mercoledì 28 novembre 2012
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«Il dolore, la disperazione è ormai padrone di me. La mia bimba non può venire a trovarmi, i dottori dicono che non può affrontare lunghi viaggi. Sono trascorsi tredici mesi senza vederla. Colpa della malattia? Colpa del Dipartimento Penitenziario che non mi avvicina a Napoli? No! Colpa mia! Se non avessi preso quelle scorciatoie e non avessi abbandonato la strada maestra che si chiama "Legalità", tutto ciò non sarebbe accaduto…». Così scrive G.M. 40 anni, dal carcere di massima sicurezza di Bologna, uno dei tre vincitori del concorso "A cuore aperto", proposto dalle associazioni dell’antimafia sociale della provincia di Caserta in collaborazione con gli insegnanti del carcere di Carinola.Le lettere diventeranno un libro destinato soprattutto alle scuole. Infatti, spiegano gli organizzatori, i detenuti «grazie alla loro esperienza di vita possono far capire ai giovani cosa significa non rispettare le leggi e quali possono essere le conseguenze». E questo i detenuti hanno fatto. Anche perché, spiega Caterina Di Iorio, docente del carcere, «qui le possibilità di comunicazione col mondo esterno sono minime. Per questo la lettera ha un valore straordinario, terapeutico. Non sono persone morte, un cuore ce l’hanno». Così G.M. scrive ancora: «Ho detto a mia figlia durante l’ultimo colloquio: Principessa mia, il giorno che ti fidanzi, spero che sceglierai un ragazzo povero, onesto e lavoratore, non come me che per guadagnare soldi facili e credere di farla franca, ti ho lasciato sola. Non sono stato presente nei giorni importanti, non potrò ascoltarti quando ne avrai più bisogno. Spero mi perdonerai».Parole ai figli, ma non solo. «Desidero che leggendo queste mie righe, tu rabbrividisca e che in te, serpeggiando, si faccia strada una sola e unica consapevolezza, e cioè, che vivendo allo sbando, fregandosene delle leggi, delle regole e del rispetto altrui, prima o poi finirai in carcere, e facendo tutti gli scongiuri del caso, se un giorno arriverai davvero a mettere piede in questi luoghi, mio caro amico saranno cavoli amari…», lo scrive Massimo Buccolieri, del carcere di Carinola, primo arrivato al concorso. Ragionamenti analoghi li fa A.C., 48 anni, dal carcere di Opera di Milano: «Sono consapevole che dovrò convivere fino alla morte con il mio scellerato passato, esso fa parte del mio bagaglio e pertanto dovrò portare il peso. Sarebbe troppo comodo disfarsi delle cose di cui non ci si sente fieri come ci si libera di un oggetto, non è sempre sufficiente chiedere scusa ed eventualmente ripagare gli altri per il danno causato. La vera espiazione avviene dentro di noi…». Parole chiare, messaggi che sembrano davvero convinti. «Le scorciatoie per ottenere successo, potere, ricchezza, sono illusioni. E se anche qualcuno riuscisse in questo modo a raggiungere questa pseudo felicità, sarebbe una conquista effimera, che sfumerà velocemente, lasciano dietro di sé solo dolore e frustrazione».
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