lunedì 9 gennaio 2023
A quasi 40 anni dalla scomparsa, il 22 giugno 1983, il pm Alessandro Diddi intende scandagliare tutti i fascicoli e le piste non approfondite. Morassutt (Dem): presto una commissione parlamentare
Una manifestazione in piazza del Campidoglio per chiedere verità e giustizia per Emanuela Orlandi

Una manifestazione in piazza del Campidoglio per chiedere verità e giustizia per Emanuela Orlandi - ANSA

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Quasi quarant’anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi insieme alla Gendarmeria hanno deciso di riaprire le indagini di una vicenda dolorosa e oscura. Obiettivo degli inquirenti sarebbe quello di scandagliare di nuovo tutti i fascicoli, i documenti, le segnalazioni, le informative, le testimonianze. Un lavoro a 360 gradi per non lasciare nulla di intentato, per provare a chiarire ombre e interrogativi e mettere definitivamente la parola fine anche alle più incredibili illazioni.

Il promotore di giustizia ripartirà dai dati processualmente acquisiti, ma intende seguire sia nuove piste che vecchie indicazioni non abbastanza approfondite. Saranno riesaminati tutti gli elementi partire dal pomeriggio del 22 giugno 1983 quando la ragazza di 15 anni, figlia di un dipendente vaticano, uscita di casa per andare a lezioni di musica in piazza Sant’Apollinare scomparve nel nulla. Nell’omonima basilica, molti anni più tardi, si sarebbe scoperta la tomba di uno dei capi della banda della Magliana, “Renatino” Enrico De Pedis. Secondo alcune testimonianze il gruppo criminale avrebbe avuto un ruolo importante nella vicenda.

L’iniziativa della magistratura vaticana si inserisce nel solco dell’interesse mostrato da diversi pontefici a favorire la ricerca della verità , a partire da Giovanni Paolo II che durante un Angelus parlò dell’ipotesi del sequestro. Le nuove indagini su Emanuela potrebbero fare luce anche sulla vicenda della coetanea Mirella Gregori, scomparsa pure lei quell’anno. La vicenda ha ispirato di recente una fiction di successo.

La giustizia italiana nell’ottobre del 2015 aveva messo un punto: il Gip, su richiesta della Procura e per mancanza di prove consistenti, aveva archiviata l’inchiesta sulle sparizioni delle due ragazze. Tre anni più il Vaticano aveva dato il via libera all’analisi del Dna su alcune ossa ritrovate durante i lavori di restauro nella sede della Nunziatura Vaticana di via Po, a Roma. La comparazione del Dna di quelle ossa con il codice genetico di Emanuela Orlandi non aveva dato risultati positivi. La famiglia Orlandi da mesi attende di una convocazione da parte del promotore di giustizia vaticano. «Avevo scritto al Papa che, rispondendomi, mi aveva indicato di avere un confronto con il Pg. Lo abbiamo subito chiesto», diceva a luglio 2022 Laura Sgrò, avvocato di Pietro Orlandi, il fratello.

«In Parlamento stiamo lavorando alla costituzione di una commissione di Inchiesta che potrà affiancare il lavoro degli inquirenti, nelle prossime settimane accelereremo in tal senso», commenta il deputato del Pd Roberto Morassut, primo firmatario della proposta di una commissione di inchiesta parlamentare sui casi Orlandi, Gregori e su quello di Simonetta Cesaroni.

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