sabato 8 novembre 2008
Nel discorso ai congressisti della Pontificia Accademia per la Vita, Benedetto XVI condanna il traffico di organi e poi aggiunge: «Nessun arbitrio negli interventi. Senza certezza, valga il principio di precauzione».
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Donare gli organi «è una forma peculiare di testimonianza della carità». E proprio oggi, «in un periodo come il nostro, spesso segnato da diverse forme di egoismo, diventa sempre più urgente comprendere quanto sia determinante per una corretta concezione della vita entrare nella logica della gratuità». Per questo «gli abusi nei trapianti e il loro traffico, che spesso toccano persone innocenti quali i bambini, devono trovare la comunità scientifica e medica prontamente unite nel rifiutarli come pratiche inaccettabili», le quali «vanno decisamente condannate come abominevoli». È il cuore del discorso che Benedetto XVI ha rivolto ieri mattina ai partecipanti al Congresso internazionale "Un dono per la vita " Considerazioni sul trapianto di organi", ricevuti in udienza durante la seconda delle tre giornate di lavori, promossi congiuntamente dal Centro nazionale Trapianti, dalla pontificia Accademia per la Vita e dalla Federazione internazionale delle Associazioni dei Medici cattolici. Discorso importante che, mentre conferma quella che è la posizione tradizionale della Chiesa cattolica sugli aspetti morali implicati in materia di donazione d'organi e trapianti, incoraggia e sostiene la comunità scientifica in quello che, al momento, è il più acuto dei problemi che si trova a dover affrontare: appunto il traffico d'organi, favorito da una "domanda" in crescita che, non trovando risposta in un livello di donazioni di pari entità, finisce col favorire la compravendita " e talora la vera e propria rapina " di organi provenienti dai Paesi più poveri, a opera di speculatori senza scrupoli.Di qui, appunto, come Papa Ratzinger ha auspicato nel suo discorso, la necessità di promuovere una vera e propria "cultura della donazione", rispetto alla quale il Congresso ha ieri preso in esame le tematiche antropologiche, bioetiche, legislative e formative connesse al favorire la crescita di una coscienza della donazione. Tutti aspetti, questi, toccati da Benedetto XVI, e che «tutti noi abbiamo salutato con un applauso», come ha sottolineato in un briefing pomeridiano il direttore della Trasplantation Society Francis Delmonico, della Harvard Medical School, secondo il quale «è di estrema importanza che il Papa e la Chiesa prendano prenda posizione sulla questione della compravendita di organi». Un messaggio, come osservato dal teologo moralista monsignor Maurizio Calipari, della Pav, «estremamente chiaro e sereno», che «sarebbe un guaio svilire» concentrandosi sul solo passaggio dedicato all'accertamento della morte cerebrale, tema d'altra parte «rispetto al quale il Pontefice non ha aggiunto nulla di nuovo». Il riferimento di Calipari è alla frase: «In un ambito come questo non può esserci il minimo sospetto di arbitrio, e dove la certezza ancora non fosse raggiunta deve prevalere il principio di precauzione. È utile per questo che si incrementi la ricerca e la riflessione interdisciplinare». Sull'interpretazione della quale tutti, al Congresso, concordano: «Il Papa " ha affermato il direttore del Centro nazionale Trapianti Alessandro Nanni Costa " ci dice che i criteri oggi utilizzati sono e restano validi fino a prova contraria, e invita gli scienziati a non chiudersi alla possibilità di nuove acquisizioni», che eventualmente dovranno in ogni caso, ha chiosato Antonio Spagnolo, professore di bioetica della Università Cattolica del Sacro Cuore, «avere l'accordo dell'intera comunità scientifica, come già oggi avviene». Niente fughe in avanti, insomma: «Oggi " secondo il neurologo Gianluigi Gigli dell'Università di Udine, già presidente della Federazione internazionale dei medici cattolici " i criteri di morte cerebrale non lasciano spazi a dubbi, sono assolutamente affidabili e rappresentano anzi un argine a possibili derive».
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