venerdì 12 luglio 2013
Il 16 luglio i sindacati e l'azienda si incontreranno per la seconda volta al ministero dello Sviluppo Economico nel tentativo di trovare un terreno comune per un confronto. In 5mila hanno sfilato a Fabriano. Momenti di tensione solo quando un gruppo di manifestanti ha tentato di entrare negli uffici dell'industria di elettrodomestici forzando l'ingresso.
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Non solo tute blu: il corteo contro il piano di riorganizzazione di Indesit Company che si snoda per le vie di Fabriano, è aperto da lavoratori e sindacati, ma subito dietro sfilano una trentina di sindaci con la fascia tricolore di Marche, Umbria e Campania, i territoriinteressati dai 1.425 esuberi, l'assessore regionale al Lavoro delle Marche Marco Luchetti, i consiglieri regionali Enzo Giancarli, Gianluca Busilacchi (Pd), Massimo Binci (Sel), Raffaele Bucciarelli (Federazione della Sinistra) Giulio Natali (Centro destra Marche-Fdi), i vertici nazionali e regionali di Fim, Fiom e Uilm, i segretari regionali di Cgil, Cisl, Uil. La presenza che fa più rumore è quella del governatore delle Marche Gian Mario Spacca, fabrianese e vicino alla famiglia Merloni (da giovane ha lavorato alla Fondazione intitolata al fondatore della dinastia Aristide Merloni), che nei giorniscorsi ha preso le distanze della strategie dell'attuale management. Al suo fianco il vescovo di Fabriano Giancarlo Vecerrica. Mescolati tra i manifestanti i parlamentari marchigiani: i deputati Emanuele Lodolini (Pd), Andrea Cecconi e Patrizia Terzoni (M5S) e la sen. Serenella Fucksia (M5S). A fianco dei lavoratori di Indesit Company (compresa una delegazione dello stabilimento torinese di None) ci sono anche i metalmeccanici del Fabrianese, dalla Tecnowind alla ex Antonio Merloni, alla Ghergo Cylinders Tanks, e un gruppo della Fincantieri. Non solo per solidarietà, dicono, ma "perché quisiamo tutti sulla stessa barca".Serrande abbassate ai negozi: alla manifestazione hanno aderito anche Confartigianato, Cna e Confcommercio. E al corteo si uniscono silenziosamente, sbucando dai portoni o da strade laterali, tante altre persone: "Io sono del settore pubblico ma sono qui, perché qui è in gioco il futuro di Fabriano, il futurodei nostri figli" dice una donna, che si commuove e si mette a piangere. Molti hanno parenti o amici che lavorano alla Indesit. Un'intera famiglia - padre, madre e due figli piccoli - sfoggia le t-shirt "Orgogliosi di essere italiani", "Indesit Made in Italy. Orgoglio italiano": è l'immagine simbolo di una vertenza che coinvolge non solo i lavoratori il cui posto è a rischio, ma a cascata un'intera città e il suo tessuto economico e sociale,ma che è anche - dice il sindaco di Fabriano Giancarlo Sagramola - "una vertenza pilota per tutto il settore degli elettrodomestici". "Lavoriamo tutti e due ad Albacina - racconta un'altra coppia - prendiamo meno di mille euro a testa: con un mutuo da pagare, le rate della macchina, due figli di 4 e 5 anni e un futuro incerto non c'è da stare allegri". Tra la folla anche operai di origine africana: "Gente venuta in Italia forse con i barconi - dicono alcuni sindacalisti - per cercare una vita migliore e che ora si ritrovano così...".MOMENTI DI TENSIONEUn gruppo di manifestanti sta tentando di entrare negli uffici della Indesit a Fabriano forzando l'ingresso. Le forze di polizia stanno cercando di respingerli. La manifestazione si era svolta finora senza iincidenti. Un nuovo tentativo di forzare l'ingresso della sede dell'azienda è stato fatto da alcuni rappresentanti dei centri sociali. Davanti all'ingresso ci sono anche manifestanti del Partito comunista dei lavoratori con degli striscioni. Le forze di polizia, in assetto antisommossa, sono riuscite fino a questo momento a respingere i manifestanti più esagitati, che sono stati stigmatizzati anche da sindacati. "No, via i violenti", ha detto Vincenzo Gentilucci della Uilm di Ancona. Gli operai dello stabilimento di Albacina hanno quindi creato una barriera umana per evitare ai più scalmanati di entrare. "Lavoro, lavoro" é lo slogan che si leva più spesso contro il piano di riorganizzazione di Indesit, urlato davanti al Comune di Fabriano. Non ci sono solo tute blu: i lavoratori hanno portato con sé le famiglie, i bambini e qualcuno anche il cane. Al corteo si sono uniti i lavoratori di altri comparti. "Io sono del settore pubblico - racconta una signora - ma sono qui, perché qui è in gioco il futuro di Fabriano, il futuro dei nostri figli". Qualcuno canta, ma la signora (il cui posto di lavoro non è in pericolo, sottolinea lei stessa) si commuove e si mette a piangere. E un'altra racconta: "Anche io ho un posto sicuro, ma mio genero ha perso il lavoro".IN 5MILA A FABRIANOOggi tutti gli stabilimenti italiani di Indesit si sono fermati e circa 5mila persone si sono riunite a Fabriano per protestare contro il piano di razionalizzazione dell'azienda, che prevede tra le altre cose oltre 1.400 esuberi. È quanto riferiscono alcuni esponenti dei sindacati. "Dovremmo essere arrivati a 5mila persone, grazie alle tante aziende del Fabrianese che oltre alla Indesit hanno aderito allo sciopero e ai colleghi provenienti da Caserta e da Ascoli", spiega Gianluca Ficco, coordinatore nazionale Uilm del settore degli elettrodomestici. "Negli stabilimenti c'è stata un'adesione totale allo sciopero", aggiunge Alessandro Pagano, coordinatore nazionale della Fiom per Indesit. Con oggi, salgono a 32 le ore di sciopero a livello nazionale, senza contare le iniziative locali, con scioperi articolati o a sorpresa. "Con questi ultimi probabilmente siamo sopra le 40 ore", spiega Pagano. Per gli analisti tuttavia gli scioperi dell'ultimo mese non hanno nessun impatto sui conti dell'azienda. "Non c'è nessun impatto", spiega un analista, sottolineando che erano prevedibili.Il 16 luglio i sindacati e l'azienda si incontreranno per la seconda volta al ministero dello Sviluppo Economico nel tentativo di trovare un terreno comune per un confronto. Le posizioni sembrano però molto distanti. L'azienda, come ha ribadito recentemente in alcuni comunicati, ritiene importante portare avanti il piano per riguadagnare competitività. Per i sindacati invece è fondamentale la sua revisione. "L'obiettivo è quello di ottenere un confronto su un piano diverso. Un piano di delocalizzazione non è un punto di partenza. Un accordo deve prevedere la continuità della produzione in Italia", spiega Pagano.
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