sabato 13 novembre 2021
La procura di Novara ha aperto un fascicolo. Il procuratore dei minorenni di Torino: per la legge non è stata lasciata in condizioni di «evidente pericolo»
La procura di Novara ha aperto un fascicolo. Il procuratore dei minorenni di Torino, Avezzù: per la legge non è stata lasciata in condizioni di «evidente pericolo» e ora i genitori devono confermare di non volerla riconoscere.

La procura di Novara ha aperto un fascicolo. Il procuratore dei minorenni di Torino, Avezzù: per la legge non è stata lasciata in condizioni di «evidente pericolo» e ora i genitori devono confermare di non volerla riconoscere. - Ansa

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Sorpresa? No, Emma Avezzù, procuratore per i minorenni di Torino è soprattutto amareggiata. La vicenda della bambina arrivata giovedì in Piemonte dall’Ucraina, con un volo da Kiev per Malpensa, dopo che i suoi "genitori" l’avevano "abbandonata" per un anno con la baby-sytter, ha suscitato profonda tristezza anche in un magistrato, come lei, che in tanti anni di servizio dalla parte dei minori più fragili e delle loro famiglie, ha visto di tutto. Abbiamo usato le virgolette per scrivere "genitori" e "abbandonata". Nel primo caso perché, se è vero che sui documenti arrivati dall’Ucraina le persone protagoniste di questa tristissima vicenda sono indicati come la madre e il padre della piccola, è altrettanto vero che è difficile dilatare la bellezza di questa parola fino a coprire le scelte incomprensibili di questa coppia. Un uomo e una donna che, dopo aver deciso di ottenere una figlia con la maternità surrogata, hanno poi preferito lasciarla in parcheggio per un anno, affidandola a una baby-sitter occasionale. Ma, per la legge italiana, spiega il procuratore, non si può dire "abbandonata" – e da qui la necessità delle virgolette – perché l’abbandono scatta solo quando il minore viene lasciato in una situazione di evidente pericolo. Era questa la condizione della piccola? Difficile accertarlo.

Anzi, quasi impossibile, quando non esistono gli estremi per procedere con quel reato. Aspetti che comunque accerterà l’inchiesta penale - per ora senza indagati né ipotesi di reato - avviata dalla procura ordinaria di Novara, dove la coppia risiede, non da quella minorile. Sarà ora necessario verificare le reali intenzioni di quelli che Emma Avezzù definisce "genitori formali", appunto la coppia che l’ha fatta nascere con la maternità surrogata. Sembrerebbe tutto chiaro visto che queste persone l’hanno lasciata per un anno in un Ucraina senza mostrare particolare interesse per questa piccola. Se non si tratta di "abbandono" dal punto di vista del diritto, lo è almeno di fatto, secondo le leggi non scritte dell’amore. Quali "genitori" degni di questo nome lascerebbero una figlia neonata in un Paese straniero e se ne tornerebbero a casa senza troppi problemi? Ma, per la legge non è così. Anche se la bambina, secondo la documentazione arrivata dall’Ucraina, è cittadina italiana, le coppia piemontese dovrà ora confermare o rivedere la scelta di volerla riconoscere.

Se non lo faranno per la piccola, ora affidata a una famiglia dai servizi sociali della città di residenza, ma non ancora formalmente in affido familiare, si aprirà la procedura per l’adottabilità. Trattandosi di una bambina piccolissima, "italiana" almeno secondo l’anagrafe, la pratica dovrebbe risolversi in poche settimane. Per quanto riguarda l’adozione nazionale ci sono in media dieci coppie in attesa per ogni bambino dichiarato adottabile. Se invece i due genitori "formali" dovessero ripensarci e confermare la volontà di riprendersi la piccola, occorrerà attendere l’esito dell’inchiesta penale. Da accertare innanzi tutto i motivi per cui la piccola è stata relegata per oltre dodici mesi in Ucraina. Timore della legge italiana, secondo cui la maternità surrogata rimane un reato? «Ma no – risponde il procuratore – di fatto, quando viene rispettata la legge del luogo dove è avvenuto il parto, per la nostra giurisprudenza non c’è reato neppure in Italia. Il padre, se si accertasse che il "materiale biologico" è suo, potrebbe riconoscerla e la madre adottarla secondo la legge che prevede questa possibilità "in casi speciali"».

Occorre immaginare allora altri motivi alla base di un gesto che appare comunque gravissimo e incomprensibile. La casistica ormai è sterminata. È capitato che due genitori, dopo aver ottenuto un figlio con la maternità surrogata, denunciassero di essere stati truffati. Il bambino - a loro dire - non sarebbe stato partorito dalla madre che era stata loro indicata dall’organizzazione che si occupa di questi tristi commerci, ma "acquistato" – e qui di virgolette ne sarebbe necessarie tante – e poi rivenduto agli ignari genitori. Pratica abominevole, eppure tutt’altro che infrequente in alcuni Paesi, dove la miseria più profonda apre la strada ai gesti più atroci. Ma, se fosse questo il caso di cui è protagonista la coppia piemontese, l’esame del Dna non avrebbe difficoltà ad accertarlo. E quale sarebbe la sorte del piccolo? Anche in questo caso la valutazione verrebbe fatta mettendo sempre al centro "il superiore interesse del minore", secondo cui l’obiettivo è quello di dare una famiglia a un bambino che non ce l’ha. E non quello di soddisfare, anche calpestando leggi e umanità, le pretesa di una coppia intenzionata ad ottenere comunque un figlio. Costi quel che costi. E poi magari ripensarci.


LE TAPPE


1. Agosto 2020, il viaggio
I genitori biologici, entrambi piemontesi, erano andati in Ucraina nell’agosto del 2020 - in una delle parentesi concesse dal Covid per gli spostamenti aerei - per avere un figlio attraverso una madre surrogata. Dopo il puntuale riconoscimento della bambina erano rientrati in Italia affidando la neonata a una tata del posto.


2. La tata avvisa l’ambasciata
Al compimento del primo anno di vita della bimba, non avendo più notizie dai genitori e non avendo più nemmeno ricevuto il compenso pattuito per il sostentamento della piccola, la donna si è rivolta al consolato italiano: «Ho finito il denaro, non so cosa fare».
3. L’arrivo in Italia
La procura territorialmente competente in Italia e la procura dei minori hanno accertato la reale intenzione dei genitori di non voler riprendere la bambina. È stato così incaricato lo Scip (il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia) per il rimpatrio.



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