sabato 23 febbraio 2019
L’agenzia di rating Fitch non ha declassato l’Italia: il giudizio sul debito viene confermato a livello 'BBB', due soglie sopra il livello ' junk' ovvero 'spazzatura'
Il governo: confermata la solidità dell’Italia Draghi (Bce) fa l’anti-sovranista: l’Europa cambi, ma la cooperazione è necessaria. (Ansa)

Il governo: confermata la solidità dell’Italia Draghi (Bce) fa l’anti-sovranista: l’Europa cambi, ma la cooperazione è necessaria. (Ansa)

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L’agenzia di rating Fitch non ha declassato l’Italia: il giudizio sul debito viene confermato a livello 'BBB', due soglie sopra il livello ' junk' ovvero 'spazzatura'. L’outlook resta comunque negativo per la situazione politica: «Le tensioni nella coalizione di governo e la possibilità di elezioni anticipate – scrive l’agenzia – aggiungono incertezza sulle politiche economiche e di bilancio» dell’Italia. Fitch sottolinea come «le differenze ideologiche tra il M5s e la Lega probabilmente aumenteranno queste tensioni». E afferma che con «un governo più stabile» si avrebbe invece «un potenziale moderato e positivo » per la sostenibilità di medio termine del debito italiano. Un verdetto accolto positivamente a Palazzo Chigi: «Le valutazioni confermano la solidità economica del Paese. Andiamo avanti con la via tracciata, prestando attenzione ai rischi internazionali».

Mentre ieri gli occhi dei mercati erano dunque puntati sull’Italia, Mario Draghi ha difeso l’Europa e attaccato la miopia dei sovranisti, che in nome di una maggiore indipendenza rischiano di portare i loro Paesi all’ininfluenza. «In un mondo globalizzato, l’Ue diviene oggi ancora più rilevante. Porsi al di fuori dell’Unione può sì condurre a maggior indipendenza nelle politiche economiche, ma non necessariamente a una maggiore sovranità. Lo stesso argomento vale per l’appartenenza alla moneta unica».

Il presidente della Banca Centrale Europea, è intervenuto all’Università di Bologna dove è stato insignito della laurea honoris causain Giurisprudenza. E sempre di Europa ha parlato anche il ministro Giovanni Tria, sottolineando la necessità di rivedere le regole della politica comune che oggi «non consentono di tenere conto della mutevolezza delle condizioni economiche e impediscono aggiustamenti delle politiche finendo con l’agire in direzione prociclica (cioè di appesantire le fasi di recessione, ndr)». Due interventi di diverso tenore che hanno preceduto quello che è solo il primo 'esame' sulle condizioni finanziarie dell’Italia dopo il ritorno in recessione: il 15 marzo sarà la volta del giudizio di Moody’s e il 26 aprile di S&P. Tutti passaggi che possono aumentare la tensione sui mercati (ieri lo spread ha chiuso in rialzo a 276 punti), mentre nel frattempo il governo sarà impegnato col Def da presentare entro il 10 aprile, il documento in cui aggiornare le previsioni e tracciare le coordinate della manovra 2020 in un contesto prossimo alla crescita zero.

Una sfida che, secondo il ministro Tria, si dovrà affrontare a mani legate o quasi per colpa di regole europee «approvate in fretta quasi un decennio fa», che possono funzionare durante periodi di crescita ma non rispondono all’esigenza di far fronte al veloce rallentamento» in corso». «Quello che sto suggerendo non è non avere regole, ma che nelle politiche economiche i tecnicismi non dovrebbero avere lo stesso peso delle ragioni fondamentali del cooperare tra nazioni», ha osservato il titolare dell’Economia: così «non ricostruiremo mai la fiducia. Prima dobbiamo guardare perché stiamo insieme e poi guardare se l’architettura risponde efficacemente. Oggi è il contrario».

Nel suo intervento a Bologna Mario Draghi si è concentrato soprattutto sulla necessità di salvaguardare lo spirito di cooperazione tra i Paesi Ue, unica strada per mantenere un’effettiva sovranità, seppur condivisa. «La cooperazione, proteggendo gli Stati dalle pressioni esterne, rende più efficaci le loro politiche interne». Secondo il numero uno della Bce, «nel mondo di oggi le interconnessioni tecnologiche, finanziarie, commerciali sono così potenti che solo gli Stati più grandi riescono a essere indipendenti e sovrani al tempo stesso, e neppure interamente ». Una «sovranità condivisa», ma «preferibile a una inesistente».

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