giovedì 9 aprile 2020
Verso un Dpcm che proroga per 15 giorni le restrizioni ai movimenti personali ma autorizza un lieve allentamento per le attività produttive. I sindacati chiedono a Conte di essere convocati
Le imprese: fateci riaprire. Il Governo frena, oggi cabina di regia

Ansa

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Torna in campo il “partito del Pil”. Mentre l’epidemia sembra frenare, alla vigilia delle decisioni sul prolungamento del lockdown (probabilmente per altri 15 giorni), gli industriali del Nord Italia lanciano un appello per una ripartenza «ordinata e in piena sicurezza», ma nel contempo rapida, delle attività produttive. Altrimenti, questo il messaggio, «le imprese non saranno in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese» e l’Italia rischia di passare da una grave crisi a una vera e propria depressione economica.

Anche i sindacati vanno in pressing e in una lettera dei segretari di Cgil, Cisl e Uil a Giuseppe Conte chiedono di essere subito convocati per confrontarsi sulle intenzioni del governo in merito alle riaperture. La “cabina di regia” con maggioranza, opposizione, parti sociali e istituzioni territoriali sarà inaugurata oggi. L’esecutivo per ora frena. Il blocco di tutte le attività, tranne quelle delle filiere essenziali, scade il 13 aprile, giorno di Pasquetta.

Finora nessuna decisione formale è stata presa ma già è stato detto che le chiusure saranno (almeno in gran parte) confermate. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato piuttosto esplicito in un’intervista alla tedesca Bild facendo osservare che l’effetto delle misure sin qui messe in atto ha avuto un effetto positivo sull’epidemia e ha aggiunto che non è ancora il momento di «abbassare il livello di guardia: dobbiamo continuare con il rigore» per evitare una ripresa dei contagi anche se, ha detto il premier, «non vedo l’ora di uscire dalla fase critica ».

È una linea che trova il supporto della comunità scientifica e che nel governo è sostenuta in particolare dal ministro della Salute Roberto Speranza: «Siamo ancora nel pieno dell’emergenza, occorrono cautela e gradualità per non vanificare i grandi sacrifici fatti finora», ha dichiarato ieri l’esponente di Leu rispondendo alla commissaria Ue Stella Kyriakides, che in un colloquio telefonico gli anticipava il documento dell’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione sanitaria) in cui si manifesta seria preoccupazione per un eventuale allentamento delle misure restrittive nei Paesi in piena emergenza Covid. Il documento diffuso ieri è firmato dalle associazioni confindustriali di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le quattro regioni più industrializzate del Paese e che valgono da sole quasi la metà dell’economia italiana.

« La salute è certamente il bene primario – affermano – e ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell’epidemia è cruciale. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinché non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di riaprire in sicurezza le imprese».

Se ciò non avverrà «nel breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore, prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti, non fatturare con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese. Occorre quindi «definire una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico del Paese». In particolare gli industriali chiedono uscire dalla logica delle chiusure per settori (tutti quelli non indispensabili) e passare a un criterio basato sulla sicurezza: tutte le attività che rispettino i protocolli di protezione dei lavoratori devono poter ripartire, all’interno di un piano di riaperture concordato tra autorità pubbliche e parti sociali. Nelle scorse settimane imprese e sindacati hanno condiviso un documento comune sulla sicurezza nei posti di lavoro. Ma sul tema delle chiusure si sono scontrati, anche con diversi scioperi nelle fabbriche.

Tuttavia anche le confederazioni hanno a cuore l’esigenza di contenere gli effetti devastanti della crisi sul tessuto produttivo. «Credo che l’appello degli industriali ponga questioni vere – ha affermato la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan –. Dobbiamo trovare tempi e modi per gestire assieme questa fase delicata e il tema è rendere compatibile la ripertura delle attività con le garanzie di sicurezza e i lavoratori. Serve una ripartenza del Paese, non del coronavirus».

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