sabato 15 novembre 2008
Il filosofo del diritto: la sentenza Englaro è un paradosso apocalittico, queste forzature volute da giuristi e scienziati sono molto pericolose
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Un «paradosso apocalittico» che sconvolge la civiltà giuridica stessa. Per un filosofo del diritto come Francesco Gentile, 72 anni, cattedra all'antica università di Padova, la sentenza della Cassazione su Eluana è stata un vero colpo. Di più, le 21 pagine scritte dai giudici romani hanno ribaltato le sue convinzioni di intellettuale che ha dedicato una vita allo studio del senso profondo della legge e della giustizia. Professore, qual è dunque il paradosso di questa sentenza? Il diritto serve a richiamare la responsabilità personale di fronte a un evento. In questo caso si è sovvertito tutto e per la prima volta una legge servirà per togliere responsabilità a un padre che decide di dare la morte alla figlia. La quale oltretutto non è in stato di coscienza e quindi non è in grado di affermare cosa pensa veramente. Per me è un paradosso che scuote le fondamenta giuridiche della nostra comunità, qualcosa di apocalittico e non da minimizzare. Cosa intende dire? Parliamoci chiaro. Se Beppino Englaro intendeva evitare alla figlia sofferenze, a suo parere insopportabili, perché non ha scelto altre strade? Non credo gli sarebbe mancata la comprensione dei giudici. Invece? Invece questo lunghissimo iter giuridico ha avuto l'unico scopo di deresponsabilizzare lui e i sanitari che eseguiranno la sentenza. Mi pare un assurdo giuridico, un obbrobrio viziato dall'ideologia. Non si è mai visto un simile capovolgimento. E purtroppo non è l'unico in questa vicenda. Quali altri elementi giudica errati? La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Pubblico ministero di Milano perché la vita di Eluana, le sue sorti, non riguarderebbero un interesse generale e pubblico, ma una tutela soggettiva e individuale. Ne deriva allora che il bene indisponibile della vita di una persona, che pur essendo in stato vegetativo viene considerata cittadina di questo stato, diventa un affare privato. Anzi, di famiglia. Quindi, in base a questa logica, perché prenderci la briga di perseguire una persona folle di gelosia che uccide il coniuge traditore? Non è anche questo affar loro? Questo stravolgimento dello spirito del diritto è talmente evidente che mi chiedo cosa abbia ispirato i giuristi della Cassazione nella loro decisione. Per giunta compiendo una violazione dello spirito della nostra Costituzione, in particolare dell'articolo 32. Il quale afferma che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. E che nessuno può essere obbligato a curarsi se non per disposizione di legge. Dov'è la violazione? Nel sostenere che per garantire questo diritto a non curarsi una persona possa essere messa a morte per fame e per sete. Davvero un'interpretazione singolare. In tanti anni di studi ho sempre creduto che la nostra Carta servisse a tutelare la vita, la salute e l'uguaglianza dei cittadini, non a legittimare la sorte di questa poveretta. Altro punto nodale, l'alimentazione diventa «forzata», equiparata all'accanimento terapeutico.Ma Eluana Englaro non è una malata terminale né vive attaccata a macchinari. Non si può negare il diritto di essere nutrito a nessuno, men che mai ad una persona al massimo grado di disabilità. Questo apre un precedente molto pericoloso per il nostro Paese. Ci si chiede quindi se è legittimo togliere il diritto al cibo a qualsiasi persona non autosufficiente. Per assurdo, possiamo allora comportarci così anche con un neonato che non è in grado di alimentarsi. Questa decisione cela un'ipocrisia. Quale? Avrei preferito sentir dire chiaramente che le persone in stato vegetativo sono troppe nel nostro Paese e che non abbiamo i fondi sufficienti a tenerle in vita. Ma siccome non c'è il coraggio di affermarlo, allora ci si ripara dietro questa manipolazione del diritto. Non viviamo in una monarchia assoluta dove il giudice, in base a una legge decisa del re, può ordinare che un suddito venga messo a morte. Qui non siamo in presenza di una normativa votata da una maggioranza da applicare, vediamo solo la forzatura della legge perpetrata da un gruppo di scienziati e giuristi che girano attorno ai corpi di questi malati. La sentenza è eseguibile? Per me no, almeno in una struttura pubblica italiana dove, fino a prova contraria, si va per ricevere le cure. Perché, anche se si cerca di minimizzare, questa donna arriverà alla morte dopo una lunga agonia. Sa cosa mi sconcerta? PregoNon sono tra quelli che hanno perduto la speranza, forse una corte internazionale ristabilirà la giustizia. Ma questo voler piegare a tutti i costi il diritto all'ideologia toglie pietas e umanità alla legge.
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