Lo sforzo necessario dell'Italia: parlare a una sola voce
sabato 14 giugno 2025

Comincia domenica in Canada un vertice dei Grandi 7 inevitabilmente condizionato dalla nuova, spaventosa fiammata che sta incendiando il Medio Oriente. Superate le prime incertezze dopo l’attacco israeliano, testimoniate dal ritardo con il quale la rete di contatti del nostro Governo è stata dispiegata rispetto a quelle dei principali partner europei e occidentali, l’Italia è chiamata a giocare un ruolo importante sui tavoli mondiali.

Un ruolo che le è assegnato dalla storia, in virtù di una postura da Paese sempre amico di Israele ma al tempo stesso ritenuto degno di fiducia dai fautori della causa palestinese. Certo, l’Iran è un’altra cosa. Ma con gli amici, si sa, si deve parlare ancora più chiaramente che con gli altri interlocutori. Le varie forze di opposizione (anche quelle più vicine alle istanze di Tel Aviv, come Azione e Italia viva) imputano invece alla premier Meloni e al ministro degli Esteri Tajani l’incapacità di assumere posizioni più decise nei confronti di Netanyahu e del suo governo, sia rispetto all’assedio di Gaza sia rispetto al colpo sferrato a Teheran e, di conseguenza, al tavolo negoziale sul nucleare tra Iran e Stati Uniti in Oman.

L’informativa di Tajani alle commissioni Esteri e Difesa delle Camere non ha cambiato il quadro di un centimetro e non è una buona notizia perché, al di là della normale dialettica parlamentare, nei contesti internazionali un grande Paese dovrebbe saper parlare con una sola voce. È vero, in questi tempi di grandi lacerazioni e di crisi delle democrazie, siamo in buona (?) compagnia. Ma non consola.

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