mercoledì 8 novembre 2023
Secondo il 67,5% degli italiani il bonus per i figli ha importi non adeguati alle necessità. Il 41% ritiene invece decisivo l'aiuto dei parenti. Lo rivela un'indagine Eumetra per il Rapporto Cisf 2023
«L'Assegno unico? Troppo poco. I nonni sono ancora più importanti»
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I nonni continuano a essere il primo sostegno concreto per le famiglie italiane, molto più degli aiuti economici statali o degli asili nido, come delle misure per favorire la conciliazione tra casa e lavoro. E per più di una famiglia su tre l’Assegno unico non è sufficiente. Non ci si dovrebbe sorprendere, nel momento in cui ai nidi riesce ad accedere solo un terzo dei bambini e gli stipendi in Italia sono troppo bassi rispetto al costo della vita. Va da sé, allora, che se si chiede alle famiglie di dare un voto agli aiuti ricevuti dallo Stato, l’esito è un’insufficienza: 5.

Quanto emerge da un sondaggio Eumetra condotto in occasione dell’uscita del nuovo rapporto del Centro Internazionale Studi Famiglia (Cisf), offre più di uno spunto di riflessione. Intanto perché, per quanto insufficiente, il voto ai sostegni pubblici è in crescita rispetto al passato, dunque le riforme recenti come l’Assegno unico e gli interventi introdotti dal governo riescono a trasferire l’idea di un cambio di passo. E poi perché, insistendo sulle croniche debolezze del sistema italiano di sostegni a favore della natalità, dovrebbe essere chiaro in che direzione procedere.

Nel Rapporto Cisf 2023, “Politiche a sostegno della famiglia”, a emergere è soprattutto la necessità di comporre un quadro coerente e il più ampio possibile di aiuti che non esitino a considerare centrale la famiglia con figli, intervenendo sulle molte iniquità che contribuiscono a penalizzarla: dalle scale di equivalenza dell’Isee che tradiscono il mandato costituzionale di progressività, al sistema fiscale centrato sull’individuo, fino alla necessità di sgomberare il campo dai tanti equivoci che nel tempo hanno contribuito a far sì che le politiche per la natalità si limitassero ad essere misure (poco efficaci, peraltro) di contrasto alla povertà. Nel 2022, dicono i dati Istat, sono nati 393.333 bambini, mentre le famiglie in povertà sono aumentate raggiungendo quota 2,2 milioni, in uno scenario in cui la condizione peggiore riguarda quelle con 3 o più figli. Un paradosso, che il Rapporto ricorda anche compiendo un’analisi accurata di come il passaggio dal Rei al Reddito di cittadinanza, dunque prima della riforma che ha introdotto il nuovo Assegno di inclusione, abbia penalizzato le famiglie a favore dei single.

Da cosa ripartire, dunque? Il sondaggio Eumetra offre un quadro chiaro quanto problematico. Per il 41,6% degli italiani l’aiuto più importante nei primi anni di vita di un/a figlio/a è la famiglia di origine, cioè nonni o parenti. Al secondo posto, con il 24,6%, vengono i sostegni economici dello Stato, poi col 20,6% la flessibilità del lavoro, infine, col 13,2%, gli asili nido. Non è un ordine di preferenze, ma un dato di realtà. Se i nonni sono un valore, il problema nasce nel momento in cui non si può prescindere da loro. Specialmente quando in un territorio la prevalenza di parenti disponibili fa sì che le politiche pubbliche accettino di lasciare soli i nuclei che non possono contare su alcun supporto. L’importanza dei nonni risulta più alta proprio al Sud (46%), dove la rete di servizi è meno diffusa, mentre a chiedere maggiore flessibilità sul lavoro sono soprattutto (22,7% e 26,5%) le famiglie del Nord Ovest e del Nord Est. A essere più interessati agli aiuti economici (27,5%) sono invece i nuclei con più di un figlio.

Una conferma dello squilibrio nazionale si può rilevare anche osservando quante risorse lo Stato destina alla voce famiglia e natalità: nel 2019, secondo le rilevazioni Ocse, l’Italia concedeva alla famiglia l’1,9% del Pil, più della Spagna (1,5%), ma molto meno di Francia (3,4), Svezia (3,4%), Germania (3,2%), o anche di Polonia (3,4%) e Ungheria (3,1%). L’Assegno unico ha contribuito ad aumentare dal 2021 il livello di sostegni familiari, tuttavia il giudizio degli italiani resta di sostanziale delusione: il 26% considera gli importi per niente adeguati, il 41,6% poco adeguati (dunque è insoddisfatto il 67,5% dei nuclei), solo una famiglia su quattro ritiene l’Auu abbastanza adeguato alle necessità, e il 5,4 si dice molto soddisfatta. Un invito, si potrebbe dire, a considerare un aumento degli importi, a partire dalla quota universale.

Se è nella famiglia che le famiglie trovano il vero supporto, è anche perché il contesto economico è avaro di opportunità. Alla domanda su quale misura potrebbe aiutare di più i giovani a diventare genitori, il responso restituisce l’immagine, e la conferma, di un Paese fragile e impoverito: il 64,7% chiede uno stipendio più alto, il 56,5% un lavoro stabile, il 45,2% aiuti economici, il 45% più flessibilità sul lavoro, il 32,6% una casa a costi ragionevoli, il 31% servizi di cura per i figli, solo il 24,6% (evidentemente perché sono dati per scontati) la presenza dei nonni. Il percorso della costruzione di un moderno sistema di sostegni alla famiglia e alla natalità, insomma, deve partire da lontano, e non fermarsi a una sola misura.


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