domenica 24 giugno 2018
75 anni dopo l’abbattimento dell’aereo un gruppo di soldati americani impegnati negli scavi scavi a Santa Ninfa che hanno impegnato 45 soldati del Dipartimento della Difesa
Gli scavi a Santa Ninfa che hanno impegnato 45 soldati del Dipartimento della Difesa

Gli scavi a Santa Ninfa che hanno impegnato 45 soldati del Dipartimento della Difesa

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Gli anziani di Partanna e Santa Ninfa, che hanno vissuto la Seconda Guerra mondiale, se lo ricordano bene l’incendio di «lu Pizzu di lu cori» e del suo pilota morto e mai trovato. Della terribile fine dell’A-36 Apache, cacciabombardiere americano del 17° Bombardment Squadron che in Sicilia stava conducendo l’'Operation Husky', per molti anni se ne parlò. Poi la storia ha messo da parte i racconti ma non la memoria.

Quella che oggi l’America vuole rispolverare recuperando i resti del pilota per «ridare onore a un fratello». Sono passati 75 anni dall’11 luglio 1943, quando – nel secondo giorno dello sbarco alleato in Sicilia – quell’aereo pilotato da un sottotenente venne abbattuto dai soldati tedeschi che stavano sabotando un treno tra Castelvetrano e Partanna: la contraerea colpì il velivolo che cadde in fiamme nelle campagne tra Santa Ninfa e Partanna, in provincia di Trapani. Oggi a Santa Ninfa, nel punto d’impatto, hanno finito di scavare 45 soldati della Defense Pow/Mia Accounting del Dipartimento americano della Difesa, l’agenzia che dal 2015 si occupa di trovare nel mondo i resti degli americani morti sul campo o prigionieri nei più importanti conflitti mondiali.

In 41 nazioni sono 82 mila le vittime originarie dagli Usa, di cui 27.500 soltanto nell’area euro-mediterranea e 1.400 in Italia. Tra questi c’è il sottotenente pilota di cui per 40 giorni di fila, in un uliveto di proprietà privata nelle campagne trapanesi, sono stati cercati i resti: frammenti di ossa sui quali, una volta portati nei laboratori delle Hawaii, si studierà il Dna tramite la tecnologia di next generation sequencing.

L’identità del giovane sottotenente è nota all’esercito Usa, ma per il momento non viene rivelata sino a quando non ci sarà certezza (occorreranno forse ancora un paio d’anni) che i resti ritrovati appartengono al militare scomparso. Le ricerche degli americani morti e dispersi nel secondo conflitto mondiale sono continuate fino al 1951, poi vennero interrotte.

Ma nel 2010 il Congresso ha dato mandato al Dipartimento della Difesa di riprendere l’attività. «La nostra missione è quella di cercare, identificare e restituire ai familiari i corpi dei fratelli americani morti nel mondo durante i vari conflitti – spiega l’ammiraglio Jon Kreitz, vice direttore dell’Agenzia –; e non vogliamo lasciare nulla al caso per ridare onore, anche dopo così tanto tempo, agli americani caduti in combattimento».

Non c’è solo l’aspetto militare nel lavoro dell’Agenzia che dipende dal Dipartimento della Difesa Usa, ma anche quello storico e archeologico. A Santa Ninfa gli scavi per il recupero sono stati compiuti dopo due anni di ricerche: «Siamo stati negli archivi e nei cimiteri di Castelvetrano, Partanna e Santa Ninfa per trovare traccia di questo pilota – spiega l’archeologo Clive Vella, maltese d’origine e in servizio presso l’Agenzia – poi, avuto esito negativo e conosciuto il punto esatto dell’impatto, abbiamo effettuato un sopralluogo con i metal detector, riscontrando la presenza di materiale ferroso», verosimilmente resti dell’aereo.

Dopo due anni l’avvio della campagna di scavo, in sinergia con Rossella Giglio, responsabile della sezione archeologica della Soprintendenza ai Beni culturali di Trapani.

Il gruppo di lavoro, con i 45 soldati provenienti dalla base americana dell’Agenzia, è giunto con un volo militare alla base di Sigonella e di lì è arrivato in provincia di Trapani. Sul campo le operazioni sono state coordinate dallo stesso Villa, dal capitano Justin Harty e dal primo sergente Marcus Taylor. Memoria rispolverata dunque, onore alla bandiera a stelle e strisce e al «fratello americano» morto in guerra lontano dalla propria patria: la nazione che oggi spera di trovare i suoi resti per consegnarli ai familiari e al ricordo dei caduti per la libertà e la democrazia: anche le nostre.

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