venerdì 13 giugno 2025
Il gender gap chiude al 68,8%, segnando il miglioramento annuo più significativo dall’inizio della pandemia. L'Europa occupa 8 posti tra i primi 10 in classifica, ma noi siamo all'85esimo. Ecco perché
Una donna africana trasporta dei mattoni sopra la testa: un'immagine fortemente simbolica del peso del divario tra generi

Una donna africana trasporta dei mattoni sopra la testa: un'immagine fortemente simbolica del peso del divario tra generi - Ansa

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Centoventitre anni: è il tempo che serve, secondo il Report 2025 del World Economic Forum, perché il global gender gap sia colmato. Un solco non solo temporale ovviamente: la disparità di genere pesa come una tassa nascosta nello sviluppo globale, indebolendo le economie a causa del sottoutilizzo dei talenti e delle possibilità della metà della popolazione mondiale. E l’Italia, che pure s’è conquistata un lievissimo miglioramento in termini di posizione in classifica, non fa ancora abbastanza in questo senso, anzi.

I numeri, dunque, a cominciare dalle buone notizie: il divario donne-uomini s’è ridotto al 68,8% nei 148 Paesi presi in esame dal rapporto, segnando il maggiore progresso annuo dalla pandemia. E molti sono quelli che hanno fatto notevoli balzi in avanti in termini di parità (è il caso del Bangladesh, che ha registrato il miglioramento più significativo nella classifica scalando la bellezza di 75 posizioni fino al 24° posto). Per il sedicesimo anno consecutivo è l’Islanda il Paese più avanzato in materia di parità di genere, seguita da Finlandia, Norvegia, Regno Unito e Nuova Zelanda. Un risultato straordinario, quello dell’Europa, che con Svezia, Moldavia, Germania e Irlanda occupa ben 8 dei primi 10 posti. I progressi più rilevanti nel mondo riguardano la partecipazione economica e l’empowerment politico, mentre l’istruzione e la salute mantengono un alto livello di parità, con punteggi superiori al 95%. Resta invece marcato il divario nel lavoro: pur rappresentando il 41,2% della forza lavoro globale, le donne occupano ancora solo il 28,8% dei ruoli di leadership. «In un contesto di grande incertezza economica, crescita debole e rapidi cambiamenti tecnologici e demografici, promuovere la parità di genere è una leva strategica per la ripresa economica» rimarca Saadia Zahidi, managing director del World Economic Forum. «I dati lo dimostrano: le economie che avanzano verso la parità sono più forti, innovative e resilienti».

La pagina del report del World Economic Forum dedicata all'Italia. Si nota, nella rappresentazione grafica del gender gap, lo sbilanciamento tra l'ottimo risultato in termini di istruzione (il quadrilatero si allarga a destra) e quello pessimo sul fronte del lavoro (a sinistra)

La pagina del report del World Economic Forum dedicata all'Italia. Si nota, nella rappresentazione grafica del gender gap, lo sbilanciamento tra l'ottimo risultato in termini di istruzione (il quadrilatero si allarga a destra) e quello pessimo sul fronte del lavoro (a sinistra) - World Economic Forum

L’Italia, si diceva, segna un piccolo miglioramento, ma resta molto indietro in classifica superata tanto per fare qualche esempio da Burundi, Albania, Zambia. A salvarci è soprattutto il settore educativo, dove otteniamo uno score di 0,998 (su 1) che ci posiziona 51esimi: in buona sostanza sul piano dell'istruzione il livello di parità nel Belpaese è quasi completo.

Anche sul fronte della salute e dell’aspettativa di vita il punteggio è positivo (0,966), ma la posizione in classifica è modesta: 89esimi. In ambito politico, il nostro punteggio è basso (0,255), ma non tra i peggiori: siamo al 65° posto globale. La rappresentanza femminile in parlamento è del 48,7% (punteggio 0.487) e nelle posizioni ministeriali è del 33,3% (punteggio 0.333)219. Da notare che l'Italia non ha avuto una donna come capo di stato negli ultimi 50 anni (il che nel calcolo del World Economic Forum le costa il punteggio 0), anche se adesso ce l'ha.

Il vero punto debole resta la partecipazione economica: con uno score di appena 0,599 scivoliamo al 117° posto al mondo segnando uno dei divari più ampi da colmare nei ruoli lavorativi e nella leadership. Il punteggio relativo alla parità nel tasso di partecipazione alla forza lavoro è 0.827 (con il 41,50% di donne e il 58,77% di uomini nella forza lavoro), la parità salariale per lavori simili si ferma allo 0.675 mentre la rappresentanza di donne in posizioni di alti funzionari e dirigenti è del 27,96% (punteggio 0.2796). Dati su cui tornare a riflettere, e in fretta.

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