lunedì 16 marzo 2020
Elena Ferraro denuncò il cugino del boss Messina Denaro. Ora apre le porte alla solidarietà. "Non è il tempo del profitto. Se serve requisitela". La struttura ha 8 posti di rianimazione
Elena Ferraro

Elena Ferraro - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Ha detto no a Matteo Messina Denaro e ora dice sì alla solidarietà. Ha difeso la sua clinica dalle pretese del supeboss latitante e ora la offre per l'emergenza coronavirus. È Elena Ferraro, proprietaria della clinica Hermes a Castelvetrano, il paese del capo di cosa nostra trapanese, ricercato dal 1993. Un'attività che ha difeso con coraggio, denunciando nel 2013 il tentativo di estorsione del cugino del boss, Marco Messina Denaro, "Si presentò nel mio studio - ricorda -, senza nemmeno dirmi il suo nome di battesimo, ma ricondandomi minacciosamente di essere "il capo di tutto".

Poi mi propose un affare: una convenzione con una clinica di ortopedia di Partinico, nel palermitano. Io avrei dovuto fare delle fatture gonfiate e il denaro in più che ne avrei ricavato avrei dovuto consegnarlo a lui. Mi disse esplicitamente che quei soldi servivano a sostenere le famiglie dei detenuti". In altre parole la sua clinica doveva diventare una "lavatrice" di denaro sporco. Era la perdita della libertà. Così l'imprenditrice non solo disse di no ma andò subito in Questura a denunciare. Il cugino del boss venne poi arrestato nell'operazione Eden, condannato definitivamente col sequestro di beni per otto milioni di euro.

Da allora Elena Ferraro vive sotto tutela. Subendo però ancora intimidazioni e perfino danneggiamenti alle delicatissime apparecchiature sanitarie. Perchè le mafie puntano molto sul grande affare della sanità privata. Ma l'imprenditrice non ha mollato. E anzi si è sempre più impegnata nel movimento antiracket, esponendosi più volte pubblicamente. Dunque la scelta di oggi non è una sorpresa. Porte chiuse in faccia alla mafia, porte aperte alla solidarietà. Così ha scritto all’Assessore regionale alla Salute Ruggero Razza offrendo la disponibilità ad accogliere pazienti provenienti da tutta Italia per sopperire alla mancanza di posti in terapia intensiva. "Non è il tempo del profitto, metto a disposizione la mia clinica".

Al primo piano della struttura ci sono otto posti letto con possibilità di ventilazione artificiale, ha spiegato a MeridioNews, manca solo il personale. "Se dovesse servire - ha aggiunto -, anche per malati provenienti dalla Lombardia, tutta la mia clinica è a disposizione, possono requisirla. È giusto e normale dislocarli anche in Sicilia, ognuno deve contribuire per quello che può. Rivolgo un appello a tutte le altre strutture private: mettiamoci a disposizione. Quando tutto sarà finito ricominceremo ma non adesso. Adesso è il momento di aiutarci gli uni con gli altri ".

Parole convinte. Non facili in una regione dove altre cliniche sono state confiscate ma perchè gli imprenditori sono risultati collusi o prestanome dei mafiosi. Non lei, imprenditrice pulita e generosa. "In questo momento di emergenza sanitaria ho ritenuto un dovere morale fare la mia parte. Ognuno deve offrire quello che può essere necessario per il bene comune".

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: