il meccanismo comunque non è stato ancora attivato e non si sa quanti bambini potranno rientrare in patria. Nella sua tappa in Usa Zuppi ha registrato la grande disponibilità del presidente rispetto alle questioni umanitarie e allo stesso tempo ha compreso che gli Usa da una parte sostengono l’Ucraina ma dall’altra desiderano evitare ogni escalation del conflitto. Adesso si attende la quarta e ultima parte della missione, cioè la visita a Pechino. La novità delle ultime ore è che dalla Cina è arrivata la disponibilità ad accogliere la missione. Nei prossimi giorni verranno concretizzate date e modalità.

Cina e Santa Sede

Nella sua recente intervista ai media vaticani il cardinale Parolin ha per la prima volta pubblicamente esternato una richiesta da tempo rivolta alle autorità cinesi: quella di poter aprire un ufficio di rappresentanza stabile a Pechino che possa aiutare un dialogo più continuo e diretto per l’applicazione dell’Accordo sulle nomine dei vescovi e anche per favorire la soluzione di altri problemi. Il dossier è aperto e si attende una risposta.

Il caso del patriarca Sako

La diplomazia vaticana continua a monitorare la situazione venutasi a creare in Iraq, in seguito alla decisione, ritenuta molto forte, del patriarca caldeo di lasciare la capitale irachena a causa del ritiro del decreto che lo riconosceva come capo della Chiesa e custode delle sue proprietà. Da parte della nunziatura a Baghdad è stato emesso un comunicato stampa in cui si manifestava rammarico per quanto accaduto. Il presidente Addul Latif Rashid ha convocato l’incaricato d’affari vaticano, spiegando che ormai del decreto non c’era più bisogno, per nessuna delle confessioni religiose presenti nel Paese, dato che il diritto dei responsabili delle Chiese di occuparsi dei loro beni temporali è già stabilito dalla Costituzione. Per questo il decreto stesso era stato ritirato a tutti. Non si sarebbe trattato dunque, secondo il presidente, di un segno di minor rispetto nei confronti del patriarca Sako. A rendere più complesso il quadro c’è però una campagna ostile condotta contro lo stesso cardinale caldeo dal leader del Movimento Babilonia, Ryan al Kaldani, a capo di una milizia sedicente cristiana. E qualcuno ha anche ipotizzato che proprio al Kaldani sia stato l’ispiratore della decisione del presidente iracheno. Finora comunque, sulla vicenda i media della Santa Sede hanno mantenuto un profilo piuttosto basso, segno probabilmente del desiderio che si abbassino le tensioni e che si trovi il modo di chiarire la situazione, dato che queste tensioni, viene fatto notare, non giovano al bene della Chiesa.

Monsignor Rolando José Álvarez Lagos

Monsignor Rolando José Álvarez Lagos - Web

Nicaragua

Dopo l’espulsione del Nunzio, la rappresentanza pontificia a Managua è stata chiusa e gli interessi della Santa Sede sono curati dall’ambasciata italiana. Situazione difficilissima, dunque, anche se si spera di poter riavviare un filo di dialogo, almeno per giungere alla liberazione del vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, monsignor Rolando José Álvarez Lagos, condannato a 26 anni di carcere. Le autorità nicaraguensi avevano posto come condizione per la sua scarcerazione il fatto che il presule lasciasse il Paese, nel timore che con la sua permanenza potesse diventare un punto di riferimento per l’opposizione al regime. La condizione proposta in un primo momento era stata rifiutata da monsignor Alvarez. Negli ultimi giorni però il vescovo sembra aver aperto a questa possibilità e potrebbe essere accolto a Roma. Comunque la Santa Sede è preoccupata anche per i sacerdoti che risultano agli arresti, in condizioni certamente non agevoli, anche se non sono giunte notizie di torture nei loro confronti.

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