Papa Luciani beato, gioia e impazienza. E cenni sulla vera fabbrica dei Santi
sabato 16 ottobre 2021

Caro direttore,
sono decenni che attendevo questa notizia: papa Luciani beato. Era ora! Adesso aspetto la proclamazione di san Giovanni Paolo I.
Gabriele Arreghini, Cesano Maderno (Mb)

Gentile direttore,
mi ha reso felice la notizia della prossima beatificazione di Giovanni Paolo I detto il "Papa del Sorriso", che ebbe un pontificato breve ma riuscì a guadagnarsi la stima del popolo fedele e di tanti altri, anche non credenti, per la semplicità e l’umiltà, pur nella grande caratura culturale, che sempre lo contraddistinsero da quando era prete a Canale di Agordo, suo paese nativo, a vescovo a Vittorio Veneto, a patriarca di Venezia, a cardinale e infine a Pontefice. Un pastore capace di stare sempre dalla parte dei poveri. Il primo Papa che decise di chiamarsi con due nomi in omaggio ai santi predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI e che non volle l’incoronazione papale per dare un segno di cambiamento che confermasse quello di papa Montini, che aveva deposto la triplice corona. Ricordo ancora le parole pronunciate all’Angelus del 10 settembre 1978 quando lanciò un appello di pace ai presidenti americano ed egiziano, Carter e Sadat, dicendo che Dio ha sempre gli occhi puntati verso di noi anche quando è notte. E quando ci fece capire tanto e ci fece pensare ai nostri genitori, affermando – a partire da un testo del profeta Isaia – che Dio «è papà, e ancora di più è madre». Speriamo che ci sia presto la proclamazione tanto attesa dal 2003...
Marco Giraldi, Prato

Caro direttore,
Albino Luciani sarà proclamato beato, dopo che è stato riconosciuto un suo miracolo per la guarigione di una bambina argentina. Aspettiamo la data ufficiale da papa Francesco. Sono passati 43 anni, eppure era chiaro da tempo che Giovanni Paolo I è stato un grande e santo personaggio: con molto anticipo aveva capito la crisi della società e del lavoro, i problemi che derivano dalla "mancanza di Dio" e la necessità di una Chiesa più povera. Il mondo ha bisogno di conoscere o di riscoprire le grandi doti di cultura e spiritualità espresse con semplicità e profondità da questo Papa.
Massimo Aurioso, Piombino (Li)

La pazienza, la prudenza e il rigore della Chiesa nel riconoscere e proclamare Sante e Santi, Beati e Beate, possono sembrare eccessivi, cari amici, invece sono semplicemente esemplari. Magari ci fosse sempre questa saggezza anche in certe canonizzazioni laiche, penso per esempio all’assegnazione del Premio Nobel per la Pace, che è stata troppe volte precipitosa o frutto, nei casi migliori, di un’attesa speranzosa e, nei peggiori, di un’inquietante illusione ottica o di un calcolo politicistico... L’esempio potrà sembrare improprio, perché la santità non è un premio o un traguardo raggiunto, ma è un modo di essere, cioè è fede operante e vita vissuta. E per noi cristiani ha sempre fondamento nell’umile decisione di incamminarsi dietro a Gesù e, come ha insegnato Teresa di Calcutta, nel «fare la volontà di Dio con il sorriso». Proprio quel sorriso che ci viene in mente ogni volta che pensiamo a Giovanni Paolo I, alla sua testimonianza di sacerdote, vescovo, intellettuale e agli appena 33 luminosi giorni del suo pontificato.
Già la santità non è un premio, ma in fondo – come in un vero e serio premio – diventa ufficiale attraverso un riconoscimento e una proclamazione che non sono una "produzione" ma una partecipe presa d’atto da parte della Chiesa e che rendono quelle figure "visibili" a tutti, spesso anche alle persone che credenti non sono eppure cercano figure credibili a cui guardare in un mondo che ha bisogno di amore autentico e di vero bene. Ecco il punto, che le vostre lettere aiutano a cogliere: dobbiamo fare un piccolo sforzo per ricordarci che la "fabbrica" dei Santi e delle Sante è solamente l’amore che, per un cristiano, è la faticosa e affascinante via personale della «conformazione a Cristo» e della comprensione di che cosa significa essere, tutti noi, «a immagine e somiglianza» del Dio che ci è stato pienamente rivelato da Gesù e in Gesù. Certo, c’è un modo popolare di dire che ci sale regolarmente alle labbra in queste occasioni: «È stato fatto Beato, è stata fatta Santa...». E quelle parole hanno come base l’idea che sono stati «fatti» dalla Chiesa. In realtà, sono «fatti» nella Chiesa. E probabilmente non solo nella Chiesa, come Benedetto XVI, citando sant’Agostino nel suo bellissimo libro-intervista con Peter Seewald «Luce nel mondo», ci aiuta a capire: «Molti che sembrano stare dentro, sono fuori; e molti che sembrano stare fuori, sono dentro». E questa è una realtà che mi piace pensare custodita nel cuore di Dio e seminata in modo più generoso di quanto osiamo immaginare. Perché ci sono, di questo siamo certi, anche Santi e Sante del tutto sconosciuti, dunque non riconosciuti e anche non riconoscibili perché non cristiani. Sono coloro che papa Francesco chiama i «Santi della porta accanto», e non sono meno vicini a Dio e meno preziosi per la nostra umanità, per il nostro oggi e per la nostra speranza.
Sono felice anch’io che Giovanni Paolo I, per una brevissima stagione Papa e testimone e maestro per sempre, salga come si usa dire agli onori degli altari. E tengo caro, da quando ero molto giovane, un suo insegnamento su che cosa si può fare per avere una vita buona, ascoltare la Voce che chiama ognuno di noi e «diventare santi». Il patriarca Albino Luciani lo offrì, nel 1974, ai giovani veneziani: «Non si tratta di [dire] un sì a miracoli da fare, a penitenze, a lunghe preghiere. Basta dire un sì generoso al dovere di ogni giorno; basta eseguire con straordinario amore di Dio le cose ordinarie della nostra vita». Vale la pena di ricordarlo.

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